Certo, il paesaggio, una delle ricchezze più straordinarie dell’angolo di mondo in cui viviamo, va strenuamente difeso dalle mire predatorie di chi pensa solo ad accumulare profitti e dalle deturpazioni che non cessano di minacciarlo. Siamo certi, tuttavia, che per una tutela efficace ci sia proprio bisogno di un Piano? Lo scorso anno solo la Toscana e la Puglia, tra le venti regioni italiane, hanno completato e presentato i loro, eppure i Piani territoriali sono del tutto indispensabili a comprenderlo, ad analizzarlo e leggerlo in profondità, il paesaggio. Che non è una rappresentazione modellistica e non si può rinchiudere negli spazi di un museo ma vive nella nostra epoca, esposto ai venti della storia del mondo. La tutela di un paesaggio comincia e non si esaurisce nel vincolo. La pianificazione del paesaggio può diventare in Italia una fertile officina in cui scoprire come le dinamiche del mercato possono essere piegate e impiegate in un disegno in cui torna a primeggiare l’umana progettualità
Lo scorso anno qualcosa si è mosso sul piano dell’intervento
pubblico a favore della cura e della pianificazione del paesaggio. La
regione Puglia e la regione Toscana, uniche fra le 20 regioni, hanno
completato e presentato con successo, al Ministero dei Beni Culturali, i
loro Piani paesaggistici e territoriali. Si
tratta della prima realizzazione di una politica inaugurata dal Codice
dei beni culturali e del paesaggio (2004) che trova una integrazione
legislativa e soprattutto culturale nella Convenzione Europea del
Paesaggio, adottata a Firenze nel 2000 ed entrata in vigore nel 2004. Si tratta di due architetture di norme ben pensate,
che tendono a tutelare – come fa soprattutto la Convenzione europea –
anche i paesaggi tradizionali di non particolare pregio, in cui si
svolge la vita quotidiani dei cittadini.
Ma si tratta per lo più di norme, sforzo di una progettualità avanzata, prive
di supporti economici adeguati, di cogenza giuridica e di impulso
economico, soprattutto svincolate dalle politiche generali dell’Unione.
Basti pensare che nei programmi della Commissione Europea, in tutte le
sue numerose aree di intervento, il tema paesaggio non compare mai.
Mentre le politiche agricole comunitarie, appaiono del tutto scollegate
dalle dinamiche di tutela e pianificazione dei paesaggi rurali, che
tanto peso hanno nel profilo identitario del paesaggio italiano ed
europeo.
Su questi temi e soprattutto sulle strategie che hanno ispirato l’elaborazione del piano paesaggistico della Toscana, ritorna ora un prezioso volume, destinato a costituire un punto di riferimento imprescindibile per tutti i futuri interventi sul paesaggio, in Italia come negli altri paesi. Si tratta del testo, a cura di Anna Marson, che è stata assessore all’Urbanistica e pianificazione territoriale nella precedente giunta della regione Toscana, e ha avuto un ruolo fondamentale per la sua approvazione: La struttura del paesaggio. Una sperimentazione multidisciplinare per il piano della Toscana, Prefazione di Enrico Rossi, Laterza, 2016, €34.
Su questi temi e soprattutto sulle strategie che hanno ispirato l’elaborazione del piano paesaggistico della Toscana, ritorna ora un prezioso volume, destinato a costituire un punto di riferimento imprescindibile per tutti i futuri interventi sul paesaggio, in Italia come negli altri paesi. Si tratta del testo, a cura di Anna Marson, che è stata assessore all’Urbanistica e pianificazione territoriale nella precedente giunta della regione Toscana, e ha avuto un ruolo fondamentale per la sua approvazione: La struttura del paesaggio. Una sperimentazione multidisciplinare per il piano della Toscana, Prefazione di Enrico Rossi, Laterza, 2016, €34.
La Marson svolge una riflessione a tutto campo sui problemi del paesaggio,
racconta brevemente come ha lavorato la Regione per la realizzazione
del Piano – che ha scelto di ricorrere agli esperti delle sue Università
e di restare nell’ambito delle competenze pubbliche – e soprattutto
fornisce una sintesi molto rapida dei temi dei vari saggi che compongono
il libro. A scorrere le 287 pagine del grosso volume laterziano non si
può non rimanere impressionati dalla profondità specialistica (qualche
volta perfino ostica per il comune lettore) dei temi affrontati: dai
problemi di metodo interpretativo, a quelli degli equilibri
geomorfologici del territorio, dalla funzione ecologica dei paesaggi e
della loro “rete “ ragionale, al valore patrimoniale del policentrismo
toscano, dai “morfotipi agroambientali”, cioè le molteplici forme dei
paesaggi agrari tipici, ai temi della tutela e dei vincoli.
Ma ugualmente impressionati si rimane nello scorrere i tanti nomi
degli studiosi, esperti di varie discipline che hanno scritto i saggi e
operato spesso nella realizzazione dello stesso Piano. Da Alberto
Magnaghi – che ha avuto un ruolo rilevante nella realizzazione, insieme
ad Angela Barbanente, nella realizzazione del Piano paesaggistico della
Puglia – a Salvatore Settis, da Paolo Baldeschi a Leonardo Rombai, da
Ilaria Agostini a Daniela Poli, solo per citarne alcuni. Si tratta di un
gruppo intellettuale e di esperti che riflette, malgrado tutto
(malgrado i colpi subiti negli ultimi anni) la capacità di un territorio
come quello toscano, di darsi e di organizzare delle competenze
all’altezza della sua storia.
Non è qui possibile dar conto neppure per cenni di questo ventaglio
tematico a più mani, che si presenta come un insieme di laboratori, a
un tempo teorici e di sperimentazione sul campo, ricchissimo di
esperienze e di idee per i pianificatori che vorranno cimentarsi in
quest’ambito. Ma la rilevanza
teorica e culturale di tutto il libro – messa ben al centro dalla Marson
e che trova riflessioni specifiche nel saggio di Settis – è tutta nella
idea di Piano.
Un piano per
il paesaggio? Ma il paesaggio esiste già, si tratta solo di
proteggerlo, di conservarlo. A che serve un piano? Domande retoriche,
ovviamente. Intanto serve per
comprendere il paesaggio medesimo, che costituisce un complesso sistema
inserito in un territorio con le sue caratteristiche morfologiche
primarie, che è stato elaborato dalle comunità umane in epoche diverse,
con tecnologie e culture in evoluzione, adattandosi a domande economiche
e sociali mutevoli, creando correlazioni tra gli abitati e i luoghi
della produzione, tra economia e bellezza.
Si deve analizzare il paesaggio, con i saperi molteplici che si
hanno a disposizione, mobilitando più discipline, non solo per imparare a
leggerlo, per apprezzarlo e amarlo più profondamente, ma per poterlo
anche tutelare adeguatamente. Ma la
tutela – è questo il messaggio centrale, culturale e politico del libro
– non si esaurisce nel vincolo. Il Paesaggio non è un presepe, non si può rinchiudere negli spazi protetti di un museo, vive nella nostra epoca, esposto ai venti della storia mondiale.
Il piano è indispensabile per una tutela attiva del paesaggio, per mettere insieme, come dice la Marson, «il riconoscimento delle regole di lunga durata con la possibilità di garantirne la riproduzione».
La conoscenza storica consente di ricostruire geneticamente le modalità
di formazione del paesaggio, delle economie e delle culture che l’hanno
generato e plasmato e quindi offre gli strumenti attivi per intervenire
e farlo vivere, dargli continuità nelle condizioni attuali, proiettarlo
nelle dinamiche del futuro. La pianificazione del paesaggio può
diventare in Italia una fertile officina in cui scoprire come le
dinamiche del mercato possono essere piegate e impiegate in un disegno
in cui torna a primeggiare l’umana progettualità.
Piero Bevilacqua
fonte: http://comune-info.net