Asian Pulp&Paper, il più grande produttore di carta al mondo, è
passato da essere uno dei principali responsabili della deforestazione
in Asia ad una corporation con una politica no-deforestazione. Ora deve
iniziare a riforestare per compensare quanto fatto fino ad oggi
In Indonesia oltre 11 milioni di ettari di foresta sono stati
sottratti per coltivare palma da olio, altri 3,5 per la carta. Una
superficie pari all’Inghilterra. Una parte consistente è controllata dal
colosso della carta Asian Pulp & Paper, noto comunemente come APP.
Per consistente si intende oltre l’1% della superficie dell’intera
Indonesia.
Volando sopra Pekambaru, sonnolenta città dell’isola Sumatra dove APP
ha la più grande cartiera della regione, Indah Kiat, la vastità di
queste operazioni è subito evidente.
Eppure qualcosa è cambiato rispetto agli anni passati, quando i
mega-incendi di Sumatra soffocavano Singapore e Kuala Lumpur, in una
foschia tossica derivata da migliaia di ettari andati in fumo.
Nel 2013 la dirigenza di Asian Pulp & Paper, che fa a capo della
potente famiglia sino-indonesiana Sinarmas, nel 2013 decide di cambiare
completamente rotta: fermare la deforestazione e massimizzare la
produttività dei campi esistenti, minimizzando le emissioni per unità di
produzione. Un piano immenso, ma non impossibile. Ragioni commerciali,
certo. APP era stata bandita da colossi come Unilever, Nestlè e Staples,
dopo una serie di campagne negati di Greenpeace. La più famosa di
tutte? quella con Barbie con la motosega, con tanto di Ken che la
mollava in tronco, dichiarando di non amare più Barbie deforestatrice.
La colpa? Mattel usava per il packaging di Barbie carta prodotta da
APP.
«La strategia zero deforestazione si basa su tre punti», spiega a La Stampa
Aida Greenbury, direttrice sostenibilità APP. «Proteggere la foresta
primaria; gestire le torbiere per ridurre le emissioni di gas serra e
proteggere l’habitat naturale; coinvolgere le comunità locali con nuove
pratiche agroforestali alternative allo slash ‘n’ burn (la
pratica di deforestare con il fuoco) Il tutto coinvolgendo sempre, con
il supporto di nostro personale, le comunità , risolvendo i conflitti e
gestendo i reclami». Costo del progetto? 200 milioni di dollari.
A certificare i risultati ci pensano Greenpeace (da sempre ostile a
APP), WWF, Rainforestorest Alliance e TFT - Forest Trust. Le motoseghe
si sono fermate e nemmeno un metro quadro di foresta vergine è stato
toccato ufficialmente. Oltre 1 milione di ettari di foresta sarà
ripiantato nei prossimi anni.
Intanto le vendite tornano a crescere. Per recuperare gli
investimenti l’azienda presto parteciperà agli schemi ONU REDD+ per la
lotta alla deforestazione. E punta a riconquistare anche l’Italia ora
che ha messo la sostenibilità al primo posto.
Intanto si sviluppano progetti di tutela del territorio, circa il 30%
del totale delle proprietà di APP. Una parte viene data alle
popolazioni locali per fare progetti di agricoltura nella foresta, per
minimizzare l’espansione dei campi attraverso la deforestazione. Mango,
papaya e altra frutta. Che in futuro porrebbe essere integrata nei
filari di eucalipti e acacie, minimizzando l’uso del suolo e aumentando
la capacità di assorbimento di CO2.
Il fuoco rimane il problema numero uno, che sia spontaneo o usato da
agricoltori locali. «Avendo optato per la deforestazione zero ogni
incendio è una perdita economica per APP e un impatto ambientale
negativo», spiega Asri A Putri, giovane rappresentante della compagnia.
Nei pressi della cartiera di Indah Kiat, si sale sulla cima di una
torretta di avvistamento, da poco costruita. «Ce ne sono una ogni dodici
chilometri di raggio, con guardiani che notte e giorno osservano il
territorio, pronti ad avvisare i pompieri», spiega Putri.
Molto esposte agli incendi sono le torbiere, zone paludose ad elevato
tasso carbonico, dovuta alla decomposizione di animali e piante. «Le
torbiere sono un potente carbon sink,
permettono cioè di assorbire molta CO2. Per questo vogliamo dismettere
dalle coltivazioni circa 7000 ettari per potenziare la capacità di
resilienza» continua Putri. «Dovrebbero dedicare molto più spazio», dice
Sergio Baffoni, Environmental Paper Network, una rete che mette insieme
molteplici associazioni ambientaliste: «Questa superficie è solo 1-2%
del totale. La protezione delle torbiere è fondamentale per controllare
gli incendi».
Non mancano i problemi e gli errori, essendo un territorio immenso
quello da controllare. Per cercare di garantire la trasparenza è stato
realizzato il sito Fcpmonitoring.com, dove le popolazioni locali o le
ong possono presentare reclami e segnalazioni. «Dopo vent’anni di danni
risultati dalle sue attività, APP dovrebbe fare di più per controllare
le foreste protette, minacciate da agenti esterni», continua Baffoni.
La sfida ora per APP è potenziare sempre più la produzione per
ettaro, con semi selezionati, rotazioni intelligenti, agricoltura
integrata, aumentando sempre più la quota di foreste protette. Molta
biodiversità è persa per sempre e non basteranno corridoi ecologici a
restituire lo splendore delle foreste indonesiane e il loro ruolo di
polmone della terra. Purtroppo l’Indonesia ha perso il treno per
tutelare realmente il ruolo delle foreste e dei suoi abitanti, siano
popolazioni indigene che animali. Ma almeno il tentativo di provare a
conservarne una parte non passa inosservato. Vale dire: meglio tardi che
mai.
fonte: www.lastampa.it