Quando si parla di auto elettrica, il primo pensiero va alla Norvegia.
E Per diverse ragioni. È è uno dei paesi che più di tutti al mondo sta
puntando sui veicoli a zero emissioni e, di conseguenza, le sue
politiche in tema di mobilità sostenibile vanno esaminate con
attenzione.
Di recente è circolata la notizia che la Norvegia vorrebbe bandire la vendita di auto “convenzionali” (cioè con motori a combustione interna) dal 2025, ma poi si è capito che si trattava di una bufala, almeno in parte.
Nessun divieto, ha chiarito il ministro norvegese dell’Ambiente, Vidar
Helgesen, ma un’azione decisa per scoraggiare sempre di più l’acquisto
di vetture a benzina e gasolio.
L’esempio della Norvegia
Il paese scandinavo ha provato a lanciare una transizione energetica su vasta scala in campo automobilistico. Dai combustibili fossili alle batterie, con una serie di sussidi e agevolazioni fiscali per chi sceglie una vettura a zero emissioni al posto di una tradizionale.
Così
la Norvegia è prima sulla scena internazionale in quanto a diffusione
dei mezzi ecologici in proporzione al mercato complessivo, con il 20-30% delle immatricolazioni mensili
riferite a veicoli totalmente elettrici o ibridi plug-in. Quasi un’auto
nuova su quattro, insomma, fa il pieno “alla spina”, anziché alla pompa
di benzina.
E sempre la Norvegia è
una delle pochissime nazioni, solo sette in tutto, dove la quota di
mercato dell’elettrico è superiore all’uno per cento: troviamo anche
Olanda (intorno al 10% delle immatricolazioni) e poi Danimarca, Francia,
Gran Bretagna, Svezia e Cina (si veda grafico sotto, fonte IEA).
Il mercato e gli incentivi nel mondo
In
termini assoluti, però, le vendite maggiori finora si sono viste negli
Stati Uniti (circa 400.000 auto elettriche in circolazione alla fine del
2015), in Cina e Giappone. Tanto che lo scorso anno, come evidenzia il
nuovo rapporto della IEA, "Global EV Outlook 2016" (in allegato
in basso), per la prima volta lo stock mondiale di vetture alimentate
in tutto o in parte dalle batterie ha superato il milione di unità (vedi
grafico).
La Cina,
proprio nel 2015, è riuscita a sorpassare gli Stati Uniti per vendite
totali di veicoli elettrici, oltre 200.000, meritando così il gradino
più alto del podio in questa classifica. Certo siamo ancora molto
lontani dai numeri che servirebbero per parlare di una penetrazione
massiccia sul mercato, cioè quel miliardo di auto elettriche auspicato dalla IEA entro il 2050, che secondo l’agenzia darebbe un buon contributo alla riduzione planetaria delle emissioni di CO2.
Le politiche
La tabella qui sotto fa un riepilogo delle diverse tipologie di incentivo operative nei vari Paesi:Norvegia e Olanda, spiega la IEA nel suo studio, hanno messo in campo delle politiche particolarmente aggressive per sostenere questo “fuel-switching”, cioè cambio di paradigma nella mobilità privata. Si va dalle riduzioni sulla tassa di circolazione all’esenzione Iva, passando per diversi vantaggi che potremmo definire “di contorno”, ma che sono altrettanto appetibili per gli automobilisti verdi.
Pedaggi gratuiti o scontati su autostrade e traghetti, possibilità di transitare nelle corsie preferenziali degli autobus e di parcheggiare nei centri urbani senza pagare la sosta.
In alcune zone della Norvegia, inoltre, esistono degli sconti sulle forniture di energia elettrica
utilizzata per la ricarica delle batterie. Altre misure, variamente
adottate dai principali paesi impegnati sul fronte dei trasporti
ecologici, comprendono l’esenzione della tassa di registro, crediti
d’imposta (Stati Uniti e Gran Bretagna), accesso alle zone a traffico
limitato (Francia, Germania, Olanda e Cina).
L’Italia prova a recuperare?
Come
si sta comportando l’Italia? L’unico beneficio riconosciuto a livello
nazionale è l’esenzione totale o parziale del bollo, anche se con delle
differenze da una regione all’altra; per il resto, manca completamente una strategia governativa per promuovere l’auto elettrica nello Stivale.
Un’occasione poteva essere rappresentata dai rEVolution Electric Drive Days che si sono tenuti a Lainate alla fine di maggio, ma a firmare la cosiddetta Carta di Arese
(vedi allegato) sono stati solo Enel, A2A, Hera e Class Onlus, cioè i
soggetti promotori del documento che si prefigge di sviluppare la
mobilità a zero emissioni nel nostro paese.
Le linee-guida
si dividono in quattro categorie: agevolare l’acquisto dei veicoli
elettrici, favorire l’installazione delle colonnine di ricarica nei
luoghi pubblici, coordinare le singole iniziative sul territorio
nazionale per creare un’infrastruttura unitaria, risolvere i principali
nodi scoperti con leggi e disposizioni.
Le misure previste
Da un lato, quindi, occorre predisporre un sistema d’incentivi, che potrebbero essere finanziati con un meccanismo bonus-malus che
colpisca le auto più vecchie e inquinanti e avvantaggi quelle più
efficienti e con emissioni ridotte di CO2. Ad esempio: Iva agevolata al
10%, detrazioni fiscali e super ammortamento per le flotte aziendali,
tariffe scontate per l’energia elettrica impiegata per rifornire i
veicoli.
Dall’altro lato, bisogna unificare e velocizzare tutte le procedure tecniche e amministrative
per installare le infrastrutture di ricarica. È impensabile procedere
sulla falsariga di quanto visto finora, con sperimentazioni sparse in
tutto lo Stivale, ognuna con il suo operatore/distributore di energia di
riferimento e senza regole condivise con progetti analoghi condotti in
altre città.
Gli automobilisti
elettrici, tra le altre cose, chiedono di poter attaccare i loro veicoli
a qualunque colonnina utilizzando una sola carta di accesso. Standard omogenei e interoperabilità delle
colonnine al primo posto, dunque, nell’ambito di una politica fiscale
che renda appetibile l’acquisto delle vetture a zero emissioni.
Affrontando anche altri nodi tecnologici: ad esempio, la comunicazione
bidirezionale batteria-rete (vehicle-to-grid) per ottimizzare tempi e costi di ricarica secondo la disponibilità di energia, e lo smaltimento delle batterie a fine vita.
fonte: www.qualenergia.it