Il
testo unico sull’amianto annunciato dal Governo tarda ad arrivare. E
intanto in Italia, tra smaltimenti al rilento e illeciti ambientali,
4mila persone muoiono ogni anno per patologie correlate all’asbesto
In Italia l’amianto
è fuori legge dal 1992. Ma a 24 anni dalla messa al bando l’asbesto
continua a colpire, allungando la lista delle vittime con numeri che
hanno superato abbondantemente le cinque cifre. Nel nostro Paese si
contano 4mila decessi l’anno per malattie correlate all’esposizione alle fibre di questo minerale che, nel tempo, si è guadagnato la triste fama di “killer silenzioso”: dall’esposizione alla patologia conclamata (mesotelioma e carcinoma polmonare) può passare anche un periodo di incubazione di 30 anni.
L’eredità del passato
Perché di amianto si muore ancora? Perché – tempi della malattia a parte – è ancora troppo diffuso e i programmi di smaltimento presentano diversi nodi da sciogliere.
Per capire si deve partire dal passato:
dal 1880, data in cui ha avuto inizio l’estrazione per scopi
industriali, fino al 1992, data della messa al bando, la produzione
italiana di amianto ha registrato un incremento vertiginoso, passando da
poche centinaia di tonnellate, a oltre cinque milioni di tonnellate l’anno.
L’Amiantifera di Balangero, in provincia di Torino, ha rappresentato fino al 1990 la più grande miniera in attività d’Europa e una delle prime nel mondo.
E sebbene le prime ricerche a dimostrare i danni dell’asbesto sulla salute umane risalgano agli anni sessanta, si è continuato a produrre manufatti sino al 1986, con le ormai note conseguenze sulla salute
di quanti in quegli anni hanno lavorato, o in alcuni casi semplicemente
abitato in prossimità, agli stabilimenti di Eternit e Fibronit.
La mappa incompleta dell’amianto in Italia
Dal passato al presente, i dati non sono
più confortanti: le stime (per difetto) di CNR-Inail parlano di ben 32
milioni di tonnellate presenti nel territorio sotto varie forme. Il
Programma nazionale di bonifica dei Siti di Interesse Nazionale conta 75mila ettari di territorio in cui è accertata la presenza di materiale in cemento amianto, e il Ministero dell’Ambiente riporta oltre 44mila siti contenenti amianto di cui 2.236 bonificati e 41.350 ancora da bonificare.
Peccato che le stime non siano complete:
solo dieci regioni hanno concluso il censimento e la mappatura dei siti
contaminati, la Calabria non ha mai inviato il report annuale e altre
cinque regioni (Marche, Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata) non hanno
fornito i dati del 2014.
Tra ritardi e illeciti
Ad un’informazione a singhiozzo si aggiunge il fattore illegalità sia nello smaltimento che nell’import.
In Italia sono solo 24 gli impianti autorizzati (Marzo
2015) a ricevere materiale contenente amianto distribuiti in solo 11
Regioni (Sardegna, Piemonte, Toscana, Emilia, Lombardia e Basilicata,
Abruzzo, Friuli, Liguria, Puglia e la Provincia autonoma di Bolzano) ma
con volumetrie a disposizione sempre in constante calo e costi di
smaltimento elevatissimi. Un elemento che favorisce la diffusione di
pratiche illecite.
Come spiega oggi, in occasione della Giornata mondiale delle vittime dell’amianto, Alberto Zolezzi, deputato M5S in Commissione Ambiente e in Commissione ecomafie “l’amianto è smaltito illegalmente e finisce addirittura impastato nelle rocce di scavo,
diventando manto stradale; sulla carta ci sono tonnellate di amianto
che vengono smaltite nelle discariche in Germania ma come con la
commissione rifiuti abbiamo appurato, non c’è traccia di sversamento
laddove indicato dai documenti”.
Come se non bastasse l’Italia appare tra i primi importatori di asbesto dall’India:
tra il 2011 e il 2012 abbiamo importato 1040 tonnellate di fibre
d’asbesto per un importo di circa 26mila euro (dati dell’Indian Minerals
Yearbook).
Che fine ha fatto il testo unico sull’amianto?
E ancora, il governo aveva annunciato un testo unico sull’amianto che accorpasse la normativa in materia, oggi competenza delle Regioni e di vari Ministeri, di cui però, ricorda Zolezzi, “ancora non c’è traccia”.
I primi passi avanti si sono compiuti con la legge di stabilità del 2015
con cui sono state messe in campo risorse pari a 45 milioni
all’anno (dal 2015 al 2017) per la bonifica dei siti industriali più
critici, e con il collegato ambientale che prevede ulteriori agevolazioni per la rimozione delle coperture in cemento amianto.
Ma si tratta di strumenti ancora insufficienti, chiarisce il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti. “Chiediamo
al Governo un impegno ancora maggiore sul tema dell’amianto su scala
nazionale, per avviare da subito le bonifiche di tutti i siti
industriali e la rimozione dell’amianto dagli edifici e dalle strutture
ancora contaminate – a partire dai circa 400 siti individuati come
prioritari tra cui scuole ed edifici pubblici – rendendo così operativo
quanto previsto nel piano nazionale amianto presentato nel 2013 ma ancora fermo”.
fonte: www.rinnovabili.it