Dopo tre anni di flessione, la quantità di
rifiuti urbani prodotti in Italia è tornata, seppur lievemente, a
crescere. Secondo il Rapporto rifiuti urbani a cura dell’ISPRA, infatti, lo scorso anno è stata (di nuovo) raggiunta quota 29,6 milioni di tonnellate,
più 0,28% rispetto al 2013 -anno in cui fu registrato il dato più basso
degli ultimi tredici-. E se il picco del 2010 sembra comunque distante
(32,4 milioni di tonnellate), ciascun abitante del Paese ha in
ogni caso portato in dote, nell’ultimo anno analizzato, qualcosa come
487,8 chilogrammi di rifiuti. Nel caso di un emiliano-romagnolo -che vive nella seconda Regione d’Italia per numero di inceneritori presenti (8 su 44)-, i chilogrammi crescono fino a 635,8,
il massimo. Una parte dei rifiuti prodotti (321mila tonnellate) è stata
anche esportata all’estero, principalmente in Austria, mentre alla voce
“importazioni” (203mila tonnellate), ha primeggiato la “fonte”
Svizzera.
Il professor Enzo Favoino lavora presso il centro di ricerca della Scuola Agraria del Parco di Monza.
“Si tratta di un 'rimbalzo' che, nelle sue dimensioni contenute (e
sostanzialmente nei margini delle oscillazioni statistiche), poteva
anche essere attendibile -spiega a proposito della leggera crescita
della produzione annua- ma la direzione è chiara, ed è quella del
progressivo disaccoppiamento tra crescita economica e produzione di
rifiuti, grazie a misure di prevenzione, di incentivi e di mutazione dei
supporti di fruizione di contenuti”.
La macroarea che ha determinato l’inversione di rotta in aumento
della produzione annua di rifiuti è stata, a differenza del Centro e del
Sud, il Nord Italia: più 188mila tonnellate in un anno.
Quella stessa zona dove, pur in presenza della prestazione in termini
di raccolta differenziata più rilevante (56,7% nel 2014), ricade la
stragrande maggioranza degli impianti di incenerimento dei rifiuti del Paese -29 dei 44 esistenti al 2014-.
Prendendo tra le mani un calendario, ci si rende conto come l’obiettivo della raccolta differenziata nazionale al 65% entro il 2012 (d.lgs. n. 152/2006 e l. 27 dicembre 2006, n. 296) risulti ancora, nel suo complesso, remoto. Nel 2014, del resto, l’Italia si è fermata al 45,2%,
che corrisponde all’obiettivo originariamente fissato per il 2008. È
interessante confrontare questo dato con il crescente ricorso agli
impianti di incenerimento di questi ultimi dieci anni, nonostante, come
detto, il progressivo calo della produzione. Nel 2005, l’Italia ha
prodotto 31,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. Nove anni dopo,
29,6 milioni, con un calo di poco più del 6%. Nello stesso periodo, al
contrario, il “peso” dei rifiuti inceneriti è cresciuto del 34,8%, da 3,8 milioni a 5,1 milioni di tonnellate. Anche se ciò va considerato con il sensibile decremento del ricorso alle discariche (-39%).
fonte: www.altreconomia.it
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