OBSOLESCENZA PROGRAMMATA

Foto: OBSOLESCENZA PROGRAMMATA

Si chiama obsolescenza programmata e costituisce il principio per cui gli oggetti di cui disponiamo non durano nel tempo, ma sono destinati a rompersi, a guastarsi e ad essere sostituiti in breve tempo.
Ma quali strategie vengono messe in atto per convincere un consumatore a buttare via un oggetto e ricomprarlo?
In primo luogo l'oggetto viene costruito per durare poco, può essere costruito con componenti che poi non vengono ritrovati in commercio, costruiti con componenti che non si possono sostituire.
L'ultimo caso di obsolescenza programmata è stato denunciato dal Tennis Industry Association che ha dichiarato che nel primo trimestre del 2012 c'è stata una crescita del 15,7% rispetto allo stesso periodo nel 2011 nelle vendite al dettaglio di palle da tennis. L' Wall Street Journal sottolinea velatamente come in realtà questa impennata negli acquisti di palline siano derivanti da una tattica fraudolenta dei produttori che volutamente fanno si che le palle si sgonfino prima.
Il riciclaggio tradizionale non è ancora redditizio per le palle da tennis perché il feltro giallo è permanentemente collegato alla gomma e questo rende difficile un riutilizzo.Si chiama obsolescenza programmata e costituisce il principio per cui gli oggetti di cui disponiamo non durano nel tempo, ma sono destinati a rompersi, a guastarsi e ad essere sostituiti in breve tempo.
Ma quali strategie vengono messe in atto per convincere un consumatore a buttare via un oggetto e ricomprarlo?
In primo luogo l'oggetto viene costruito per durare poco, può essere costruito con componenti che poi non vengono ritrovati in commercio, costruiti con componenti che non si possono sostituire.
L'ultimo caso di obsolescenza programmata è stato denunciato dal Tennis Industry Association che ha dichiarato che nel primo trimestre del 2012 c'è stata una crescita del 15,7% rispetto allo stesso periodo nel 2011 nelle vendite al dettaglio di palle da tennis. L' Wall Street Journal sottolinea velatamente come in realtà questa impennata negli acquisti di palline siano derivanti da una tattica fraudolenta dei produttori che volutamente fanno si che le palle si sgonfino prima.
Il riciclaggio tradizionale non è ancora redditizio per le palle da tennis perché il feltro giallo è permanentemente collegato alla gomma e questo rende difficile un riutilizzo.

Umbria verso Rifiuti Zero

Auto elettriche per tutti, si abbassano i costi


Le auto elettriche saranno sempre meno costose e  accessibili ad un pubblico sempre maggiore: il loro prezzo è al ribasso. Ad abbassare i costi delle auto elettriche è la diminuzione del prezzo delle batterie, che segnano sul listino un meno 40% dal 2010 ad oggi. A sostenerlo è il sito Bloomberg New Energy Finance e il  Battery University Miit.

Il costo delle batterie agli ioni di litio utilizzate per le auto elettriche è passato dagli oltre 1.000 dollari per kWh del 1995 ai circa 600 dollari/kWh del 2012. Il crollo più sensibile si è registrato nel triennio, non ancora concluso 2010-2013, con un calo del 40%.  E il costo delle batterie, quindi delle auto elettriche, diminuirà ancora. Le previsioni elaborate per i prossimi 8 anni stimano un costo di 500 dollari per kWh che diventeranno, presumibilmente, di 100 dollari nel 2030, mentre le capacità di accumulo delle batterie saranno in costante crescita.

Questo significa che nei prossimi 5-10 anni il mercato dell'auto elettrica avrà a disposizione un’offerta maggiore a prezzi decisamente più accessibili.

fonte:www.ecoseven.net

Dieci mila alberi contro lo smog delle macchine F1


La Formula 1 si tinge di verde: a Monza saranno piantati  10 mila alberi contro CO2 

Il rombo dei motori allo start e le nuvole di fumo grigiastro che si alzano dall'asfalto non sembrano andare a braccetto con l'ecosostenibilità, eppure anche una gara di Formula uno può abbattere il suo impatto ambientale e lo farà, per la prima volta al mondo, proprio in Italia. Grazie a un accordo tra l'Aci ed Eco Store, infatti, le 12 mila tonnellate di CO2 emesse durante il Gran Premio di Monza saranno compensate con la piantumazione di 10 mila alberi.

L'operazione è patrocinata dal ministero dell'Ambiente e prevede anche progetti nel settore dei biocarburanti e delle energie rinnovabili, oltre alla promozione di azioni di tutela ambientale. Ad essere compensate non saranno solo le emissioni delle monoposto durante le prove e la gara di domenica, ma anche quelle dei motorhome e dei veicoli tecnici dei team per il raggiungimento dell'autodromo brianzolo.

Nel rispetto del meccanismo di ''joint implementation'' previsto dal Protocollo di Kyoto, gli alberi non verranno piantati nelle vicinanze di Monza ma in due paesi decisamente lontani: l'Alaska e il Madagascar. Alcuni di questi alberi porteranno il nome di campioni delle due e quattro ruote, di ieri e di oggi, scelti dagli italiani, che potranno votare il pilota preferito sul sito web e la pagina Facebook dell'Aci.

A sostenere la compensazione delle emissioni generate dalla Formula1 - ha spiegato il presidente dell'Aci Angelo Sticchi Damiani - è stata la Federazione internazionale dell'automobile, che nell'assemblea dello scorso dicembre a Istanbul ha invitato tutti gli organizzatori dei GP a muoversi in questo senso.

''In sinergia con la Fia abbiamo intrapreso un percorso assolutamente nuovo per il mondo delle corse automobilistiche, che in questo modo - ha detto Sticchi Damiani - può dimostrare di non essere non rispettoso dell'ambiente''.

I certificati per compensare le emissioni dirette e indirette del GP di Monza sono stati donati all'Aci da Eco Store, catena di negozi attiva nella vendita di consumabili per stampanti. ''Riuscire a eliminare l'impatto ambientale del Gran Premio, almeno per quanto riguarda le emissioni di CO2, è straordinario ed emozionante'', ha commentato l'amministratore unico di Eco Store, Alessandro Gerardi. ''Trasformare un evento come il GP in uno spettacolo a impatto zero rientra nella nostra filosofia di azioni concrete per il rispetto dell'ambiente''. (ansa)


fonte: www.ecoseven.net

La guida 2013 alle auto che inquinano meno

L'elenco delle vetture classificate secondo il loro impatto ambientale nella "Guida sul risparmio di carburanti e sulle emissioni di anidride carbonica delle autovetture 2013", preparata dai ministeri dello Sviluppo economico, dell'Ambiente e delle Infrastrutture e trasporti.

Un manuale per guidare l'auto in modo da consumare meno e salvaguardare ambiente e portafogli. È la pubblicazione "Guida sul risparmio di carburanti e sulle emissioni di anidride carbonica delle autovetture 2013", preparata dai ministeri dello Sviluppo economico, dell'Ambiente e delle Infrastrutture e trasporti per ridurre gli sprechi di carburante e soprattutto le emissioni di inquinanti nell'aria (allegato in basso pdf).
La pubblicazione contiene i consigli per ridurre i consumi di carburante e le emissioni di CO2 e cataloga le automobili secondo l'impatto che hanno sull'ambiente. Tra le vetture ibride a benzina spiccano le vetture Toyota Prius Plug-in (49 grammi di anidride carbonica per chilometro percorso), Yaris Hybrid (79) e Auris Hsd (84). Tra le ibride a gasolio al primo posto c'è la Volvo V60 Plug In Hybrid (48 g/km di CO2), seguita da Renault Clio (83) e Twingo (85) equipaggiate con il 1.5 dCi. La Kia Picanto è la meno inquinante delle auto a Gpl e a benzina, mentre la Fiat Panda è la migliore per benzina e metano.
La Guida sul risparmio di carburanti e sulle emissioni di anidride carbonica delle autovetture 2013 (pdf)

fonte: qualenergia.it

Video impressionante: il Polo Nord in questo momento è un lago

Un impressionante video girato in time lapse dalla webcam del North Pole Environmental. Si vede come negli ultimi giorni il ghiaccio attorno al polo si è sciolto al punto da lasciare un lago.

Nell'impressionante video girato in time lapse dalla webcam del North Pole Environmental Observatory.  Se non avete tempo confrontate scorrendo le immagini iniziali con quelle dal minuto 1 e 54 in poi, dove si arriva al 24 luglio.  Si vede come negli ultimi giorni il ghiaccio attorno al polo si è sciolto al punto da lasciare un lago, che poggia sul ghiaccio.
Luglio è il mese più caldo nella zona e lo scioglimento sta avvenendo annualmente dal 2002. Quest'anno però le temperature erano di 1-3 gradi superiori alla media.
Giusto ieri raccontavamo di un nuovo studio che stima come lo scioglimento dei ghiacci artici, rilasciando in atmosfera il metano intrappolato in idrati, potrebbe causare un danno economico da 60mila miliardi che andrebbe ad aggiugersi al salatissimo conto degli impatti del global warming.

fonte: qualenergia.it

L’orto sul balcone: ecco come fare

L'orto sul balcone: ecco come fare
Vuoi realizzare il tuo piccolo orto in casa? In terrazza, o anche soltanto su un balcone? Vuoi provare a produrre melanzane, fagiolini e ortaggi freschi? In America il fenomeno dell’autoproduzione di cibo dilaga, anche grazie a un testimonial come Michelle Obama, e anche in Italia la tendenza all’orto fai-da-te è in forte espansione.
Da dove partire? Dal web, sicuramente, che offre molti siti, come per esempio, www.donne.virgilio.it che fornisce indicazioni precise per realizzare coltivazioni casalinghe; e anche un sito, www.ortiurbani.it, dove è possibile acquistare online tutta l’attrezzatura necessaria.
Qui potete leggere le istruzioni dettagliate Erbaviola.com, di cui vi proponiamo alcuni estratti.
1- Fiori a vista, ortaggi all’interno
Per trasformare un balcone fiorito in uno spazio capace di produrre verdure gustose senza penalizzarne l’estetica basta riservare il fronte del balcone alle piante da fiore e lo spazio interno, non direttamente visibile, a ridosso dei muri, agli ortaggi in vaso. Molte verdure hanno belle foglie e bellissimi fiori, in primis zucche e zucchine, ma anche le fragole hanno dei simpatici fiorellini bianchi. Si possono lasciare questi verso l’esterno.
2- Vasi, meglio in terracotta
I vasi in terracotta siano imbattibili per traspirazione, freschezza del terriccio ecc. rispetto ai nuovi fratellini di plastica. Sicuramente però, le balconette di plastica sono per esempio migliori rispetto a quelle in cotto se vogliamo piantarci l’insalata, le fragole o addirittura il ribes: dovendo spostarle di sovente, specialmente in previsione di temporali o per ripiantare frequentemente (come nel caso dell’insalata) è meglio che siano leggere.
Vasi di piccolo diametro possono servire per coltivare piante singole come le aromatiche (timo, menta), ma sono da sconsigliarsi perché portano a un utilizzo dello spazio non ottimale; meglio scegliere contenitori di forma rettangolare o quadrata da mettere in fila o serie, e non fossilizzarsi sull’equazione 1 pianta = 1 vaso. Altrimenti lo spazio finisce subito!
Le piante a elevato sviluppo fogliare come le zucchine e i pomodori hanno bisogno di vasi profondi e in soli 20 cm di terra crescono rachitiche o muoiono. La profondità consigliata è di 40 cm ALMENO di terra, quindi un vaso da almeno 50 cm di profondità.
3 – Terra, terriccio, sabbia & affini
I vasi vanno preparati tutti con argilla o ghiaietto sul fondo. Se avete qualche conoscente con orti o terreni, fatevi regalare un po’ di terra, è senz’altro migliore di quella comprata in sacchi. Al terriccio universale da giardinaggio è bene aggiungere anche un po’ di sabbia, perché gli ortaggi non amano un substrato capace di trattenere a lungo l’acqua, che deve invece drenare facilmente. La sabbia, meglio se a grana grossa, deve essere circa il 10% del totale. Questo mix andrà benissimo per tutti gli ortaggi da coltivare in balcone.
4 – Annaffiature
Gli apporti idrici devono essere frequenti, ma mai troppo abbondanti e in relazione allo stadio di sviluppo della pianta. Quando si bagnano le piante, è meglio non bagnarle mai a pioggia, meglio versare sul terreno, preferibilmente sui bordi, l’acqua arriverà da sola alle piante senza creare uno shock termico come succederebbe invece innaffiandole direttamente sulle radici.
Nel periodo di produzione, se mancano le piogge, è necessario irrigare tutti i giorni. È meglio innaffiare di sera, dopo il tramonto. Le piante vengono meno sollecitate e hanno tutta la notte per assorbire l’acqua mentre innaffiando al mattino presto buona parte dell’acqua evaporerà con il sole.
5 – Quando piantare
Il consiglio migliore è partire da un solo vaso o un paio. Magari un vaso di aromatiche e un vaso con pomodori, preferibilmente addossati al muro perché hanno bisogno di supporti.  Sono relativamente facili anche le zucchine, ma un vaso a parte è una buona cosa. In un vaso di 50 cm ci stanno un paio di piantine.
La densità per quanto elevata non dovrebbe essere eccessiva, contando però che più piante ci sono e meno soffrono perché rimane alta umidità e frescura. Il periodo ottimale per la messa a dimora di piantine già cresciute, non semi (che sul balcone hanno poche possibilità) è tra fine marzo fino alla fine di aprile. La temperatura ottimane per i trapianti, DA FARE DI SERA SENZA SOLE altrimenti le ammazziamo subito.
6 – Concimazione
Concimare ma non troppo, troppa concimazione brucia le radici delle piante. Tra i concimi bio migliori, il più adatto è il terriccio di lombrico, da inserire direttamente quando si mette il terriccio nei vasi. E molto nutriente, con nessuna controindicazione e va bene per qualsiasi pianta. Se non siete esperti evitate i concimi liquidi: basta un dosaggio leggermente sbagliato o troppo vicino al precedente per bruciare tutto.
7 – Occhio alle polveri sottili
Per chi ha il balcone nelle strade di città, non dimenticate il traffico e le polveri sottili. Le verdure vanno lavate benissimo, con bicarbonato di sodio. Ancora meglio: coprirle con tessuto non tessuto che terrà lontane le polveri sottili facendo filtrare invece acqua e sole.

fonte: www.nonsprecare.it

Acquisti usato online: un boom contro la crisi

I migliori siti per lo shopping online per chi cerca indumenti, automobili, giocattoli e tanto altro. Gli acquisti di cose usate fanno parte di uno stile di vita che combatte la crisi in maniera intelligente
Acquisti usato online: un boom contro la crisi 
Nel mese di maggio, che è l’ultimo censito dall’Istat, le vendite sono scese dell’1,1%: si tratta dell’undicesima flessione consecutiva. I settori che restano in piedi sono quello alimentare e quello dell’informatica e della telefonia. Ma in tempi di crisi, se a qualcosa si decide di non rinunciare, per quanto riguarda il resto degli acquisti bisogna inventarsi qualcosa.
LEGGI ANCHE: Vacanze contro la crisi tra affitti last minute, scambio case e couchsurfing
SOLUZIONI PER TUTTI – C’è da dire che siamo diventati piuttosto bravi nel mettere in campo soluzioni originali e intelligenti contro le ristrettezze economiche: a partire dalle forme di scambio. Qualche esempio? Ci sono alberghi che si pagano non con il denaro bensì attraverso beni e servizi: una marmellata fatta in casa, un vecchio cd, ma anche un’imbiancata alle pareti o una bottiglia di buon vino. Si barattano i libri, i vestiti, gli elettrodomestici. Esistono piattaforme online nate apposta per dare agli utenti la possibilità di noleggiare cose che servono una volta soltanto. E la lista sarebbe ancora lunga.
I NUMERI – Per fare il quadro della situazione in questo senso Subito.it (il più importante portale di compravendita fra privati) ha condotto un’indagine sul mercato dell’usato. Risultato? Tutte le categorie merceologiche censite registrano progressioni in doppia cifra. Ecco i numeri. Alla tradizionale bicicletta (+59% di annunci censiti nell’ultima settimana di giugno rispetto allo stesso periodo del 2012) si sommano i capi di abbigliamento con i relativi accessori (+60%) e – a sorpresa – si registra un boom di ricerche e offerte di articoli (abbigliamento e giocattoli) per i bambini: +56%. Dinamiche di forte crescita anche per gli elettrodomestici (+55%) e per i libri usati (+48%). E anche i ricchi si adattano al nuovo stile di vita, prova ne sia che sul portale risulta che oltre 136mila italiani cercano una Vespa, più di 60mila un iPhone o una Bmw.
I MIGLIORI SITI – Dove fare shopping sul web se si cercano indumenti, gadget, elettrodomestici, libri o dc usati? Ecco qualche idea.
  • Primo della lista il già citato Subito.it, dove si può trovare di tutto: dalle automobili all’elettronica, dall’attrezzatura per lo sport agli appartementi, fino alle offerte di lavoro;
  • Kijiji.it è un altro ottimo sito, con una sezione molto ampia sull’affitto degli immobili e altrettanti spazi per la compravendita dell’usato. Fra le sezioni più interessanti quella dedicata ai bambini e quella che racchiude il mondo del tempo libero, dei libri e della musica;
  • Su Bakeka.it troverete, comodamente divise per regione, offerte che riguardano soprattutto motori, immobili, lavoro, formazione. Consigliata in particolare per le occasioni nel settore dell’elettronica usata;
  • Non ha quasi bisogno di una presentazione dettagliata Ebay: qui potrete divertirvi a cercare (e siamo certi che la troverete) qualsiasi cosa vi serva, anche l’accessorio che vi sembra introvabile, perché c’è sempre qualcuno che ha pensato di venderlo su quella che è una delle piattaforme più cliccate del web;
  • eBuy è un altro validissimo strumento: anche questo sito è comodamente diviso in sezioni. Fra le più particolari quelle su modernariato, giocattoli, fumetti e figurine, monete e francobolli, pietre preziose e gioielli.
fonte: www.nonsprecare.it

Spreco alimentare, l’appello di Andrea Segrè per l’Anno Europeo 2014 e l’annuncio che la Campagna di LMM tornerà a Bruxelles


SPRECO ALIMENTARE: LA COMMISSIONE EUROPEA APRE UFFICIALMENTE LE CONSULTAZIONI PUBBLICHE. «RILANCIAMO E SOSTENIAMO LA PROPOSTA DI ISTITUIRE IL 2014 ANNO EUROPEO CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE – DICHIARA ANDREA SEGRE’, PRESIDENTE DI LAST MINUTE MARKET E PROMOTORE DELLA CAMPAGNA EUROPEA “UN ANNO CONTRO LO SPRECO” – TORNEREMO A BRUXELLES NELL’OTTOBRE 2013 PER UN FORUM DEDICATO ALL’ISTITUZIONE DELL’ANNO EUROPEO E AGLI OBIETTIVI DELLA RISOLUZIONE ADOTTATA LO SCORSO ANNO DAL P.E., PRIMO FRA TUTTI IL DIMEZZAMENTO DEGLI SPRECHI ALIMENTARI ENTRO IL 2025».«NON DIMENTICHIAMO – OSSERVA ANCORA SEGRE’ – CHE, SECONDO UNA STIMA DELLA DIREZIONE GENERALE PER L’AMBIENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, IL 42% DEL TOTALE DEGLI SPRECHI (76 KG PRO CAPITE PER ANNO) SI MATERIALIZZA ALL’INTERNO DELLE MURA DOMESTICHE (IL 25% DELLA SPESA ALIMENTARE IN PESO) E ALMENO IL 60% DI QUESTO SPRECO POTREBBE ESSERE EVITATO».
COMUNICATO STAMPA
BOLOGNA – «Apprendo con interesse e con soddisfazione – dichiara Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market – che la Commissione Europea annuncia di voler decidere a breve in merito alla possibile istituzione dell’Anno Europeo contro lo spreco alimentare, sollecitata dalla nostra campagna ‘Un anno contro lo spreco’ sin dalle iniziative di Bruxelles 2010, sostenuta poi da una Dichiarazione congiunta di eurodeputati, esperti e operatori internazionali, quindi fatta propria dal Parlamento Europeo con la Risoluzione adottata a Strasburgo il 19 gennaio 2012, nella quale si riprendeva anche l’obiettivo di dimezzare gli sprechi nei Paesi membri entro il 2025. Dai prossimi giorni saranno ufficialmente aperte le consultazioni di cittadini, associazioni, realtà non governative in tema di buone pratiche. Proprio per velocizzare la strada delle pratiche virtuose abbiamo lanciato lo scorso anno, con Trieste Next, la Carta Spreco Zero, decalogo operativo che impegna concretamente i sindaci sui territori da loro amministrati. Ad oggi oltre 700 sindaci l’hanno sottoscritta e il movimento dei sindaci ‘spreco zero’ cresce ogni giorno. Per questo mi unisco all’appello del presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, Paolo De Castro, e invito gli europarlamentari tutti a rilanciare e sostenere la proposta di istituire il 2014 Anno Europeo contro lo spreco alimentare – spiega ancora Andrea Segre’ – Con la nostra campagna torneremo a Bruxelles nell’ottobre 2013 per un forum dedicato all’istituzione dell’anno Europeo e agli obiettivi della Risoluzione adottata lo scorso anno dal P.E., primo fra tutti il dimezzamento degli sprechi alimentari entro il 2025».
«Non dimentichiamo – osserva ancora Segre’ – che, secondo una stima della direzione Generale per l’Ambiente della Commissione Europea, il 42% del totale degli sprechi (76 kg pro capite per anno) si materializza all’interno delle mura domestiche (il 25% della spesa alimentare in peso) e almeno il 60% di questo spreco potrebbe essere evitato. In Italia, secondo i dati elaborati da Last Minute Market e da Waste Watcher – primo Osservatorio sugli sprechi, lo spreco alimentare rappresenta l’1,19% del pil (circa 18,5 miliardi riferiti al 2011) così ripartito: «soltanto» lo 0,23% si colloca nella filiera di produzione (agricoltura), trasformazione (industria alimentare), distribuzione (grande e piccola) e ristorazione (collettiva), il resto è a livello domestico: 0,96% del pil».
www.unannocontrolospreco.org www.lastaminutemarket.it www.andreasegre.it
info – contatti – interviste ufficiostampa@volpesain.com cell 3922067895

Cohousing, una casa da condividere


Si diffonde anche in Italia il cohousing: ognuno ha la propria casa, ma condivide con gli altri la cucina, la lavanderia, il giardino 

La crisi ha avuto anche i suoi risvolti positivi, uno tra tanti è il cohousing, la cui teoria è vivere e condividere. Il cohousing è la scelta di vivere in una comunità residenziale a servizi condivisi. Facciamo un esempio concreto: immaginiamo un condominio dove ognuno ha la sua casa, ma condivide la cucina , il giardino e la lavanderia con altri condomini, risparmiando sulle spese e sulla manutenzione. Ma anche migliorando i rapporti con il vicinato.
Il cohousing nasce in Scandinavia negli anni 60, ma oggi è molto diffuso in Danimarca, Svezia, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone. Solitamente si tratta di 20 o 40 unità abitative, per famiglie e single, che si sono scelti tra loro e che insieme hanno deciso gli spazi da condividere. La privacy quindi non viene violata: ognuno mantiene infatti  l’individualità della propria abitazione e dei propri tempi di vita. 

E ancora. Chi sceglie di vivere incohousing partecipa alla creazione e al disegno del progetto delle unità abitative, scegliendo gli spazi da condividere e la loro gestione: le comunità di cohouser sono amministrate direttamente dagli abitanti, ma non esiste una gerarchia, le decisioni sono prese sulle base del consenso.

fonte: www.ecoseven.net

Anche le Filippine vogliono abbandonare i combustibili fossili

Sempre più nazioni nel mondo sembrano voler puntare al futuro e all’eco-sostenibilità adottando una politica energetica che si fonda sull’ abbandono dei combustibili fossili e sull’investimento a favori delle fonti di energia rinnovabili.
Ma non si tratta solo di paesi all’avanguardia sotto il profilo socio-economico, come la Danimarca, che vuole abbandonare i combustibili fossili entro la metà del secolo. A volte si tratta anche di paesi che sono considerati non di prima fascia per quanto riguarda il livello di sviluppo, come è il caso delle Filippine.
SPECIALE: Nelle Filippine la Polizia…. pianterà alberi!
Anche le Filippine vogliono infatti realizzare una svolta lungimirante in questa direzione: a seguito dell’incontro tra il  Responsabile del Dipartimento energetico, la Commissione per il cambiamento climatico e i rappresentati dei governi federali e provinciali, è stato deciso redigere un piano finalizzato a garantire nei prossimi dieci anni la totale soddisfazione del fabbisogno di energia elettrica attraverso le energie pulite.
A differenza di altre nazioni, dunque, le Filippine vogliono ottimizzare i tempi e gli sforzi per garantire in un decennio l’abbandono dei combustibili fossili attraverso una precisa tabella di marcia: una roadmap che tenga presente degli impatti economici, dei bisogni sociali e delle varie esternalità connesse a una simile transizione.
E’ bene sapere che non si parte da zero dal punto di vista della capacità di produzione energetica da fonti rinnovabili: le Filippine non sono un paese dove le rinnovabili sono inesistenti, avendo da anni sviluppato alcuni comparti, geotermico ed idroelettrico, ma il piano sarà finalizzato appunto a sviluppare il potenziale di altre fonti, come biomasse, energia solare ed eolico.
FOCUS: Con la scusa della lotta alla povertà, l’olio di palma distrugge le foreste filippine
Naturalmente fondamentale sarà l’upgrade della rete elettrica nazionale Filippina in una smart grid.

Probabilmente ci vorrà anche molto più di dieci anni, ma secondo noi le Filippine stanno facendo un passo nella giusta direzione: seguiremo con attenzione questo caso.
fonte: www.tuttogreen.it

Riciclo, come riutilizzare le scatolette di tonno


Le scatolette di tonno, una volta svuotate, possono diventare oggetti utilissimi in casa. Grazie al riciclo, la scatoletta di tonno può trasformarsi in mille cose, da un semplice portaspilli ad un moderno ferma lampada, da un portacandele bello e sicuro a un porta spilli.
Il riciclo è un ottimo modo per riutilizzare oggetti che non ci servono e risparmiare soldi. Guarda le fotografie e prendi spunto per riutilizzare la scatolette di tonno.
Una scatoletta di tonno può diventare un portacandele:
Una scatoletta di tonno può diventare un fermo per il lampadario:
Una scatoletta di tonno riciclata si trasforma in un porta spilli:

Una scatoletta di tonno riciclata diventa un ottimo organizer: 
 
fonte: www.ecoseven.net


Umbria verso Rifiuti Zero

Baratto contro la crisi: piace a tre italiani su quattro

L'antica forma di scambio si diffonde sempre di più nel Belpaese, dove a causa delle ristrettezze economiche si cercano soluzioni alternative e low cost per fare i propri acquisti
Baratto contro la crisi: piace a tre italiani su quattro
Comprare scambiando la merce con l’antica forma del baratto piace a tre italiani su quattro. Nel nostro Paese è sempre meno raro acquistare prodotti alimentari cedendo cravatte, quadri, libri, cd. Con la crisi si aguzza l’ingegno per cercare di continuare a stare bene. Questo il risultato che emerge da un sondaggio della Coldiretti diffuso lo scorso maggio in occasione dell’edizione 2013 di “Cibi d’Italia” di Campagna Amica, che si è svolto al Castello Sforzesco di Milano: è stato il primo mercato del baratto per fare la spesa a costo zero con formaggi, salumi, frutta e vino pagati con scarpe, orologi, quadri, libri e cd.
PER SAPERNE DI PIU’: Fare le vacanze pagando con il baratto o scambiando la propria casa
Contro la crisi della moneta si tratta – sottolinea la Coldiretti – della prima esperienza italiana di mercato di scambio fisico di prodotti alimentari Made in Italy con convenienza reciproca senza spendere un euro. Un’iniziativa per evidenziare i danni provocati dalla finanza esasperata degli ultimi anni, ma anche per sottolineare l’importanza – continua la Coldiretti – di tornare a sostenere l’economia reale in un difficile momento di crisi.

Si riscoprono – precisa la Coldiretti – vecchie ricette come il baratto, ma in formule diverse e innovative. Il successo dello scambio di merci senza moneta è testimoniato dal fiorire di iniziative con al centro questa pratica: si va dagli “swap party” (dall’inglese to swap, scambiare), veri e propri mercati del baratto, agli “swap shop”, i negozi del riciclo di lusso dove si scambiano oggetti e vestiti alla moda che non si utilizzano più, ma anche libri e musica. E a proposito di libri, sempre più diffuso è il fenomeno del bookcrossing, ossia dello scambio di libri: l’idea di fondo è di rilasciare libri nell’ambiente, affinché possano essere ritrovati e quindi letti da altri, che a sua volta poi possono farli proseguire nel loro viaggio.

Una forma particolare di baratto – continua la Coldiretti – è costituita dalle banche del tempo, associazioni ad iscrizione gratuita dove ci si scambia servizi o piccole commissioni quotidiane. Ad esempio un lavoretto in casa per una seduta di stiratura, la compilazione di moduli e documenti in cambio di qualche ora come baby sitter. In Italia, attualmente, sono già più di 200 quelle attive.
LEGGI ANCHE: E’ nato Reoose, Eco-store del riutilizzo e del baratto
Oltre al baratto, però, ci sono diversi modi per risparmiare senza rinunciare alle proprie abitudini e alle proprie passioni. In ambito lavorativo c’è chi, ad esempio, ha deciso di condividere l’ufficio con altre persone che fanno lavori completamente differenti: è il coworking, una pratica il cui scopo è ammortizzare i costi di affitto e di gestione (come la corrente, il collegamento internet, la pulizia dei locali…) senza dover rinunciare alla propria indipendenza.

C’è chi condivide l’ambiente di lavoro e chi invece il divano di casa propria. E’ la filosofia del couchsurfing: in pratica si mette a disposizione la propria abitazione come base di appoggio per i viaggiatori che vengono a visitare la città in cui si vive. Le persone ospitate generalmente ricambiano l’accoglienza con piccoli favori, come cucinare o fare la spesa per l’intero periodo di permanenza. L’omonimo network, da cui nel 2003 ha preso il via questo modo di viaggiare, conta oggi – conclude la Coldiretti – oltre 6 milioni di iscritti, residenti in più di 100 mila città di tutto il mondo.

fonte: www.nonsprecare.it

Rifiuti: Parma verso la tariffa puntuale

Si è conclusa da pochi giorni a Parma la distribuzione dei kit relativi alla raccolta differenziata alle famiglie dei quartieri Lubiana e San Lazzaro. Per il rifiuto residuo il Progetto Conai ha previsto un bidoncino da 40 litri dotato di microchip per la lettura degli svuotamenti in previsione della tariffazione puntuale
Rifiuti: Parma verso la tariffa puntuale 
Si è conclusa da pochi giorni a Parma la distribuzione dei kit relativi alla raccolta differenziata alle famiglie dei quartieri Lubiana e San Lazzaro.

Il bidoncino marrone per la raccolta dell’organico sottolavello che è stato consegnato alle famiglie differisce rispetto al vecchio già in dotazione in quanto più basso e largo e dotato di fori laterali per una migliore aerazione. Ciò impedisce il rapido deterioramento dei sacchetti in Mater-Bi, utilizzati per introdurre l’organico, evitando in questo modo di generare odori e percolato e permettendo una maggior durata prima della sostituzione (fino a 4-5 giorni). Chi fosse ancora in possesso del vecchio bidoncino può ritirarlo presso il punto informativo di Via Terracini, aperto fino a fine settembre.

L’estensione della raccolta differenziata nei quartieri Lubiana – San Lazzaro è stata accompagnata dalla consegna di contenitori e sacchi necessari per effettuarla in modo corretto.

Raccolta differenziata e tariffazione puntuale: il bidoncino grigio per il rifiuto residuo viene abbinato elettronicamente ad ogni utente
Per il rifiuto residuo il Progetto Conai ha previsto un bidoncino da 40 litri dotato di microchip per la lettura degli svuotamenti in previsione della tariffazione puntuale.

Alla consegna del bidone l’operatore Iren provvede ad abbinare, tramite la lettura di un codice a barre, il contenitore per il rifiuto residuo all’utente intestatario della bolletta rifiuti.

Ad oggi, l’Amministrazione comunale ha rilevato che un numero rilevante di utenti (circa 2.900 su 17.500) non ha ancora ricevuto la dotazione necessaria al nuovo modello di raccolta differenziata.

Dotazione che è stata consegnata porta a porta dagli informatori che hanno effettuato due passaggi presso le abitazioni degli utenti o direttamente al Punto Informativo di via Terracini, (al lato del Teatro Europa) per coloro che si sono recati a ritirarla.

E’ importante far notare che, quando verrà applicata la tariffazione puntuale, a chi non utilizzerà il bidoncino del residuo verrà calcolata la tariffa massima impedendo quindi di beneficiare degli sconti che sono previsti per chi produce meno rifiuto residuo.

Esortiamo quindi chi ancora ne fosse sprovvisto a recarsi al Punto Informativo che rimarrà aperto fino al 17 agosto il lunedì, mercoledì e venerdì dalla 10.00 alle 13.00, il giovedì dalle 15.00 alle 18.00 e il sabato dalle 09.00 alle 13.00 e dal 19 agosto fino al 28 settembre il giovedì dalle 15.00 alle 18.00 e il sabato mattina dalle 10.00 alle 13.

Per ogni tipo di informazione si può contattare il numero verde 800-212607.

Raccolta differenziata una risorsa per la città. Suggerimenti per la raccolta di plastica e barattolame e lo smaltimento del vetro - dal sito del Comune di Parma del 22.07.2013 


fonte: www.ecodellecitta.it 

OPERAZIONE RETURN

Foto: OPERAZIONE RETURN

Per sensibilizzare al problema dei rifiuti lasciati nelle spiagge "Surfrider Foundation Brasile" ha organizzato la raccolta dei rifiuti nelle spiagge di Rio de Janeiro. Alla fine della raccolta i rifiuti sono stati messi in scatole di cartone e spediti a casa della gente con un messaggio:"i rifiuti buttati nel mare ritornano alla gente".
L'azione, chiamata "Return", si proponeva di educare e di avvertire le persone sulle conseguenze dei rifiuti lasciati sulle spiagge di Rio. 
Per sensibilizzare al problema dei rifiuti lasciati nelle spiagge "Surfrider Foundation Brasile" ha organizzato la raccolta dei rifiuti nelle spiagge di Rio de Janeiro. Alla fine della raccolta i rifiuti sono stati messi in scatole di cartone e spediti a casa della gente con un messaggio:"i rifiuti buttati nel mare ritornano alla gente".
L'azione, chiamata "Return", si proponeva di educare e di avvertire le persone sulle conseguenze dei rifiuti lasciati sulle spiagge di Rio.

Umbria verso Rifiuti Zero

Riciclo degli imballaggi: in arrivo nuove tasse

Un settore che resiste alla crisi ma che ora rischia una battuta d'arresto in seguito all'idea di una nuova stangata: un aumento, fino a tre volte, della tassazione

Riciclo degli imballaggi: in arrivo nuove tasse  


Il riciclo degli imballaggi resiste alla crisi e continua ad aumentare, nonostante la forte contrazione dei consumi sia da parte delle famiglie sia sul versante delle imprese. Ma adesso rischia una battuta d’arresto in seguito all’idea di una nuova stangata: un aumento, fino a tre volte, della tassazione sulle operazioni di riciclaggio.
LEGGI ANCHE: Come ridurre gli imballaggi e i rifiuti
Gli ultimi dati dicono che nel 2012 il riciclo dell’imballaggio ha toccato la quota record di 3,5 milioni di tonnellate: in pratica oltre i due terzi di questo tipo di ingombranti rifiuti sono stati smaltiti, recuperati e riconvertiti. Un’ottima operazione sia dal punto di vista ambientale, sia per il miglioramento della catena dei rifiuti, e anche per la diminuzione dell’inquinamento. E un buon affare per le migliaia di aziende che operano nel settore. I numeri dicono che, complessivamente, il sistema Italia ha avuto benefici economici pari a 1,6 miliardi di euro per il buon funzionamento della rete di riciclo degli imballaggi.
PER SAPERNE DI PIU’: Come ridurre i rifiuti e risparmiare energia
Acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro: tutto viene riconvertito, innanzitutto grazie a un accordo tra il Consorzio Conai e l’Associazione nazionale dei comuni italiani. Insieme, controllano il 65 per cento del materiale riciclato. Di fronte a questi ottimi risultati alcuni comuni, a corto di risorse finanziare, hanno pensato bene di approfittarne, chiedendo un aumento sulle tasse versate dalle aziende che operano nel settore pari fino a tre volte rispetto alle precedenti aliquote. Una vera stangata.
Ma è possibile mai che in Italia, appena un settore funziona, con benefici per tutta la collettività, si trova il modo di colpirlo al cuore con un aumento delle imposte? Non sono queste le aree sulle quali recuperare risorse: i comuni che vogliono nuove tasse farebbero bene a ridurre gli sprechi e le spese improduttive, prima di avanzare richieste contro un’eccellenza del made in Italy.

fonte: www.nonsprecare.it

 

A Città del Messico in cambio dei rifiuti si ottengono prodotti biologici


Anche i rifiuti hanno un valore: è per questo che a Città del Messico si organizza uno speciale mercato in cui i cittadini consegnano i rifiuti e in cambio ottengono tagliandi verdi da utilizzare nelle botteghe agricole dei produttori locali.

A Città del Messico in cambio dei rifiuti si ottengono prodotti biologici


In Messico si barattano anche i rifiuti e in cambio si ottiene cibo biologico. L’iniziativa, portata avanti a Città del Messico per sensibilizzare i cittadini riguardo l’enorme problema dello smaltimento dei rifiuti, va ormai avanti da un anno e come possiamo vedere nel video che abbiamo trovato su TM News, sta riscuotendo un incredibile successo.
LEGGI ANCHE: Bottiglie di plastica in cambio di buoni spesa, l’esperimento in Veneto funziona
L’insolito baratto si svolge ogni prima domenica del mese e ogni volta in una zona diversa della città. C’è chi consegna la carta accumulata in casa, chi porta le bottiglie di plastica o qualsiasi altro genere di spazzatura. Una volta consegnati i rifiuti, in cambio si ottengono dei “tagliandi verdi”, coupon con cui è possibile acquistare prodotti biologici dai produttori locali.

Questo particolare mercato di certo non risolve il problema del riciclo, soprattutto in una metropoli come Città del Messico in cui la produzione di rifiuti negli ultimi 15 anni è salita del 30 per cento, ma rimane comunque un tentativo ben riuscito per educare i cittadini al valore dei rifiuti.
PER SAPERNE DI PIU’: Raccolta differenziata, tutto quello che devi sapere per farla presto e bene

fonte: www.nonsprecare.it

NEI CASSONETTI 36MILIONI DI EURO IN ABITI USATI.

 
Nei cassonetti italiani finisce un 'tesoro' da 36 milioni di euro in abiti usati. Un tesoro milionario che si potrebbe recuperare dal costo di smaltimento dei rifuti urbani se la frazione tessile fosse recuperata adeguatamente.
Tra vestiti, maglioni, camicette, pantaloni e accessori vari smessi, gli italiani potrebbero recuperare rifiuti tessili, con una raccolta differenziata mirata, da 3 a 5 chili pro-capite l'anno che, invece, finiscono malamente gettati nell'immondizia insieme a tutta l'altra spazzatura. Ed anche negli altri Paesi del Vecchio Continente i vecchi vestiti hanno un bel peso in termini di riciclo.
Su scala internazionale, un chilo di abiti usati raccolti riduce di 3,6 kg le emissioni di CO2, di 6.000 litri il consumo di acqua, 0,3 kg di fertilizzanti e 0,2 kg di pesticidi. E anche su scala italiana i numeri parlano chiaro perché si potrebbe ottenere un risparmio di consumi di acqua pari ad 1.440 mln di metri cubi l'anno, riduzioni di 864.000 ton/anno di emissioni di Co2, di 72.000 ton/anno di uso di fertilizzanti e di 48.000 ton/anno di uso di pesticidi.
A guardare con occhio attento quanto dai nostri armadi finisce nelle nostre immondizie è il Rapporto 'L'Italia del riciclo 2010', di Fondazione Sviluppo Sostenibile e Fise-Unire di Confindustria, che riporta i dati di uno studio condotto da un team di ricercatori dell'Università di Copenaghen.


Umbria verso Rifiuti Zero

Rifiuti, i Comuni Ricicloni

 Comuni ricicloni                                                                    
Vincitore assoluto Ponte nelle Alpi per il quarto anno consecutivo. Belluno miglior capoluogo del Nord e al Sud trionfa Salerno. 1293 comuni (quasi 8 milioni di italiani) hanno raggiunto l’eccellenza superando il 65% di raccolta differenziata dei rifiuti ma le grandi città stanno a guardare.
L’Italia verso ‘Rifiuti free’: sono 330 le realtà che producono meno di 75 chilogrammi per abitante di rifiuto secco indifferenziato.

Consegnati a Roma i premi della XX edizione di Comuni Ricicloni: sono 1.293 i campioni nella raccolta differenziata dei rifiuti, il 16 per cento dei comuni d’Italia per un totale di 7,8 milioni di cittadini che hanno detto addio al cassonetto, pari al 13 per cento della popolazione nazionale che oggi ricicla e differenzia i rifiuti alimentando l’industria del riciclo e quindi la Green Economy.
Comune vincitore assoluto è Ponte nelle Alpi, 8.508 abitanti in provincia di Belluno, che per il quarto anno consecutivo raggiunge livelli di eccellenza; tra i capoluoghi del Nord vince proprio Belluno mentre per il Sud primeggia Salerno. Tra i comuni sopra i 10 mila abitanti si distinguono per il Nord, Zero Branco (TV), al Centro Serravalle Pistoiese (PT) e al Sud il Comune di Monte di Procida (NA) e per quelli con meno di 10 mila abitanti vincono Sant’Orsola Terme (TV) per il Nord, Montelupone (MC) per il centro e per il Sud Casal Velino (SA).
“Questa volta non si può dire che i buoni risultati ambientali raggiunti siano l'effetto della crisi economica che riduce i consumi, perché ci troviamo di fronte a scelte strutturali ormai stabilizzate – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza -. La gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti migliora la qualità ambientale, apre nuove strade a vere e proprie filiere industriali e potrebbe migliorare anche i bilanci delle famiglie italiane, se la nuova tassa sui rifiuti, come stiamo proponendo in un appello lanciato proprio in questi giorni, fosse modulata per premiare chi fa buona raccolta differenziata. Con altrettanta chiarezza emergono oggi i punti dolenti su cui occorre concentrarsi: le grandi città e quelle zone del paese, non tutte al Sud, dove ancora il peso delle discariche e i volumi della raccolta indifferenziata tengono l'Italia fuori dall'Europa. È cambiata l'era – ha continuato Cogliati Dezza -. Oggi possiamo dire stop a nuovi termovalorizzatori e cominciare a far chiudere i più vecchi, costruire nuovi impianti di riciclaggio, a partire da quelli per l’organico come i digestori anaerobici, e diffondere tutte quelle politiche organizzative articolate e flessibili che danno al settore capacità di sviluppo e di adeguamento rapido e indolore alle nuove tecniche e a nuovi stili di vita”.
Le Regioni. Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige sono le Regioni con la più alta concentrazione di Comuni Ricicloni. Seguono Marche, Lombardia e Piemonte e la Campania all’ottavo posto, prima Regione del Sud.
Dopo i Ricicloni i Comuni rifiuti free. Dal dossier Comuni Ricicloni 2013 emerge la novità di questa XX edizione: in Italia esistono realtà che vanno oltre l’eccellente risultato del 65% di raccolta differenziata e riciclata, arrivando quasi ad essere ‘rifiuti free’, ovvero comuni dove si è riusciti a ridurre dell’90% circa la quantità di rifiuti da smaltire. Sono 330 in totale e in media ognuno ha prodotto meno di 75 chilogrammi a testa di rifiuto secco indifferenziato in un anno. Un caso su tutti, il comune di Empoli che nonostante i suoi 48 mila abitanti è un comune “rifiuti free”. Come si raggiunge questo risultato? Le ricette sono diverse, ma con alcune caratteristiche comuni: la raccolta “porta a porta”, la modalità di tariffazione del servizio (197 sono a tariffa puntuale, 29 normalizzata e 104 a tassa), la responsabilizzazione dei cittadini attraverso una comunicazione efficace e con politiche fiscali che applichino il principio del ‘chi inquina paga’ e premino il cittadino virtuoso con una riduzione della tassa sui rifiuti se separa bene i materiali da ciò che non si può riciclare; e ancora, incentivando la pratica del compostaggio domestico, promuovendo il consumo dell’acqua del Sindaco riducendo le bottiglie di plastica, bandendo le stoviglie in plastica in favore di quelle riutilizzabili. Ed è di questi giorni il lancio da parte di Legambiente della raccolta firme per la petizione popolare "Chi inquina paga, chi produce meno rifiuti deve risparmiare" nell'ambito della sua campagna "Italia rifiuti free” affinché la tassazione a carico di famiglie e aziende sia equa e premii comportamenti virtuosi.
Le grandi città stanno a guardare? Solo sei città capoluogo di provincia sono Riciclone (oltre il 65%), due al sud e quattro al nord. Appena il 5% del totale. Nessuna oltre i 200 mila abitanti. E gli altri 17,5 milioni di cittadini che risiedono negli altri 100 capoluoghi d’Italia? La spaccatura non è più tra un’Italia virtuosa nel Nord e una in ritardo nel Centro-Sud, ma tra comuni piccoli e virtuosissimi e località immobili, a partire da tutte le maggiori città. Nei quartieri di Torino e di Milano con una moderna raccolta differenziata porta a porta, frazione umida compresa, siamo già oggi al 50 – 65% di differenziata. Roma non sa ancora scegliere tra raccolta porta/porta spinta e avvio a riciclo o l’ennesimo grande impianto di smaltimento. Milano ci fa di nuovo sperare: un nuovo piano per la re-introduzione della raccolta dello scarto umido è in atto su metà della città e sta andando bene, oltre i pronostici di Comune e Amsa: l’obiettivo del 50% di raccolta differenziata è a portata di mano.
A Torino si era partiti col piede giusto, i risultati erano arrivati, ma il piano che prevedeva la progressiva estensione del sistema secco-umido fino a completare l’intero territorio è fermo e in forte ritardo. Davvero un peccato per il capoluogo piemontese che, con il 42,5%, vanta ancora la percentuale di raccolta differenziata più alta tra le grandi città. E’ di questi giorni la notizia di una sperimentazione appena inaugurata a Genova che prevede la collocazione di “cassonetti intelligenti” con chiave personalizzata per le famiglie. In questo modo, secondo Amiu, si eviterà il conferimento dei rifiuti ingombranti nei cassonetti.
A Napoli dopo l’avvio sperimentale della raccolta in alcuni quartieri, non ci sono stati ulteriori progetti di sviluppo del porta a porta, mentre continuano i viaggi via mare dei rifiuti partenopei verso gli inceneritori del Nord Europa. A Palermo, nessuna buona nuova, con ripetute emergenze rifiuti per strada.
“L’Italia è oggi divisa – afferma Andrea Poggio, vice direttore generale di Legambiente -. C’è chi aspetta che qualcuno la tiri fuori dalla crisi e dall’immobilismo, e chi si rimbocca le maniche, capisce dove va il mondo, e crea le condizioni per la “terza rivoluzione” industriale, quella in cui l’organizzazione, il sapere e la tecnologia sostituiscono lo spreco di materiali e di energia. I cittadini “ricicloni”, nei loro 1300 comuni, chi progetta riducendo lo spreco e chi ricicla producendo nuovi beni sono parte della green economy del futuro”.
Piccolo è bello e l’organizzazione consortile è spesso il punto di forza
Dall’indagine sui Comuni Ricicloni 2013 risulta che i cittadini virtuosi sono distribuiti equamente tra i piccoli comuni (al di sotto del 10 mila abitanti) e quelli più grandi (oltre i 10 mila). Cambia però il loro numero: sono 1.076 i piccoli e 211 i più grandi. Le esperienze migliori risultano essere però, quelle consortili su scala territoriale più ampia.
La cartina d’Italia di Comuni Ricicloni 2013 ci restituisce una distribuzione dei comuni virtuosi concentrati nel Triveneto e macchie compatte in Lombardia, Piemonte, Toscana, Campania, Basilicata e Sardegna, proprio dove la gestione è prevalentemente a carattere consortile.
Consorzio Intercomunale Priula, Treviso 3, Treviso 1 e Padova 3 in Veneto, Fiemme Servizi e Asia Lavis in Trentino, Ambiente Servizi e Comunità Montana della Carnia in Friuli Venezia Giulia, Cem Ambiente e SCS Gestioni in Lombardia, Consorzio Chierese Servizi e Bacino Basso Novarese in Piemonte, Unione di Comuni dei Fenici in Sardegna, Cosmari nelle Marche, la Comunità Montana Alto Bradano in Basilicata e Publiambiente in Toscana solo per fare alcuni esempi.
I cittadini serviti dai sistemi omogenei e collaudati garantiti da questi consorzi sono oltre 4,5 milioni, più della metà del totale dei cittadini ricicloni che sono invece 7,8 milioni. A testimoniare che insieme è meglio e costa meno, che col porta a porta il materiale raccolto è più pulito e può essere riciclato a un costo più basso per alimentare quelle imprese che hanno scommesso su un’economia verde.
Italia a due velocità. Anche se in questa ventennale edizione del concorso tutte le regioni (ad eccezione della Val d’Aosta) possono vantare la presenza di Comuni premiati, nel complesso l’85% dei ricicloni si trova al Nord e il restante 15% è equamente distribuito al centro Sud. Veneto sempre in testa con la percentuale più alta di comuni ricicloni sul totale (65,40%); il Friuli Venezia Giulia incrementa i risultati passando dal 35% dello scorso anno al 55%. Incrementi del 5% circa anche in Basilicata e nelle Marche, ma su numeri di partenza decisamente inferiori.
Nelle prime 100 posizioni della classifica dei piccoli comuni del Nord troviamo 52 veneti, 32 trentini, 12 friulani, 2 lombardi e 2 piemontesi. Il primo ad insinuarsi in questa classifica tutta Nord Est è Medolago (BG) in 69esima posizione.
La sorpresa arriva osservando le prime 100 posizioni della classifica assoluta dove a seguire la performance del triveneto che piazza 56 comuni del Veneto, 30 del Trentino Alto Adige e 9 del Friuli Venezia Giulia, troviamo un comune della Toscana, Serravalle Pistoiese (PT), in 65a posizione, e uno della Campania, Casal Velino (SA) nella posizione successiva.
Notizie positive arrivano dalla Toscana, dove Publiambiente sta coinvolgendo i Comuni a cavallo tra le provincie di Pistoia, Pisa e Firenze, con risultati molto lodevoli, con Empoli (FI, 48mila abitanti), San Giuliano Terme (PI, 32mila) e Fucecchio (FI, oltre 23mila) tra le prime 11 posizioni nella classifica dedicata ai comuni over 10 mila del Centro. Quaranta sono invece i ricicloni marchigiani che riempiono la graduatoria dei piccoli comuni del Centro, tutti serviti dai consorzi Cosmari, Cir33 e Unione Roverasca. I piccoli comuni del Sud invece sono solo in Campania, fino alla 18a posizione, in provincia di Salerno ma anche di Napoli, Benevento e Avellino.
I ricicloni del Sud sono di più dei quelli del Centro. Sono infatti 105 i virtuosi del meridione contro gli 83 del Centro. Ma sono quasi solo in Campania (53) e Sardegna (20). La produzione media pro capite di rifiuti dei ricicloni rimane inalterata, confermando la flessione di circa il 4,5% rispetto alle percentuali del 2010, imputabile soprattutto ad una “decrescita infelice” dei consumi, ma anche alle varie iniziative intraprese dai più virtuosi.
Al di là dei numeri, le storie. Salerno, Baronissi, Empoli, Milano, Torgiano, gli eco-campioni campani, Bellusco: nella sezione ‘Storie di ordinaria buona gestione” il dossier 2013 ha voluto raccontare piccole storie che meglio fanno comprendere il ruolo unico ed essenziale dei singoli cittadini, delle loro iniziative anche attraverso le attività dei circoli di Legambiente, delle imprese e dei loro lavoratori, delle amministrazioni pubbliche.
Comuni Ricicloni 2013 è stato realizzato da Legambiente con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. In collaborazione con Associazione nazionale Comuni Italiani, Assobioplastiche, Conai, FederAmbiente, Fise Assoambiente e Fise Unire, CiAl, Comieco, CoRePla, CoReVe, Ricrea, Rilegno, Centro di Coordinamento RAEE, Consorzio Italiano Compostatori e la rivista Rifiuti Oggi. 
Il dossier completo è disponibile su www.ricicloni.it

fonte: www.oggigreen.it

L’ECONOMIA CIRCOLARE

Foto: L’ECONOMIA CIRCOLARE

Che cos’è l’economia “circolare”? È un sistema produttivo in cui le stesse risorse vengono utilizzate più volte, facendole girare attraverso il riuso ed il riciclo, con conseguenti notevoli risparmi, ovvero un uso delle risorse planetarie che non comprometta l'esistenza dei nostri pronipoti.
L’industria europea ha davanti a sé ancora notevoli margini di miglioramento nella progettazione dei prodotti, che si tradurrebbero in consistenti risparmi: ben 700 miliardi di dollari all’anno, se solo le risorse venissero utilizzate in maniera più efficiente. 
A parlarne è un report commissionato a Mc Kinsey dalla Ellen MacArthur Foundation, fondazione creata dalla famosa velista e sostenuta anche da grandi aziende come BT, Cisco e National Grid.
Tutto parte appunto dal concetto di “circolarità”, opposto alla “linearità” del modello economico attuale. Invece di procedere linearmente, dall'alba della materia prima al tramonto del rifiuto, i prodotti di consumo potrebbero dotarsi di una vita "rotonda" che va ben al di là del comune concetto di riciclaggio. Gli esempi già non mancano: dal riutilizzo all’infinito dei metalli fino a scarpe e vestiti fabbricati con bottiglie di plastica usate. Ma si può andare molto più in là. Non foss'altro perché – secondo stime di McKinsey – l'economia circolare, solo nel mercato dei prodotti di largo consumo, promette 700 miliardi di dollari all'anno di risparmi.
Un approccio interessante se si pensa che il sistema economico mondiale, spiega il report, attualmente “mangia” 65 miliardi di tonnellate di materie prime all'anno, e se non si cambierà, nel 2020 ne assorbirà 82, con la conseguenza che il prezzo di queste risorse non farà che aumentare.
Un esempio: l costi di produzione di un telefono cellulare potrebbero essere ridotti del 50% se solo le aziende nella progettazione pensassero a rendere più facile disassemblare l'apparecchio a fine vita e offrissero incentivi per la riconsegna.

Qui trovate una sintesi del report
http://www.thecirculareconomy.org/exec-summary 
Che cos’è l’economia “circolare”? È un sistema produttivo in cui le stesse risorse vengono utilizzate più volte, facendole girare attraverso il riuso ed il riciclo, con conseguenti notevoli risparmi, ovvero un uso delle risorse planetarie che non comprometta l'esistenza dei nostri pronipoti.
L’industria europea ha davanti a sé ancora notevoli margini di miglioramento nella progettazione dei prodotti, che si tradurrebbero in consistenti risparmi: ben 700 miliardi di dollari all’anno, se solo le risorse venissero utilizzate in maniera più efficiente.
A parlarne è un report commissionato a Mc Kinsey dalla Ellen MacArthur Foundation, fondazione creata dalla famosa velista e sostenuta anche da grandi aziende come BT, Cisco e National Grid.
Tutto parte appunto dal concetto di “circolarità”, opposto alla “linearità” del modello economico attuale. Invece di procedere linearmente, dall'alba della materia prima al tramonto del rifiuto, i prodotti di consumo potrebbero dotarsi di una vita "rotonda" che va ben al di là del comune concetto di riciclaggio. Gli esempi già non mancano: dal riutilizzo all’infinito dei metalli fino a scarpe e vestiti fabbricati con bottiglie di plastica usate. Ma si può andare molto più in là. Non foss'altro perché – secondo stime di McKinsey – l'economia circolare, solo nel mercato dei prodotti di largo consumo, promette 700 miliardi di dollari all'anno di risparmi.
Un approccio interessante se si pensa che il sistema economico mondiale, spiega il report, attualmente “mangia” 65 miliardi di tonnellate di materie prime all'anno, e se non si cambierà, nel 2020 ne assorbirà 82, con la conseguenza che il prezzo di queste risorse non farà che aumentare.
Un esempio: l costi di produzione di un telefono cellulare potrebbero essere ridotti del 50% se solo le aziende nella progettazione pensassero a rendere più facile disassemblare l'apparecchio a fine vita e offrissero incentivi per la riconsegna.

Qui trovate una sintesi del report
http://www.thecirculareconomy.org/exec-summary


Umbria verso Rifiuti Zero

Cina, 10mila in piazza contro l’inceneritore: duri scontri a Guangzhou


Almeno quattro manifestanti sono stati feriti durante le proteste che, secondo la stampa di Hong Kong, avrebbero coinvolto 10.000 persone. Dopo violenti scontri avvenuti durante la giornata, la polizia ha poi arrestato circa una dozzina di persone presso il villaggio di Qianjin, nella zona di Guangzhou, che dovrebbe essere il sito di un inceneritore. Questo il bilancio di una grande giornata di mobilitazione dal basso, la terza in due settimane per combattere la costruzione di un inceneritore di rifiuti nella borgata di Shiling, dove si trova un centro nazionale per la produzione di pelletteria.

Almeno quattro manifestanti sono stati feriti durante le proteste che, secondo la stampa di Hong Kong, avrebbero coinvolto 10.000 persone. Dopo violenti scontri avvenuti durante la giornata, la polizia ha poi arrestato circa una dozzina di persone presso il villaggio di Qianjin, nella zona di Guangzhou, che dovrebbe essere il sito di un inceneritore. Questo il bilancio di una grande giornata di mobilitazione dal basso, la terza in due settimane per combattere la costruzione di un inceneritore di rifiuti nella borgata di Shiling, dove si trova un centro nazionale per la produzione di pelletteria.
scontri a Guangzhou
scontri a Guangzhou
I manifestanti sostengono che l’inceneritore “danneggi la loro salute” e che, a causa di esso, Shiling sarà trasormato in una “zona di morte”, come è accaduto nel villaggio di Linkeng, nel distretto della città di Baiyun, dove esidenti ci lamentano che aria, terra e acqua sono stati gravemente contaminati dai due inceneritori attivati. «Se noi non continuiamo a combattere, non ci sarà più una casa dove tornare», ha detto al South China Morning Post a un lavoratore della pelle del polo di Shiling. «Non vogliamo essere il prossimo Likeng, spostiamo l’inceneritore altrove e lavoriamo su altri modi per ridurre i rifiuti».
scontri a Guangzhou
14666f5435456738cc318cb16adafc5cNonostante la massiccia presenza delle forze dell’ordine, i manifestanti hanno sfondato le barricate verso le 11:00 di ieri per entrare a piazza Huadu, di fronte alla sede del governo del distretto. Hanno poi sfilato nelle strade limitrofe alla piazza, bloccando a lungo il traffico di autoveicoli. Scandendo slogan, hanno chiesto al governo distrettuale di rispondere alle loro richieste e, in segno di sdegno e protesta, proprio davanti alla sede del governo hanno abbassato la bandiera nazionale a mezz’asta. Alle 17:30, la polizia ha disperso i manifestanti rimasti.
scontri a Guangzhou
Per contro, i funzionari del distretto hanno annunciato l’intenzione di approvare definitivamente il sito dell’inceneritore all’inizio di questo mese. Il progetto dovrebbe essere completato il 30 agosto, con una valutazione ambientale che sarà pronta a febbraio, per iniziare la costruzione dell’impianto a giugno del prossimo anno.
scontri a Guangzhou
People protest against a planned PX plant in SW China 
Le proteste ambientaliste in Cina sono in costante aumento. Gli stessi scontri di piazza Huadu arrivano pochi giorni dopo le grandi proteste nella città diJiangmen, nel distretto di Guangdong, dove i funzionari locali sono stati costretti ad annullare i piani per un impianto di trasformazione dell’uranio.

fonte: dailystorm.it

DECRETO DEL FARE, SALTANO LE NORME SALVA INQUINATORI

Foto: DECRETO DEL FARE, SALTANO LE NORME SALVA INQUINATORI

Dopo settimane di mobilitazione e pressione istituzionale contro la norma contenuta nel cosiddetto “Decreto del Fare” che avrebbe modificato l’art. 243 del Testo Unico Ambientale del 2006 in materia di Bonifiche delle falde acquifere contaminate introducendo il pericolosissimo principio della opzionalità della bonifica definitiva in base al criterio della sostenibilità economica dell’impresa inquinatrice, il testo è stato emendato nelle commissioni parlamentari competenti cancellando le norme incriminate e ritornerà in aula senza i due punti di maggiore criticità. 

Questo il comunicato stampa del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua che più di tutti si è battuto per modificare questo decreto.


La mobilitazione dei cittadini promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua per modificare il testo del cosiddetto Decreto del Fare ha iniziato a dare i suoi frutti. La prima versione del decreto avrebbe introdotto un vergognoso sistema di deroghe che avrebbe premiato gli inquinatori più incalliti.
Grazie alla mobilitazione dei movimenti, alle pressioni sui parlamentari, all’iniziativa parlamentare di diversi gruppi che hanno compreso i gravissimi rischi per l’ambiente e all’apertura a modifiche al testo proposto dal Ministro Orlando nelle Commissioni Parlamentari è stato svolto un intenso lavoro per disinnescare le enormi criticità introdotte dal Decreto del fare nella versione approvata dal Governo.
Sono stati prodotti diversi emendamenti che hanno per ora eliminato il passaggio in cui si subordinava l’eliminazione delle fonti di contaminazione al profitto degli inquinatori anche in presenza di rischio sanitario conclamato. Inoltre è stato affrontato l’altro casus belli, quello relativo ai limiti da rispettare: nella versione governativa si richiedeva genericamente solo un’attenuazione della contaminazione e non il rientro in precisi limiti.
Partendo da un testo così infelice che costituiva un vero e proprio regalo agli inquinatori più audaci e spregiudicati si è giunti ad un compromesso per ora accettabile. È doveroso per il Parlamento andare avanti su questa strada senza colpi di coda.
Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua continuerà in queste ore ad esercitare un attenta analisi dell’attività parlamentare e denuncerà eventuali tentativi di sabotaggio alle bonifiche.
In ogni caso un eventuale esito favorevole rappresenterà solo un salvataggio all’ultimo minuto di una situazione che avrebbe fatto cadere in un pozzo inquinato i diritti dei cittadini ad un ambiente salubre.
È necessario che il tema delle bonifiche sia messo al centro dell’agenda politica visto che riguarda presente e futuro di milioni di cittadini e un’occasione per un territorio nazionale degradato che, se risanato, potrà costituire la base per un’economia durevole. Questo sarebbe il “fare” che i cittadini si aspettano. 
Dopo settimane di mobilitazione e pressione istituzionale contro la norma contenuta nel cosiddetto “Decreto del Fare” che avrebbe modificato l’art. 243 del Testo Unico Ambientale del 2006 in materia di Bonifiche delle falde acquifere contaminate introducendo il pericolosissimo principio della opzionalità della bonifica definitiva in base al criterio della sostenibilità economica dell’impresa inquinatrice, il testo è stato emendato nelle commissioni parlamentari competenti cancellando le norme incriminate e ritornerà in aula senza i due punti di maggiore criticità.

Questo il comunicato stampa del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua che più di tutti si è battuto per modificare questo decreto.


La mobilitazione dei cittadini promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua per modificare il testo del cosiddetto Decreto del Fare ha iniziato a dare i suoi frutti. La prima versione del decreto avrebbe introdotto un vergognoso sistema di deroghe che avrebbe premiato gli inquinatori più incalliti.
Grazie alla mobilitazione dei movimenti, alle pressioni sui parlamentari, all’iniziativa parlamentare di diversi gruppi che hanno compreso i gravissimi rischi per l’ambiente e all’apertura a modifiche al testo proposto dal Ministro Orlando nelle Commissioni Parlamentari è stato svolto un intenso lavoro per disinnescare le enormi criticità introdotte dal Decreto del fare nella versione approvata dal Governo.
Sono stati prodotti diversi emendamenti che hanno per ora eliminato il passaggio in cui si subordinava l’eliminazione delle fonti di contaminazione al profitto degli inquinatori anche in presenza di rischio sanitario conclamato. Inoltre è stato affrontato l’altro casus belli, quello relativo ai limiti da rispettare: nella versione governativa si richiedeva genericamente solo un’attenuazione della contaminazione e non il rientro in precisi limiti.
Partendo da un testo così infelice che costituiva un vero e proprio regalo agli inquinatori più audaci e spregiudicati si è giunti ad un compromesso per ora accettabile. È doveroso per il Parlamento andare avanti su questa strada senza colpi di coda.
Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua continuerà in queste ore ad esercitare un attenta analisi dell’attività parlamentare e denuncerà eventuali tentativi di sabotaggio alle bonifiche.
In ogni caso un eventuale esito favorevole rappresenterà solo un salvataggio all’ultimo minuto di una situazione che avrebbe fatto cadere in un pozzo inquinato i diritti dei cittadini ad un ambiente salubre.
È necessario che il tema delle bonifiche sia messo al centro dell’agenda politica visto che riguarda presente e futuro di milioni di cittadini e un’occasione per un territorio nazionale degradato che, se risanato, potrà costituire la base per un’economia durevole. Questo sarebbe il “fare” che i cittadini si aspettano.

Umbria verso Rifiuti Zero

IL NONO PUNTO DELLA STRATEGIA “RIFIUTI ZERO”.

Foto: IL NONO PUNTO DELLA STRATEGIA “RIFIUTI ZERO”. 

“Se un prodotto non ha altri impieghi oltre a quello iniziale, allora non dove essere realizzato.”
Dichiarazione profetica quella di Barry Commoner, biologo, professore alla City University of New York, tra i padri fondatori della filosofia “Rifiuti Zero” che il Berkeley Ecology Center, uno dei principali centri di riconversione dei prodotti industriali degli Stati Uniti, ha scolpito sulla pietra all'entrata del suo stabilimento come se si trattasse dei dieci comandamenti.
In sintesi se un prodotto non può essere ridotto, riusato, riparato, ricostruito, riattato, rivenduto, riciclato o biodegradato, allora dovrà essere ristretto, ridisegnato o rimosso dalla produzione.
Credo che questo sia uno dei punti più importanti di rifiuti zero, infatti la vera riduzione dei rifiuti sta nel concepire processi produttivi che non generano rifiuti e dove i sottoprodotti vengano rimessi in circolazione.
“Se un prodotto non ha altri impieghi oltre a quello iniziale, allora non dove essere realizzato.”
Dichiarazione profetica quella di Barry Commoner, biologo, professore alla City University of New York, tra i padri fondatori della filosofia “Rifiuti Zero” che il Berkeley Ecology Center, uno dei principali centri di riconversione dei prodotti industriali degli Stati Uniti, ha scolpito sulla pietra all'entrata del suo stabilimento come se si trattasse dei dieci comandamenti.
In sintesi se un prodotto non può essere ridotto, riusato, riparato, ricostruito, riattato, rivenduto, riciclato o biodegradato, allora dovrà essere ristretto, ridisegnato o rimosso dalla produzione.
Credo che questo sia uno dei punti più importanti di rifiuti zero, infatti la vera riduzione dei rifiuti sta nel concepire processi produttivi che non generano rifiuti e dove i sottoprodotti vengano rimessi in circolazione.

Umbria verso Rifiuti Zero

IN VACANZA, IL RICICLO DEGLI IMBALLAGGI IN PLASTICA VALE DOPPIO

Foto: IN VACANZA, IL RICICLO DEGLI IMBALLAGGI IN PLASTICA VALE DOPPIO 
6 consigli di Corepla per un ambiente più pulito e per recuperare tanta plastica in più

1. La plastica di per sé non inquina e non rilascia sostanze nocive, ma quando è abbandonata nell'ambiente è brutta a vedersi e può essere mangiata da animali, che la scambiano per cibo. La plastica comunque non ha le gambe, questo è sicuro: per cui se la trovi in mare, sulla spiaggia o sulle scogliere, vuol dire che qualche maleducato ce l'ha lasciata. 
2. Anche in spiaggia puoi fare la raccolta differenziata degli imballaggi in plastica: molti stabilimenti balneari e molte spiagge libere hanno gli appositi contenitori, ma se non li trovi, basta il piccolo sforzo di portarli in paese (sono così leggeri!): lì potrai sicuramente metterli nel posto giusto, visto che la raccolta differenziata degli imballaggi in plastica è attiva nel 95% dei Comuni italiani. Lo stesso, più che mai, vale se sei in barca: portali sempre a riva con te e, nell’era dei telefonini, evita di comunicare con i “messaggi nella bottiglia”! 
3. Ricorda che la raccolta differenziata della plastica riguarda solo gli imballaggi, cioè tutti gli oggetti che servono a contenere, trasportare, proteggere e presentare merci (bottiglie, barattoli, flaconi, sacchetti, buste, pellicole trasparenti, e, da maggio dell’anno scorso, anche piatti e bicchieri monouso, purché ben svuotati dai residui di cibo e bevande). Giocattoli, secchielli, palette, ciabatte, canotti, salvagente, palloni, occhiali, biro, pennarelli e tutto ciò che non è imballaggio non può invece andare nei contenitori della raccolta differenziata. Però quando sono rotti o non servono più, non lasciarli lo stesso dove capita: mettili nel contenitore del rifiuto indifferenziato e non abbandonarli mai nell'ambiente!
 4. Prima di metterli nella raccolta differenziata, cerca di svuotare meglio che puoi gli imballaggi e, se ci riesci, schiacciali (svuota/stappa/schiaccia/ritappa!) per risparmiare spazio. 
5. Non tutti i Comuni fanno la raccolta differenziata nello stesso modo, per cui quando ti trovi a passare le vacanze (anche brevi, magari solo di un giorno) in una località diversa da quella dove vivi normalmente, è probabile che tu non sappia come fare: non esitare allora a chiedere informazioni all'albergatore, al gestore del camping o dello stabilimento balneare, al padrone di casa o direttamente al Comune. Se sono operatori turistici che “ci sanno fare”, sapranno darti tutte le indicazioni utili per non sprecare i tuoi imballaggi in plastica e per conservare pulita e amica dell'ambiente la località in cui loro vivono e lavorano tutto l’anno (è anche nel loro interesse!) 
6. Quando scegli una località dove passare le vacanze o magari solo una bella giornata di mare e sole, guarda quindi anche alla qualità ambientale e alla presenza della raccolta differenziata: spingerai così gli amministratori locali e gli operatori turistici a cercare di migliorarsi per “conquistare” ospiti, cioè clienti. 
6 consigli di Corepla per un ambiente più pulito e per recuperare tanta plastica in più

1. La plastica di per sé non inquina e non rilascia sostanze nocive, ma quando è abbandonata nell'ambiente è brutta a vedersi e può essere mangiata da animali, che la scambiano per cibo. La plastica comunque non ha le gambe, questo è sicuro: per cui se la trovi in mare, sulla spiaggia o sulle scogliere, vuol dire che qualche maleducato ce l'ha lasciata.
2. Anche in spiaggia puoi fare la raccolta differenziata degli imballaggi in plastica: molti stabilimenti balneari e molte spiagge libere hanno gli appositi contenitori, ma se non li trovi, basta il piccolo sforzo di portarli in paese (sono così leggeri!): lì potrai sicuramente metterli nel posto giusto, visto che la raccolta differenziata degli imballaggi in plastica è attiva nel 95% dei Comuni italiani. Lo stesso, più che mai, vale se sei in barca: portali sempre a riva con te e, nell’era dei telefonini, evita di comunicare con i “messaggi nella bottiglia”!
3. Ricorda che la raccolta differenziata della plastica riguarda solo gli imballaggi, cioè tutti gli oggetti che servono a contenere, trasportare, proteggere e presentare merci (bottiglie, barattoli, flaconi, sacchetti, buste, pellicole trasparenti, e, da maggio dell’anno scorso, anche piatti e bicchieri monouso, purché ben svuotati dai residui di cibo e bevande). Giocattoli, secchielli, palette, ciabatte, canotti, salvagente, palloni, occhiali, biro, pennarelli e tutto ciò che non è imballaggio non può invece andare nei contenitori della raccolta differenziata. Però quando sono rotti o non servono più, non lasciarli lo stesso dove capita: mettili nel contenitore del rifiuto indifferenziato e non abbandonarli mai nell'ambiente!
4. Prima di metterli nella raccolta differenziata, cerca di svuotare meglio che puoi gli imballaggi e, se ci riesci, schiacciali (svuota/stappa/schiaccia/ritappa!) per risparmiare spazio.
5. Non tutti i Comuni fanno la raccolta differenziata nello stesso modo, per cui quando ti trovi a passare le vacanze (anche brevi, magari solo di un giorno) in una località diversa da quella dove vivi normalmente, è probabile che tu non sappia come fare: non esitare allora a chiedere informazioni all'albergatore, al gestore del camping o dello stabilimento balneare, al padrone di casa o direttamente al Comune. Se sono operatori turistici che “ci sanno fare”, sapranno darti tutte le indicazioni utili per non sprecare i tuoi imballaggi in plastica e per conservare pulita e amica dell'ambiente la località in cui loro vivono e lavorano tutto l’anno (è anche nel loro interesse!)
6. Quando scegli una località dove passare le vacanze o magari solo una bella giornata di mare e sole, guarda quindi anche alla qualità ambientale e alla presenza della raccolta differenziata: spingerai così gli amministratori locali e gli operatori turistici a cercare di migliorarsi per “conquistare” ospiti, cioè clienti.

Umbria verso Rifiuti Zero

OGM: tolleranza zero - di Giuseppe Altieri



"Protetti dalle Alpi e dal Mediterraneo possiamo fare un bando, mantenere il nostro Paese libero dagli OGM e proporre il modello alternativo dell'agricoltura dei popoli, tradizionale, biologica, a partire dal salvataggio della nostra banca dei semi di Bari e che rischia di perdere oltre 100 mila varietà lì presenti e che devono essere riprodotte. Per difendervi dagli OGM comprate prodotti alimentari biologici coltivati in Italia, guardando molto bene l'etichetta con scritto agricoltura Italia e non UE o non UE, perché se sono biologici e coltivati in Italia dovrebbero essere prodotti 100% liberi da OGM." Giuseppe Altieri
di Giuseppe Altieri, agroecologo
"Da circa 18 anni mi interesso delle problematiche collegate alle OGM e alla agricoltura biologica e da oltre 27 di inquinamento dei pesticidi in agricoltura e quindi della sostituzione con la agricoltura biologica.
Gli OGM in Italia
Gli OGM sono organismi che non esistono in natura, creati in laboratorio modificando il DNA di alcune specie introducendo pezzi di DNA, chiamati costrutti transgenici derivanti da altre specie viventi. Completamente innaturali. Significa creare sostanze incognite imprevedibili e sconosciute dalle conseguenze pericolose per la salute. In Italia gli OGM ancora oggi non sono coltivati, però vengono importati oltre 60 OGM e con un meccanismo di decisione comunitaria che si basa su un vuoto decisionale, perché il Consiglio dei Ministri europei, l'organo deliberante che deve autorizzare gli OGM, non vota mai a maggioranza qualificata.
Gli OGM in Europa
In Europa viviamo in una legislazione particolare, più avanzata rispetto a quella degli Stati Uniti. Gli OGM sono pericolosi, intrinsecamente pericolosi per la salute, e contaminano l'ambiente in modo irreversibile. Non è soltanto la semina che contamina l'ambiente, ma anche l'importazione, perché se noi importiamo 60 OGM per alimentazione di animali o anche esseri umani, la cui innocuità è tutt'altro che dimostrata (ci sono sempre più studi indipendenti che ci dimostrano che gli OGM sono pericolosi) è chiaro che noi non possiamo soltanto vietare la semina del Mais Monsanto MON 810 autorizzata a livello europeo, in realtà un'autorizzazione della Francia. Questa materia infatti viene regolata dal diritto nazionale degli stati membri, perché le costituzioni non sono delegate al trattato europeo per quanto riguarda l'ambiente e la salute. Sulla salute si può applicare il livello di diritto di cautela, superiore a quello che è il diritto europeo. Il singolo stato membro può vietare la coltivazione OGM in base alle norme europee stesse.
La Costituzione ci tutela
Dobbiamo applicare il diritto costituzionale e dire che per il principio di precauzione gli OGM fino a che non è dimostrato che siano innocui non possono essere né coltivati, né importati in Italia. Il Paese con la maggiore biodiversità agricola al livello mondiale deve tutelarsi. Oggi importiamo OGM per fare il Parmigiano Reggiano, e questo è assurdo. La contaminazione irreversibile dell'ambiente avviene anche attraverso le importazioni. Il prodotto contamina l'ambiente in maniera irreversibile attraverso la catena alimentare, perché i residui del DNA modificato attraverso i batteri si trasferiscono ad altre specie viventi, nel terreno, acque, e gli stessi semi importati per essere macinati possono cadere e contaminare l'ambiente. La Costituzione ci tutela: l'articolo 32 tutela la salute, l'articolo 9 tutela l'ambiente.
La sicurezza dei consumatori
La questione riguarda anche la sicurezza dei consumatori. La soglia di tolleranza nei cibi prevede che fino a 9 grammi per chilo di prodotto OGM venga omessa l'etichettatura, un "cavillo di Troia" per poter introdurre gli OGM nel mercato, senza farlo conoscere ai consumatori, ma i consumatori devono avere il diritto di sapere cosa c'è negli alimenti. Tolleranza zero! Un livello superiore di sicurezza rispetto a quello che è il minimo stabilito a livello europeo. Non ci devono poi essere soglie di tolleranza nei confronti di sostanze pericolose per la salute. Ci sono categorie sociali più deboli, i bambini, le donne in cinte, i malati, sottoposti a residui chimici come pesticidi negli alimenti, OGM e tantissime altre sostanze che nel loro insieme hanno un effetto che si chiama "concausa aggravante di pericolo grave per la salute". Quando si mettono più cause di pericolosità per la salute si moltiplicano gli effetti negativi e le categorie più deboli vengono a essere soggette a danni. Questo pone i cittadini in modo diverso nei confronti del principio di uguaglianza costituzionale , cioè le persone più deboli sono vittime e noi non possiamo fare altro che impostare la tolleranza zero, fare un divieto di tutte le importazioni e etichettare qualsiasi presenza di OGM che troviamo negli alimenti.
Tolleranza Zero e referendum consultivo
Oggi il MoVimento 5 Stelle deve chiedere una legge che blocchi importazioni e coltivazioni OGM a partire dall'importazione del Mais Mon 810. Detto questo c'è un passo da fare, un obbligo per direttiva comunitaria di consultare la popolazione: un referendum consultivo perché la scelta sugli OGM è di tipo irreversibile. Non esiste la coesistenza con gli OGM. La presenza di OGM in un territorio preclude la possibilità dell'esistenza di quello che c'era prima, cioè le coltivazioni biologiche o quelle convenzionali naturali. Non è la coltivazione biologica che contamina gli OGM, ma è l'OGM che contamina. Il referendum consultivo è obbligatorio e noi sappiamo che l'80% dei cittadini italiani non ne vogliono sapere né di mangiare né di vedere i campi coltivati con gli OGM. Gli agricoltori potranno tornare a fare agricoltura biologica e sfruttare le politiche comunitarie agro ambientali che oggi finanziano con oltre venticinque miliardi di euro ogni sette anni, più il sostegno al reddito, la riconversione dell'agricoltura verso un modello biologico.
La grande bugia delle multinazionali
Tutto quello che ci raccontano le multinazionali è una grande bugia, cioè è vero l'esatto contrario: loro ci propongono gli OGM per risolvere la fame nel mondo e noi sappiamo invece che, anche se sembra un paradosso, la fame del mondo è dovuta alle eccedenze agroalimentari perché tutti i mercati vengono invasi da prodotti dalla globalizzazione che distrugge l'economia locale dei contadini e quindi la sovranità alimentare dei popoli. Le multinazionali in Brasile hanno deforestato quasi il doppio rispetto ai 5 anni precedenti negli ultimi 5 anni per fare coltivazioni di OGM che stanno intossicando i territori. La Monsanto è stata condannata in Vietnam perché usava lo stesso prodotto che si usava nell'agente Orange, il disseccante con cui deforestano oggi la foresta amazzonica. Nel mondo alleviamo oltre due miliardi di bovini che mangiano come 15 - 20 miliardi di persone, e quindi tutto l'effetto serra, tutto è collegato, è drammaticamente una conseguenza di questa agricoltura industriale, che vede negli OGM il controllo totale, appunto, da parte delle multinazionali, perché controllando il seme controllano tutto.
Come difendersi dagli OGM
Protetti dalle Alpi e dal Mediterraneo possiamo fare un bando, mantenere il nostro Paese libero dagli OGM e proporre il modello alternativo dell'agricoltura dei popoli, tradizionale, biologica, a partire dal salvataggio della nostra Banca dei semi di Bari che rischia di perdere oltre 100 mila varietà lì presenti e che devono essere riprodotte.
Per difendervi dagli OGM comprate prodotti alimentari biologici coltivati in Italia, guardando molto bene l'etichetta con scritto agricoltura Italia e non UE o non UE, perché se sono biologici e coltivati in Italia dovrebbero essere prodotti 100% liberi da OGM.
Dai dati ufficiali della organizzazione mondiale della sanità risulta che l'Italia è il Paese con il maggiore tasso di tumori infantili fino a 14 anni, e abbiamo addirittura il doppio di quelli neo natali rispetto all'Unione Europea. Un Paese dove l'aspettativa di vita sana praticamente si è ridotta di 10 anni negli ultimi 10 anni circa. Dobbiamo portare tutte le forze interessate in una grande convergenza di interessi, cioè puntare a questi finanziamenti europei per riconvertire la nostra agricoltura e lavorare affinché i consorzi agrari vendano prodotti per agricoltura biologica e siano tutti più ricchi: coloro che vengono i mezzi tecnici, gli agricoltori e i consumatori che non si ammaleranno.
Passate parola, affinché possiamo organizzare appunto questo referendum finalmente contro gli OGM nel nostro Paese.

fonte: www.beppegrillo.it