Idrogeno pulito e batterie più efficienti in arrivo da Stanford


I ricercatori della Stanford University hanno messo a punto due nuove tecnologie che promettono di rivoluzionare l’industria dei carburanti e lo stoccaggio dell’energia. Nel primo studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, viene descritto un nuovo metodo per produrre idrogeno sfruttando la luce solare. Il nuovo approccio sfrutta il vanadato di bismuto per realizzare una cella solare che non si corrode quando viene esposta all’ossigeno.
L’elettrodo alimentato da energia solare immerso nell’acqua genera una corrente elettrica capace di separare l’idrogeno e l’ossigeno senza generare emissioni di CO2, come avviene invece in altri processi produttivi che sfruttano il gas naturale. Il vanadato di bismuto è un materiale più economico dell’iridio e di altri materiali preziosi utilizzati per rivestire la cella solare al silicio per impedirne la corrosione.
Il materiale è stabile e riesce ad assorbire la luce solare, ma non ha una buona conduttività perché per trasportare la corrente occorre realizzare celle solari trasparenti più sottili di 200 nanometri. In questo modo la luce solare passa attraverso la cella trasparente.
Per risolvere il problema il team coordinato dal professor Cui ha realizzato una struttura microscopica composta da migliaia di nanoconi in silicio in grado di catturare la luce solare, alti ciascuno 600 nanometri. La struttura è stata posta sul film sottile di vanadato di bismuto. I due strati sono stati posizionati sulla cella solare in perovskite. Il risultato è un dispositivo tandem a tre strati che riesce a convertire la luce solare in idrogeno a un tasso di efficienza del 6,2% e mantiene un ottimo grado di stabilità.
Il secondo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, descrive un nuovo design per le batterie ricaricabili allo zinco e al nichel che faciliterà lo stoccaggio a basso costo dell’energia solare ed eolica.
Questa tipologia di batterie presenta difficoltà durante la ricarica per via della formazione di dendriti, minuscole fibre che si accumulano sull’elettrodo di zinco e raggiungono l’elettrodo in nichel causando cortocircuiti. Il team di ricercatori ha risolto il problema separando i due elettrodi con un isolatore in plastica e circondando gli angoli dell’elettrodo in zinco con un isolatore in carbonio.
In questo modo gli ioni di zinco si riducono e si depositano lontano dall’elettrodo in nichel senza causare cortocircuiti. La batteria ha resistito a oltre 800 cicli completi di ricarica senza mostrare segni di instabilità. Il design è molto semplice e potrà essere applicato a diversi tipi di batterie in metallo.

fonte: http://www.greenstyle.it/