Situazione discariche - da Laura Agea - Europarlamentare M5S

 
Con sentenza del 2 dicembre 2014 la Repubblica italiana è stata condannata dalla Corte di Giustizia Europea a pagare una penalità semestrale di 42,8 milioni di euro, oltre ad una somma forfettaria di 40 milioni di euro, in quanto il nostro Paese non ha adottato le misure necessarie a rispettare gli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti pericolosi e delle discariche fissati dall’Ordinamento europeo e ribaditi in una precedente condanna, sempre dello Stato italiano, risalente al 2007.
La causa è stata promossa dalla Commissione europea perché, come si legge nella sentenza, alla luce degli elementi trasmessi dalla Repubblica italiana, la Commissione ha ritenuto che detto Stato membro non avesse ancora adottato tutti i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), in quanto sul territorio di 18 delle 20 Regioni italiane esistono 218 discariche non conformi agli articoli 4 e 8 della direttiva 75/445 (ndr. tali articoli prevedono che gli Stati membri sono tenuti ad accertarsi che il detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni di smaltimento o di recupero di rifiuti, oppure che provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni della direttiva). In secondo luogo, dall’esistenza di tali 218 discariche abusive la Commissione ha desunto che inevitabilmente esistevano discariche in esercizio prive di autorizzazione, in violazione dell’articolo 9 della stessa direttiva. In terzo luogo, la Commissione ha osservato che 16 di tali 218 discariche non conformi contenevano rifiuti pericolosi senza che fossero rispettate le prescrizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 91/689.
Lo Stato italiano si è difeso sollevando sterili eccezionipuntualmente respinte dalla Corte di Giustizia. Una di queste eccezioni è rappresentata da un cavillo assolutamente paradossale,infatti, la Repubblica italiana ha contestato la ricevibilità del ricorso sostenendo che le fonti di informazione sulle quali la Commissione si è basata, tra le quali le stesse dichiarazioni fatte dallo Stato italiano nel corso di incontri informali con la Commissione stessa, non avevano nessun valore probatorio. Come dire: quello che il Governo italiano ha raccontato all’Europa sulle discariche non vale un fico secco!
Altro elemento degno di nota è rappresentato dal fatto che i Giudici hanno chiesto alla Repubblica italiana e alla Commissione di fornire, entro il 16 maggio 2014, informazioni aggiornate sia sulle vecchie discariche, sia sulle nuove discariche menzionate dalle parti nei rispettivi atti di causa, quindi, la grave situazione fotografata dalla sentenza è pericolosamente attuale.
Sempre scorrendo la sentenza si legge che“la Corte ha avuto l’occasione di giudicare, da un lato, che un degrado dell’ambiente è intrinseco alla presenza di rifiuti in una discarica, a prescindere dalla natura dei rifiuti di cui trattasi, e, dall’altro, che la mera chiusura di una discarica o la copertura dei rifiuti con terra o detriti non è sufficiente per adempiere agli obblighi derivanti in particolare dall’articolo 4 della direttiva 75/442 e che … i sopralluoghi e le ispezioni delle discariche abusive effettuati dalle autorità italiane e i conseguenti rapporti attestano la piena consapevolezza da parte della Repubblica italiana della minaccia che detti rifiuti costituiscono per la salute dell’uomo e per l’ambiente… Detto Stato membro non può dunque affermare di non essere stato al corrente che la completa esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) comportasse altresì l’adozione di misure relative alla bonifica delle discariche in questione.
Alla luce delle predette premesse, i Giudici di Lussemburgo hannostatuito che è pacifico che, in certi siti, lavori di bonifica erano ancora in corso o non erano stati iniziati alla scadenza dei termini fissati dalla Commissione europea e che per altri siti, la Repubblica italiana non ha fornito alcuna indicazione utile a determinare la data in cui le operazioni di bonifica sarebbero state eventualmente attuate.
Ulteriormente, la Corte di Giustizia ha accertato la violazione delle norme europee sullo smaltimento ed il recupero dei rifiuti pericolosi, attività che debbono essere oggetto di una sorveglianza la più completa possibilesul punto, la sentenza è chiarissima: la Repubblica italiana continuava a non assicurare il rispetto dell’obbligo derivante da detta disposizione.
Le conclusioni dei Giudici europei sono agghiaccianti: “In considerazione di quanto precede, si deve constatare che numerose discariche ubicate nella quasi totalità delle Regioni italiane non sono ancora state adeguate alle disposizioni in questione e che, pertanto, l’inadempimento addebitato alla Repubblica italiana perdura al momento dell’esame dei fatti di causa da parte della Corte”.

Laura Agea
Europarlamentare M5S