Enel: invece di rispondere sui contenuti vuole di nuovo censurarci

Enel torna a minacciarci legalmente con una diffida e annuncia nuove azioni in sede civile e penale. Il motivo, questa volta, è "Uno al giorno" , il cortometraggio lanciato ieri che denuncia gli impatti sanitari della produzione elettrica col carbone della multinazionale italiana.

Ancora una volta Enel reagisce alla nostra campagna di informazione chiedendo di censurare il sito web di Greenpeace. È l'atteggiamento arrogante di chi non sa rispondere sui contenuti mentre fa profitti utilizzando la fonte più sporca, il carbone, scaricandone i costi ambientali e sanitari sui cittadini.

Con questo progetto cinematografico diretto da Mimmo Calopresti che ha visto la partecipazione di attori come Haber, Briguglia, Ceccarelli e Quartullo abbiamo voluto evidenziare le "due anime" dell'azienda: che produce anche energia verde, ma fa grandi profitti col carbone dal quale viene il 41% della sua produzione elettrica in Italia. Dire questo, secondo i vertici di Enel, è calunnia.



Alessandro Haber, Paolo Briguglia, Pino Quartullo e Sandra Ceccarelli formano il cast, Mimmo Calopresti firma la regia e i Subsonica mettono a disposizione la loro musica. È Greenpeace, invece, a ispirare e produrre il cortometraggio "Uno al giorno", che denuncia i danni causati al Paese dal carbone impiegato da Enel nella produzione di energia elettrica.

fonte: www.greenpeace.it

In Emilia Romagna trionfa l’acqua del rubinetto

Gli italiani preferiscono l’acqua del rubinetto più che quella in bottiglia. L’acqua del sindaco, così come è stata denominata, dopo il grande successo avuto in Lombardia continua a riscuotere consensi anche in altre regioni italiane soprattutto in Emilia Romagna dove la sceglie il 79 per cento della popolazione.
È quanto emerge dai dati diffusi da Aqua Italia, l’associazione che raggruppa le aziende costruttrici e produttrici di impianti per il trattamento delle acque primarie, nell’ambito della ricerca CRA Nielsen 2012 circa la “propensione al consumo di acqua del rubinetto, tratta e non, in Emilia Romagna”
Nella regione, ben il 51,5 per cento degli intervistati beve sempre o quasi sempre acqua del rubinetto. Solo il 17,2 per cento la beve solo occasionalmente e un 10,3 per cento più raramente. I principali motivi per cui si preferisce l’acqua a chilometro zero sono la comodità (28,9 per cento), il minor costo (28,4 per cento), e i maggiori controlli (22,6 per cento) rispetto alla comune acqua in bottiglia.
Sempre più frequentemente, inoltre, gli italiani decidono di trattare l’acqua del rubinetto affidandosi ad apparecchiature e sistemi per la sua depurazione. In particolare, il 37,4 per cento degli intervistati dichiara di avere almeno un dispositivo di trattamento dell’acqua nella propria abitazione. La tipologia più gettonata è la caraffa filtrante scelta dal 19 per cento degli intervistati seguita dagli apparecchi con filtro per l’eliminazione del cloro che conquistano l’11,6 per cento delle preferenze e dai sistemi ad osmosi inversa scelti dal 6,7 per cento degli intervistati. Il 48,3 per cento di chi possiede un sistema di depurazione dell'acqua ha, inoltre, sottoscritto un abbonamento di manutenzione periodica. C’è però un 20,2 per cento che non conosce l'esistenza di questa opportunità, segno che la comunicazione, in questo senso, potrebbe essere più incisiva.
Infine, si è indagato sul fenomeno dei chioschi dell'acqua, l'evoluzione delle antiche fontanelle che oggi erogano, a seconda della tipologia, acqua refrigerata, gasata o filtrata. Dai dati emerge che usa o userebbe il servizio il 52,5% degli intervistati mentre tra i residenti in comuni che non hanno proposto il servizio, solo il 6,5% degli intervistati in caso di attivazione non aderirebbe ugualmente.

LA CRISI GLOBALE DEI RIFIUTI:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE

Con circa 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti urbani prodotti ogni anno e volumi previsti in aumento a 2,2 miliardi di tonnellate entro il 2025, secondo la Banca mondiale, è nec
essaria un'azione urgente per scongiurare la minaccia per l'ambiente e la salute umana provocata da questa crisi globale dei rifiuti.
Questo è quanto è stato detto in una conferenza Onu organizzata da Unep e Gpwm che si è tenuta ad Osaka, in Giappone, il 5 e 6 novembre.
In un mondo in piena espansione demografica, la gestione dei rifiuti diventa un impegno sempre più essenziale per la promozione di un ambiente sostenibile. Per cercare di ridurre alla fonte il problema è utile rammentare come un utilizzo più efficiente della materia nei processi produttivi - riducendone l'utilizzo e favorendone la riciclabilità - sia alla base di qualunque progetto per risolvere il cosiddetto "problema dei rifiuti".
Secondo Matthew Grubb, direttore dell'International environmental technology centre dell'Unep, «Nonostante la minaccia alla salute pubblica a cui fa pensare la crisi potenziale che potrebbe conoscere la gestione dei rifiuti, questi possono costituire un'opportunità: quella di fornire un modello per riconvertire in chiave verde l'economia. Se condotta in maniera appropriata, la gestione dei rifiuti potrebbe avere un potenziale immenso per trasformare i problemi in soluzioni ed aprire la via ad uno sviluppo sostenibile attraverso la riappropriazione ed il riutilizzo di risorse preziose.

Per maggiori informazioni
http://www.unep.org/newscentre/Default.aspx?DocumentID=2698&ArticleID=9317&l=en

Appello per l'adesione al Comitato promotore nazionale "Zero Waste"

BASTA INCENERITORI E MEGADISCARICHE !!!
RACCOGLIAMO L’INDICAZIONE DELL’EUROPA PER UNA NUOVA GESTIONE VIRTUOSA DEI RIFIUTI AL 2020: Ridurre – Riusare – Riciclare – Recuperare.
 

             
LANCIAMO LA SFIDA A TUTTI I SOGGETTI POLITICI CHE SI CANDIDANO AL NUOVO PARLAMENTO A FIRMARE E POI A SOSTENERE UNA NUOVA LEGGE NAZIONALE SUI RIFIUTI CHE PORTI L’ITALIA A “ZERO SPRECHI”Partendo dal grande risultato ottenuto con la Risoluzione del Parlamento Europeo del 24 maggio 2012 “un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” che prevede la chiusura di inceneritori e discariche al 2020, abbiamo stilato una proposta di Legge di Iniziativa Popolare con cui lanciamo una sfida al nuovo Parlamento Italiano per raggiungere il traguardo Rifiuti Zero nel 2020.
Abbiamo costituito a settembre un tavolo nazionale con la presenza di Reti ed esperti da tutta Italia per mettere a punto una proposta di Legge che richieda da subito una MORATORIA per i nuovi inceneritori e la  RICONVERSIONE TOTALE dei vecchi inceneritori e dell’intero ciclo rifiuti con l’abolizione degli incentivi  (Certificati Verdi) per questa FILIERA NOCIVA.
Chiediamo che si applichi la corretta Gerarchia di trattamento, partendo dalla Riduzione – Riuso – Riciclo – Recupero per rendere la fase dello Smaltimento veramente RESIDUALE,  e proponiamo l’avvio della nuova SOCIETA’ DEL RICICLO E RECUPERO con l’istituzione di Certificati Bianchi appositi che incentivino la vera Economia Verde  Italiana e lo sviluppo di nuova occupazione locale “pulita”.
E’ una rivoluzione pacifica nel sistema produttivo italiano che oggi è imprescindibile:1.  PER AZZERARE L’ATTUALE SISTEMA BASATO QUASI SOLO SULLO SMALTIMENTO,
2.  PER CHIUDERE IMPIANTI NOCIVI CON EFFETTI IRREVERSIBILI SULLA SALUTE,
3.  PER COSTRUIRE ECONOMIA E COMUNITA’ BASATE SUL RECUPERO DI MATERIA,
4.  PER AVVIARE NUOVA OCCUPAZIONE LOCALE E NUOVI MODELLI DI CONSUMO,
C'è stato un gran lavoro, ma il lavoro non è ancora finito:
ora manca il tuo contributo !!
Anche tu puoi contribuire, come persona o come Organizzazione civica (Comitato/ Associazione/ Coordinamento/ Rete) ADERENDO AL COMITATO PROMOTORE NAZIONALE già costituito ma in continuo allargamento, inviando contributi integrativi ed indicando un referente che sia responsabile della diffusione locale e della gestione della Campagna informativa e della raccolta firme autenticate.
Ad oggi hanno aderito sessanta organizzazioni civiche in dodici Regioni diverse.
Per aderire manda una mail al googlegroups "LIP ZERO WASTE", specificando nome del comitato / referente e mail di contatto,  all’indirizzo zerowastelazio@gmail.com , oppure cerca su Facebook il gruppo "Promotori della legge nazionale Zero Waste".
SABATO 8 DICEMBRE ORE 11,00 MANIFESTAZIONE – PRESIDIO A ROMA PER IL LANCIO DELLA CAMPAGNARoma   Novembre 2012    COMITATO PROMOTORE NAZIONALE “LIP ZERO WASTE”
(Comitati / Associazioni / Coordinamenti / Reti) del Lazio– Campania– Umbria– Toscana– Emilia Romagna– Lombardia– Piemonte – Puglia- Sicilia– Sardegna– Marche - Liguria.

IDEE SOSTENIBILI A 21MINUTI 2012 a PERUGIA: 16 - 17 novembre I Saperi dell’Eccellenza

Vi segnaliamo l'evento 21minuti 2012 - I Saperi dell’Eccellenza che si svolgerà a Perugia il 16 ed il 17 Novembre 2012.
Eccovi il comunicato ufficiale:

Rispettare l’ambiente, evitare lo spreco di acqua, coltivare senza pesticidi, nutrirsi in modo sano: questi sono in parte gli accorgimenti per vivere in armonia con il pianeta. A raccontare quanto e perché sia importante adottare un modus vivendi sostenibile, ci saranno alcuni degli speakers di 21minuti 2012 – I Saperi dell’Eccellenza.

La conference che si terrà a Perugia il 16 e il 17 novembre all’interno dello storico teatro Pavone, ospiterà 21 speakers internazionali e quest’anno verterà sul tema “l’Economia del Sapere”, in grado di generare pensieri e azioni sostenibili.
Sulla scia della sostenibilità prenderanno il palco ospiti come lo scrittore e attivista Tristram Stuart che lotta contro lo spreco di cibo recuperando gli scarti, persino dai cassonetti dei supermercati. A cucinare in modo sostenibile e considerare la dieta mediterranea un vero e proprio stile di vita ci sarà Filippo La Mantia, cuoco e oste.
Così come il cibo, anche l’acqua non deve essere sprecata. E a ricordarlo al pubblico di 21minuti ci sarà l’information designer Angela Morelli. La creativa, ha reso visibile quanta acqua sprechiamo trasformando quelli che erano semplici dati in informazione.
Non sprecare l’acqua e il terreno coltivabile è anche la lezione di Dickson Despommier, padre delle fattorie verticali che permetteranno di coltivare in altezza, dando vita alle eco-città del futuro.
A preoccuparsi dell’ambiente ci sarà Romina Picolotti, avvocato attivista che lotta per la difesa dei diritti umani connessi all’ambiente.
E per finire ci sarà l’imprenditrice etiope Bethlehem Tilahun Alemu che ha creato la prima azienda di scarpe fatte con materiali naturali e riciclati come le gomme degli pneumatici e certificata Fair Trade.

Tutte queste idee sostenibili e eccellenti verranno raccolte e raccontate sul palco di 21minuti: un’esperienza da non perdere!

fonte: http://www.tuttogreen.it

Avanti tutta con i sistemi di accumulo

ANIE Energia tifa per i sistemi di accumulo. La SEN è una grande opportunità per agganciare un importante ciclo di sviluppo. ll convegno organizzato da ANIE Energia in collaborazione con GIFI e svoltosi a Rimini oggi in occasione della manifestazione Ecomondo-Keyenergy.

"Avanti tutta con i sistemi di accumulo". A lanciare la proposta a tutti gli stakeholder è stato Nicola Cosciani, il responsabile del Gruppo ‘sistemi di accumulo’ della Federazione ANIE, durante il convegno organizzato da ANIE Energia in collaborazione con GIFI e svoltosi a Rimini il 9 novembre in occasione della manifestazione Ecomondo-Keyenergy.
"Siamo a un punto di svolta molto importante per il rilancio dell’economia nazionale - dichiara Nicola Cosciani. L’ammodernamento delle reti elettriche, la generazione distribuita, la mobilità elettrica e i sistemi di accumulo sono la sfida tecnologica alla base della prossima rivoluzione industriale. Il tessuto industriale italiano è pronto a essere protagonista di questo cambio di paradigma con tecnologie innovative di primo livello".
Durante il convegno, ENEL Distribuzione e Terna Plus hanno presentato i loro progetti in essere e quelli futuri nel campo dell’accumulo elettrico sia a livello di trasmissione che di distribuzione e dispacciamento. Il rappresentante di RSE ha invece fornito un'esaustiva panoramica sui costi e benefici delle diverse tecnologie e applicazioni dei sistemi di accumulo.
“I sistemi di accumulo – dichiara Valerio Natalizia, Vice Presidente ANIE-Energia e Presidente GIFI – contribuiscono all’efficientamento del sistema elettrico nella sua interezza a partire dalle reti di trasmissione e distribuzione e dagli impianti di produzione a fonti rinnovabili non programmabili,  fino ad arrivare alle applicazioni presso le utenze finali, sia in ambito industriale che residenziale".
"In questo momento – continua Natalizia – abbiamo bisogno di un approccio lunigimirante a livello legislativo e regolatorio. La bozza di consultazione della SEN indica gli obiettivi e le linee strategiche; è necessario che le misure attuative dedichino una particolare attenzione alle reti elettriche, alle rinnovabili e ai sistemi di accumulo".
“A nostro avviso – ha concluso Cosciani – affiancare norme e regole chiare a un adeguato supporto ai programmi di ricerca è imprescindibile al fine di sviluppare tecnologie promettenti, creare competenze sul territorio nazionale e benefici per tutto il Sistema Paese”.
(da comunicato Anie)

CASSONETTI INTELLIGENTI PER RADDOPPIARE LA RACCOLTA DI LAMPADINE E PILE

Per smaltire piccoli elettrodomestici, cellulari, lampadine a risparmio energetico, televisori, monitor e pile, i cittadini non saranno più costretti a rivolgersi ai c
entri di raccolta comunali, ma potranno usufruire di speciali cassonetti intelligenti, automatici e in grado di assicurare la tracciabilità dei rifiuti. E' il nuovo 'Raee Parking', prototipo per la raccolta dei rifiuti elettronici di piccole e medie dimensioni e delle pile esauste che il consorzio Ecolight ha presentato a Ecomondo.
L'obiettivo è recuperare quanti più Raee possibili, non solo perché così si evita che siano disperse nell'ambiente sostanze inquinanti, ma anche perché da un loro corretto trattamento è possibile ricavare significativi quantitativi di materie prime seconde.
Viste le sue dimensioni (7 per 2,5 metri), il Raee Parking è stato pensato per essere posizionato in grandi spazi, possibilmente in prossimità di grandi centri di vendita per coinvolgere anche il circuito della distribuzione. Tra le possibilità, quella di prevedere per esempio, carte di riconoscimento elettroniche affiliate allo punto vendita, innescando scale virtuose di accumulo di punti oppure per accedere ad una particolare scontistica.
Il vero obiettivo di questa iniziativa Giancarlo Dezio, direttore generale di Ecolight:
"Siamo oggi al primo passo; un primo passo che speriamo possa portare a raddoppiare le quantità raccolte di rifiuti elettronici appartenenti ai raggruppamenti R4 (Elettronica Di Consumo) ed R5 (Sorgenti Luminose)."

Umbria verso Rifiuti Zero

Mdf Torino: percorso formativo sull’agricoltura sinergica

Nell’agricoltura sinergica si considera il suolo come un organismo in grado di rigenerarsi autonomamente e di mantenere e migliorare la propria fertilità, come avviene nei processi naturali, su cui l’uomo non interferisce. Quando il suolo non è lavorato, si crea un equilibrio tra i diversi elementi che trasmette benessere alle piante che vi crescono.
I prodotti ottenuti con questa pratica hanno una diversa qualità, un diverso sapore, una diversa energia e una maggiore resistenza agli agenti che portano malattie; attraverso questo modo di coltivare si pratica un’attività umana sostenibile.
Per diffondere queste conoscenze  l’Associazione per la Campagna Italiana organizza un percorso formativo sull’agricoltura sinergica in 2 incontri:
Eccoli qua

Movimento per la Decrescita Felice

C'e' un tesoro in quel sacchetto


PRIMA DI TUTTO LA RIDUZIONE

Regola numero 1: ridurre! Questo dovrebbe essere il primo obiettivo da porsi nei confronti del problema rifiuti. È vero che poco per volta, anche se lentamente, la percentuale di rifiuti raccolti in maniera dif
ferenziata sta aumentando; ma se la produzione totale di rifiuti non inizierà a diminuire, il problema diventerà sempre più grave e si continuerà a sfruttare sempre più risorse naturali.
Solo nell'ultimo mezzo secolo, ad esempio, lo sfruttamento globale di acqua dolce è triplicato, e l'uso di combustibili fossili è quintuplicato; l'inquinamento, il degrado ambientale e i cambiamenti climatici hanno assunto proporzioni globali. Le soluzioni prettamente tecnologiche sono destinate a fallire se contemporaneamente non iniziamo a modificare i nostri "stili di vita". La produzione di rifiuti, così come le altre emergenze ambientali, è infatti determinata da uno stile di vita tipicamente consumistico, divoratore di risorse naturali (petrolio, minerali, ghiaia e sabbia, legname, risorse alimentari e tessili, acqua, aria, terreno fertile…) e produttore di inquinamento e scarti.
Ridurre i rifiuti significa iniziare ad agire nella nostra vita quotidiana, ad esempio iniziando ad eliminare gli sprechi. Fotocopiare fronte/retro, stampare solo ciò che realmente serve, utilizzare i fogli con una facciata bianca per la brutta copia o per gli appunti, usare fazzoletti e tovaglioli di stoffa anziché di carta, rifiutare il materiale cartaceo che non ci interessa, possono sembrare gesti banali, ma al contrario nascondono un risparmio notevole di materia ed energia.

SEN e patto di stabilità, un freno alla transizione energetica

Qualenergia.it intervista l'economista Guido Viale sulla Strategia Energetica Nazionale. Il suo giudizio è negativo perché il documento del Governo punta soprattutto sul rilancio delle fonti fossili. A impedire gli investimenti pubblici nei settori delle energie pulite c'è anche il cappio al collo del patto di stabilità e del fiscal compact.

Mentre la bozza della Strategia Energetica Nazionale è ancora on line per la consultazione, Qualenergia.it continua a sentire i pareri di osservatori e operatori del settore energetico sulle proposte e le azioni indicate dal Governo con questo documento. Ne abbiamo parlato con Guido Viale, economista ambientale.


Viale, cosa ne pensa di questa strategia energetica proposta dal Governo Monti?
La cosa che mi colpisce è che, nonostante la priorità data al risparmio energetico, tutta la Strategia è incentrata sul rilancio delle fossili. Sia con il punto 2, che propone di fare dell'Italia un hub del gas, sia con quello che prevede la folle ricerca di petrolio sul territorio nazionale, con tutti i rischi che ciò comporta per quelle che sono le vere risorse del nostro Paese, cioè il turismo, il paesaggio, la cultura. Rischi peraltro affrontati per ottenere quantità di petrolio irrisorie, sufficienti a soddisfare il fabbisogno nazionale per un anno o forse un anno e mezzo. L'altra cosa assolutamente sconcertante è il punto 5, e cioè la riforma della governance, in cui si prevede di rivedere la Costituzione per riequilibrare le competenze tra Stato e Regioni (trasferendo più poteri allo Stato centrale, ndr). Questa è la logica opposta a quella che servirebbe per sostenere le fonti rinnovabili, che per loro natura sono diffuse e decentrate e vanno governate e gestiti sui territori.
Tornando al rilancio degli idrocarburi, da economista cosa può dirci dei vantaggi stimati dal documento: in quel conto non manca qualcosa?
Manca tutto. Le stime sulle riserve italiane sono assolutamente aleatorie e di conseguenza lo sono le cifre presentate nel documento. I calcoli del ministero non tengono conto del fatto che non si sa quanta parte di queste risorse sia veramente attingibile, né quali ostacoli si potranno incontrare in corso d'opera nel tentativo di raggiungere e mettere in esercizio queste riserve. Una strategia che si basa sul soddisfare una determinata quota del fabbisogno con fonti energetiche di cui è difficile ora come ora calcolare le potenzialità è sbagliata dal punto di vista economico, oltre che da quello strategico, dato che si continua a contare sulle fossili.
Anche la stima dell'andamento del fabbisogno energetico è tutt'altro che certa. La SEN prevede una domanda in aumento, ma il futuro su questo aspetto lascia grandi interrogativi. Gli ultimi dati ci dicono il contrario: per esempio per quel che riguarda il gas dopo il -11,7% di settembre, registriamo a ottobre una contrazione del 10,2% rispetto allo scorso anno ...
Mi sembra che non si valuti in maniera adeguata l'impatto che la crisi economica avrà sul fabbisogno energetico futuro del Paese. Si continua a dire che l'anno prossimo ci sarà la ripresa, mentre fonti più autorevoli rispetto al Governo Monti, come Angela Merkel, ci dicono che la crisi durerà altri 5 anni, visione che io condivido. Quindi molte delle premesse della SEN, come quella di alimentare con il gas, che dovrebbe passare per l'Italia, una domanda energetica europea in crescita, rischiano di non avverarsi. E pertanto con una domanda in calo gli investimenti proposti non si ripagherebbero.
Come accennava prima, c'è anche una contraddizione tra la volontà di aumentare la produzione energetica da fonti fossili e il ruolo importante che nella SEN viene assegnato all'efficienza energetica e alle rinnovabili.
Sia nei confronti dell'efficienza energetica che delle rinnovabili non sono previste misure di accompagnamento adeguate, al di là di un generico sostegno alla ricerca. Il Paese avrebbe invece bisogno di squadre di tecnici polivalenti in grado di fare dei check up completi su fabbisogni e potenzialità energetiche di ogni territorio, di ogni edificio, di ogni azienda. Per fare questo servirebbe un sostegno economico sia a livello di Governo centrale che di enti locali, che invece la SEN non prevede.
Da questo Governo attendiamo ancora le misure per promuovere le rinnovabili termiche, mentre tra i provvedimenti deliberati abbiamo i decreti su fotovoltaico e le altre rinnovabili elettriche, oltre a una proroga delle detrazioni per l'efficienza energetica in edilizia limitata al giugno 2013, detrazioni che peraltro sono state indebolite dalla concorrenza di quelle per le ristrutturazioni edilizie “normali”, portate dal 36 al 50%. Ritiene che queste misure siano coerenti con gli obiettivi che la SEN pone su rinnovabili ed efficienza?
No. Sono tutte misure che lasciano nella più grande incertezza, e in alcuni casi hanno prodotto duri contraccolpi dal punto di vista economico e occupazionale. Le iniziative degli ultimi anni, che avevano portato l'Italia a recuperare terreno in ambiti quali eolico e fotovoltaico, vengono messe in forse. E non tanto per i taglio degli incentivi, che continuano a essere relativamente alti, quanto perché le misure introdotte creano incertezza e insicurezza nella definizione dei piani d'impresa, impedendo gli investimenti che servirebbero sul lungo termine. Questi provvedimenti dunque sono sì coerenti con la SEN, ma laddove questa prevede di puntare sul rilancio delle fonti fossili a scapito delle rinnovabili.
Crede che meccanismi di limitazione della spesa come il fiscal compact e il meccanismo di stabilità europeo potranno essere un ostacolo che renderà difficile mettere in campo gli investimenti necessari per la transizione energetica o anche solo per raggiungere gli obiettivi individuati dalla Strategia in materia di efficienza e rinnovabili?
Sicuramente. Il patto di stabilità e il fiscal compact sono una corda al collo dell'economia di tutto il Paese che impedisce di fare investimenti. Cosa tanto più vera per investimenti come quelli in fonti rinnovabili ed efficienza energetica, per i quali ci sarebbe bisogno dell'intervento pubblico dato che riguardano una materia in cui conta moltissimo la partecipazione della popolazione e non possono essere affidati esclusivamente a privati. Invece con patto di stabilità e fiscal compact l'intera finanza pubblica è messa in situazione di stallo e regresso, bloccando anche gli investimenti necessari per la transizione energetica.

fonte: www.qualenergia.it

Nel 2012 raccolte 1196 tonnellate di lampade fluorescenti

Nei primi mesi del 2012 sono state raccolte in tutta Italia 1196 tonnellate di lampade fluorescenti esauste, oltre 150 tonnellate in più rispetto allo stesso periodo del 2011. Questo il punto della situazione sulla raccolta nazionale di lampadine registrata al 30 settembre di quest'anno da Ecolamp, Consorzio senza scopo di lucro dedito alla raccolta e al riciclo delle sorgenti luminose a basso consumo.
Aumenta del 15%, quindi, la raccolta differenziata delle lampadine fluorescenti rispetto ai primi nove mesi del 2011: ben 423 tonnellate di lampadine esauste sono state raccolte grazie al contributo dei cittadini privati, che si sono recati presso le 1800 isole ecologiche presidiate da Ecolamp sul territorio nazionale; 772 tonnellate arrivano, invece, dai servizi creati dal Consorzio e dedicati ai professionisti del settore illuminotecnico e agli installatori di materiale elettrico. Il 65% (772 tonnellate) del totale della raccolta, infatti, è stato recuperato grazie al servizio di ritiro gratuito Extralamp e alla consegna del materiale presso i 35 Collection Point nazionali.
Per far sì che aumentasse la raccolta differenziata delle lampadine fluorescenti, quest'anno, è stato attivato il canale dei Grandi Centri, 30 punti autorizzati al ritiro e allo stoccaggio delle lampade a basso consumo esauste. I professionisti che non risiedono nelle vicinanze di un Collection Point, così, possono usufruire del servizio dei Grandi Centri ad un prezzo molto agevolato, poiché il trasporto all'impianto e il trattamento sono a carico di Ecolamp.

SOLO DUE REGIONI SUPERANO IL 50% DI RACCOLTA DIFFERENZIATA

Nel 2011 nel nostro Paese sono state raccolte in modo differenziato circa dieci milioni di tonnellate di rifiuti per un valore di circa 186 chilogrammi per abitante, la raccolta d
ifferenziata è passata dal 33,26% del 2010 al 35,53% del 2011. I dati sono contenuti nel II Rapporto Banca dati sulla raccolta differenziata 2011 realizzato dal gruppo di lavoro Anci-Ancitel Energia&Ambiente coordinato dal delegato Anci all’Energia e Rifiuti, Filippo Bernocchi.
Purtroppo solo due regioni hanno centrato l'obiettivo del 50% di raccolta differenziata:il Veneto ed il Trentino Alto Adige.

A questo link trovate il rapporto
http://www.anci.it/Contenuti/Allegati/La%20Banca%20Dati%20II%20Rapporto2011.pdf


Umbria verso Rifiuti Zero

Rifiuti: si cambia di Forum Rifiuti Zero, Lazio

Riduzione, raccolta porta a porta, riuso, riciclo: i cittadini danno la parola agli esperti
Un Convegno promosso dal Forum Rifiuti Zero Lazio.

La terribile impasse a Roma e nel Lazio nell’indicare una soluzione convincente per la gestione dei rifiuti è il più palese segnale dei ritardi ormai decennali di scelte strategiche rispettose delle popolazioni e dell’ambiente.
Il modello proposto dagli amministratori e dalla parte industriale interessata è chiamato “ciclo integrato dei rifiuti” che prevede, in modo ambiguo e contraddittorio, una parte di raccolta differenziata, una parte di incenerimento con funzione di distruzione (ma si trascura l’inevitabile trasformazione in tossine ambientali) e di “recupero” di energia e il residuale in discarica.
E’ però ormai più che evidente e diffusa in Italia la consapevolezza della percorribilità tecnico-economica di pratiche virtuose e avanzate ormai ben consolidate in vari paesi, che permettono un percorso verso la “strategia rifiuti zero, no discariche – no inceneritori”, in grado di superare la sindrome NIMBY – cioè “non nel nostro territorio”.
Il Forum rifiuti Zero Lazio, nato il 29 Maggio 2012, con l’adesione di una quindicina di comitati/coordinamenti romani e laziali aderisce a questi concetti. Il Convegno promosso dal Forum nasce dalla convinzione che ci sia una profonda esigenza di crescita di competenza e consapevolezza in materia e di un continuo – possibilmente permanente – confronto franco e aperto con le istituzioni e le parti industriali, per arrivare in modo partecipativo ad una soluzione rispettosa delle popolazioni e dell’ambiente.
Il Forum fa riferimento ad un radicale cambio di modello di gestione dei rifiuti fondato sulla riduzione a monte della produzione dei rifiuti, su un’organizzazione su tutto il territorio della Raccolta Porta a Porta e quindi con il recupero della materia da avviare ad una efficiente filiera di riciclaggio, in grado di generare investimenti, imprenditorialità diffusa, occupazione, economia sostenibile e quindi ricchezza sociale. Un modello orientato al superamento dell’attuale finalizzazione del ciclo con inceneritori e discariche, peraltro già sconfessati dall’U.E. in una recente proposta di risoluzione, nella quale “…chiede pertanto alla Commissione di presentare proposte entro il 2014, allo scopo di introdurre gradualmente un divieto generale dello smaltimento in discarica a livello europeo e di abolire progressivamente, entro la fine di questo decennio, l'incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili”
Consapevoli che sia necessario tradurre gli slogan di principio, per quanto imprescindibili ancor più se sostenuti da linee di indirizzo della Comunità Europea, in soluzioni pratiche e percorribili con transizioni temporali realizzabili, il Forum propone questo convegno, nel quale chiedere a vari personaggi di alto profilo tecnico di esporre le possibilità tecnico-pratiche e le esperienze maturate nella realizzazione di questo modello alternativo, chiamando amministratori e forze politiche ad un confronto creativo, in un’ottica della tanto auspicata “democrazia partecipata”.

Convegno promosso dal Forum Rifiuti Zero Lazio

La media è sei volte più alta di quella nazionale. L'ipotesi è che la causa possa essere l'inquinamento prodotto dal petrolchimico dell’Eni. E il gruppo che aveva già risarcito alcune famiglie per il caso Syndial fa sapere: "Se dovessero essere dimostrate responsabilità siamo pronti ad aiutare anche quelle vittime”

Alcuni bambini nascono senza un orecchio, altri con quattro dita alle mani, altri ancora con delle malformazioni al palato. Una percentuale superiore di sei volte rispetto alla media nazionale. Succede a Gela, novantamila abitanti sulla costa meridionale della Sicilia; lì venire al mondo è più difficile che nel resto d’Italia. Una maledizione infernale che danna le famiglie del luogo dagli anni ‘70. Solo nel 2002 sono ben 512 i bambini nati malformati. E adesso, dopo anni di disagio, la procura di Gela ha aperto un’indagine sul caso. Oggetto dell’inchiesta una sola, importante, domanda: perché qui i casi di malformazione sono più comuni che nel resto d’Italia? La risposta allunga inevitabilmente lo sguardo sulla costa della cittadina in provincia di Caltanissetta, e precisamente dalle parti del petrolchimico dell’Eni, voluto alla fine degli anni ’50 da Enrico Mattei in persona. Per anni a Gela la parola lavoro ha fatto rima con l’azienda del cane a sei zampe. Erano decine di migliaia gli operai che ogni mattina varcavano i cancelli del petrolchimico per portare a casa pane e lavoro. Oggi sono meno di duemila. Centinaia invece le famiglie che negli anni hanno temuto per la sorte dei loro figli.
Diffusissima è l’ipospadia, una malformazione congenita all’apparato genitale, ma comuni sono anche i casi di bambini nati microcefali. Quasi una routine i casi di malformazioni genetiche tra le famiglie di operai ed ex dipendenti del petrolchimico dell’Eni. “Quando io e mio fratello gemello siamo nati senza alcun tipo di malformazione, in famiglia si è quasi gridato al miracolo per una cosa che in realtà dovrebbe essere normale” racconta Andrea Turco, ventenne figlio di un operaio dell’indotto petrolchimico. Già nei mesi scorsi le telecamere del fattoquotidiano.it erano arrivate a Gela per documentare la storia degli ex operai di Clorosoda, il reparto killer dell’Eni, e raccontare l’allarmante diffusione di malformazioni genetiche che si verificano ancora oggi, nonostante ampie porzioni del petrolchimico dovrebbero essere state bonificate. Adesso la procura guidata dalla dottoressa Lucia Iotti, che già aveva aperto un fascicolo su Clorosoda, ha deciso di indagare anche sull’alto tasso di malformazioni congenite, ricostruendo a livello storico la vicenda, e provando ad individuare i possibili responsabili.
“Il problema è che a Gela è inquinato tutto: dall’acqua, agli ortaggi, al cibo con cui viene allevato il bestiame” aveva spiegato il genetista Sebastiano Bianca, perito della procura di Gela, ai microfoni del fattoquotidiano.it. L’alto tasso di malformazioni genetiche è dovuto ai distruttori endocrini, elementi derivati dalle sostanze inquinanti simili a quelle emesse dal petrolchimico: dal potenziale micidiale sono in grado di attaccare il tessuto provocando le malformazioni neonatali. Il problema per la procura è trovare il nesso causale, ovvero provare a livello scientifico, e quindi giudiziario, che i tumori e le malformazioni genetiche derivano dall’inquinamento prodotto dal petrolchimico. Nel 2006 a Priolo, pochi chilometri a nord di Gela, si era verificata una situazione simile. In quel caso, però, la Syndial, società dell’indotto Eni, aveva deciso di risarcire alcune famiglie danneggiate mentre le indagini erano ancora aperte: 101 casi di bambini nati con malformazioni genetiche erano costate più di undici milioni di euro, ma la vertenza era stata chiusa. Oggi Andrea Armaro, responsabile delle relazioni esterne dell’Eni in Sicilia, si esprime anche sul caso di Gela. “Se dovessero essere dimostrate responsabilità dell’Eni a Gela siamo pronti ad aiutare anche quelle vittime”.
Il dottor Bianca però lancia l’allarme: “Non è una condizione che si può restringere ad alcuni casi, ma al contrario è una situazione che riguarda anche altro. Riguarda il futuro. Il problema principale è che qui a Gela in trent’anni non è cambiato nulla: pur avendo dismesso gran parte degli impianti del petrolchimico le percentuali di malformazioni sono rimaste stabili. Quindi il vero problema di questa città non sono le generazioni presenti ma quelle che future. Non sappiamo per quanto le condizioni rimarranno allarmanti. Il padre guarda il figlio che nasce e non può preoccuparsi soltanto per lui, ma anche per il nipote”. Una catena generazionale che negli ultimi anni sembra essere stata senza fine.

fonte: www.ilfattoquotidiano.it

Fukushima, metà pesce contaminato. “Troppo cesio per consumarlo”

Lo studio del biologo marino Buesseler sui dati del ministero della Pesca giapponese: "La centrale rilascia ancora radioattività e la contaminazione continua per via delle radiazioni accumulate sui fondali. Gli effetti non sono a lungo termine, ma da monitorare nei decenni a venire"

A Fukushima Daiichi quasi metà del pesce al largo della centrale nucleare è ancora contaminato. A rivelarlo è una ricerca del biologo marino Ken Buesseler. Che, basandosi sui dati ufficiali del ministero giapponese dell’Agricoltura, delle foreste e della pesca, avverte: “Il 40 per cento del pesce contiene troppo cesio per essere sicuro per il consumo umano”. Il motivo? La disastrata centrale nipponica rilascia ancora radioattività. Secondo lo studio Fishing for Answers off Fukushima, pubblicato sulla rivista Science, la contaminazione è dovuta in particolare alle radiazioni accumulate sui fondali marini: una conseguenza del fallout radioattivo dell’incidente, riversatosi per l’80% nell’Oceano Pacifico. Ma anche del fatto che, per raffreddare ciò che rimane dei reattori, ogni giorno vi si versano sopra diverse tonnellate di acqua, destinate ovviamente a finire in mare. Gli effetti del disastro, per lo scienziato americano, non sono dunque da considerare solo “a lungo termine”, ma anche da “monitorare molto bene nei decenni a venire”.
Dopo un anno di analisi dei dati ufficiali del governo giapponese, il professor Buesseler dello Us Woods Hole Oceanographic Institution è giunto a una conclusione: il cesio-134 e 137 trovati in gran parte del pesce e dei crostacei pescati al largo di Fukushima sono dovuti a perdite di radioattività ancora presenti nella e attorno alla centrale. Come spiega lo scienziato, il cesio normalmente non rimane a lungo nei tessuti dei pesci marini, in quanto ogni giorno rifluisce in piccole dosi nell’acqua dell’oceano. Quindi, se oggi nella fauna ittica c’è del cesio-134, che per perdere metà della sua radioattività ha bisogno di soli due anni, è perché quei mari sono ancora quotidianamente esposti alla radioattività (il tempo di dimezzamento del cesio-137 è invece di trent’anni).
Un problema ambientale, ma anche economico. Le grandi quantità di acqua sversate costantemente sui reattori della centrale atomica e i sedimenti radioattivi sui fondali marini, infatti, non permettono al settore ittico locale di riprendere la sua regolare attività. Colpa di una “situazione instabile – puntualizza Buesseler – che non consente alle autorità di decidere sulla riapertura all’attività di pesca in questa zona”. Una cautela d’obbligo, secondo Tokyo, che lo scorso aprile ha imposto limiti di radioattività ancora più stringenti. Risultato? L’industria ittica nipponica ha perso su tutti i fronti: a livello di esportazioni, nell’ultimo anno si è visto un calo del 7,4%; per quanto riguarda il mercato interno, invece, gran parte dei giapponesi, fra i maggiori consumatori pro capite di pesce al mondo, ancora non si fida ad acquistare prodotti locali.
Secondo Ken Buesseler, che presenterà i risultati del suo studio all’università di Tokyo il 12 e il 13 novembre, il problema è però più complesso: “In Giappone c’è una grande incertezza nel pubblico su ciò a cui si può credere, o su chi dice o meno la verità”. E quando si parla di radioattività, si sa, “ci sono di mezzo molto allarmismo e molta paura”. Un allarmismo che, secondo lo scienziato americano, in questo caso sarebbe da evitare: “La maggior parte del pesce catturato al largo della costa nord-orientale giapponese – rassicura – non presenta livelli di radioattività pericolosi per la salute umana”. Inoltre, per fronteggiare le conseguenze del “più grande rilascio accidentale di radiazioni verso l’oceano della storia”, bisognerà andare “ben oltre gli studi sulla fauna ittica”, conclude il ricercatore statunitense: “Ciò di cui abbiamo veramente bisogno è una migliore comprensione delle sorgenti di cesio e altri radionuclidi, che continuano a provocare ciò che stiamo vedendo nell’oceano al largo di Fukushima”.

fonte: www.ilfattoquotidiano.it

Cartoniadi 2012

Quattro settimane di gara per stabilire quale tra le città di Parma, Piacenza e Reggio Emilia conquisterà il podio delle Cartoniadi, il campionato della raccolta differenziata di carta e cartone.

Durante il mese di novembre i tre Comuni, per un totale di oltre 460.000 cittadini, si contenderanno il titolo di “campione del riciclo” e i 30.000 euro messi a disposizione da Comieco, Consorzio Nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica.
L’obiettivo è chiaro: migliorare le quantità e la qualità della raccolta differenziata di carta e cartone. L’iniziativa - che dal 2004 ha già coinvolto milioni di italiani - ha lo scopo di valorizzare l’impegno e la sensibilità delle famiglie verso la raccolta differenziata e riciclo di carta e cartone, ed è organizzata da Comieco, dai tre Comuni in gara (Parma, Piacenza e Reggio Emilia) e dal gestore del servizio di raccolta, Iren Emilia.
Il premio di 30.000 euro messo in palio dal Consorzio se lo aggiudicherà il Comune che riuscirà a far registrare il maggiore incremento durante il periodo di gara (novembre 2012) rispetto alla media rilevata nel periodo tra gennaio e settembre 2012. Altro elemento di valutazione importantissimo sarà la qualità della raccolta. Come utilizzare il montepremi in caso di vincita, i Comuni lo hanno già stabilito: a Parma verrà investito nella progettazione e realizzazione di percorsi didattici laboratoriali di carattere ambientale per bambini e ragazzi dagli 0 ai 14 anni, da realizzare in spazi qualificati e attrezzati.
“Le Cartoniadi consentiranno a tutti i cittadini di Parma, Piacenza e Reggio Emilia di contribuire con un gesto concreto ad aumentare e migliorare quantità e qualità della raccolta differenziata di carta e cartone.” - afferma Piero Attoma, Vice Presidente Comieco.- “Con le Cartoniadi puntiamo infatti a far crescere questi risultati, forti anche del successo registrato nelle edizioni precedenti svolte in altri Comuni italiani. Considerando i primi nove mesi dell’anno, ogni cittadino di Parma ha mediamente avviato a riciclo 70 kg/ab-anno di carta e cartone, un risultato importante che può e deve essere ancora migliorato. Queste Cartoniadi sono l’occasione giusta.”
“Abbiamo aderito con molto piacere alle Cartoniadi, supportando con il nostro lavoro questa sfida – dichiara Eugenio Bertolini, Direttore Generale di Iren Emilia - . Iren Emilia è da tempo impegnata per incentivare la raccolta differenziata della carta e del cartone con diversi progetti rivolti ai cittadini e al mondo scolastico. Nel territorio parmense da anni organizziamo visite guidate per gli studenti alle piattaforme dove avviene il riciclo della carta e del cartone recuperati in ambito locale. Le Cartoniadi saranno una nuova occasione non solo per fare crescere la quantità di carta e cartone raccolto, ma per richiamare sempre più l’attenzione sulla qualità dei materiali conferiti.”
“Mettersi in gioco – precisa l’assessore all’ambiente del Comune di Parma Gabriele Folli – vuol dire spesso migliorare. Credo che la competizione su un argomento come la raccolta differenziata, con particolare riferimento al cartone, sia utile per tutti: per imparare, sensibilizzare la cittadinanza ed accrescere le nostre competenze in merito a questo argomento, che rappresenta una sfida globale per il nostro futuro. Un invito, quindi, a partecipare con passione ad un’iniziativa pienamente condivisa dall’Amministrazione. C’è bisogno dell’apporto di tutti per vincere!”
L’Assessorato alla Cultura del Comune di Parma ha contribuito alla realizzazione del progetto Cartoniadi 2012 attraverso la produzione di un video e l’organizzazione di una giornata dedicata all’evento, denominata: “Cartadanza”: installazioni artistiche e suggestive performance di danza e musica messa in scena nella Galleria San Ludovico.
“L’indubbio valore ambientale del progetto Cartoniadi 2012 – ha spiegato l’assessore alla Cultura Laura Maria Ferraris – ci ha spinti a collaborare con l’Assessorato all’Ambiente promuovendo un’iniziativa culturale che, attraverso il coinvolgimento di artisti vari e la produzione di un video realizzato dal Settore Cultura del Comune di Parma, sensibilizzi la cittadinanza sull’importanza della raccolta differenziata di carta e cartone. Nel ringraziare tutte le realtà che hanno voluto portare il loro contributo all’iniziativa, voglio sottolineare il valore della creatività propria dell’arte che trasmette contenuti fondamentali per il nostro quotidiano”.
Affinché tutti possano contribuire a far vincere il proprio quartiere ecco le regole del buon riciclo.

Poche e semplici:
1. Selezionare correttamente carta e cartone togliendo nastri adesivi, punti metallici e altri materiali non cellulosici (ad es. il sacchetto in cellophane che avvolge le riviste);
2. Appiattire le scatole e comprimere gli scatoloni per ridurre gli imballi grandi in piccoli pezzi;
3. Non abbandonare fuori dai contenitori carta e cartone;
4. Non buttare la carta insieme al sacchetto di plastica usato per trasportarla fino al contenitore;
5. Non mettere nella raccolta differenziata gli imballaggi con residui di cibo o terra perché generano cattivi odori, problemi igienico sanitari e contaminano la carta riciclabile;
6. Non conferire nella differenziata i fazzoletti di carta usati: sono quasi tutti anti-spappolo e quindi difficili da riciclare;
7. Non buttare gli scontrini con la carta: i più comuni sono fatti con carte termiche i cui componenti reagiscono al calore generando problemi nelle fasi del riciclo;
8. La carta oleata (es. carta per affettati, formaggi e focacce) non è riciclabile;
9. Non gettare nella raccolta differenziata la carta sporca di sostanze velenose (es. vernici, solventi etc.) perché contamina la carta riciclata;
10.Seguire sempre le istruzioni del Comune per fare correttamente la raccolta differenziata

TANTI GLI ERRORI ANCORA COMMESSI QUANDO SI DIFFERENZIANO CARTA E CARTONE

Da uno studio Ipsos-Comieco emerge che 1 italiano su 2 getta nella differenziata gli scontrini, mentre il 27% degli intervistati, sbagliando, manda alla differenziata la carta sporca di cibo (31% nel 2009), i giornali ancora avvolti nel cellophane (25%) e i fazzoletti di carta (17%). Piccoli errori che, se opportunamente modificati, garantirebbero comunque un incremento della qualità della raccolta. Strategico, insomma, appare il ruolo di iniziative come le Cartoniadi per lanciare messaggi chiari ai cittadini e migliorare così il processo di differenziazione di carta e cartone, contribuendo positivamente al miglioramento della qualità della vita di tutto il Paese (basti pensare che dal 1999 al 2011, grazie alla raccolta differenziata di carta e cartone, è stata evitata l’apertura di 248 nuove discariche, di cui 26 solo nel 2011).
Comieco è il Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli imballaggi a base Cellulosica. Il Consorzio ha come compito istituzionale il raggiungimento degli obiettivi di riciclo fissati dalla normativa comunitaria e recepiti dalla legislazione nazionale. A Comieco aderiscono circa 3.400 imprese della filiera cartaria dell’imballaggio. Per realizzare questi obiettivi il Consorzio ha sottoscritto convenzioni sulla raccolta differenziata che coinvolgono l’80% dei Comuni e oltre 52 milioni di Italiani
 
fonte: http://www.comune.parma.it

RIFIUTI BRUCIATI NEI CEMENTIFICI, E LE CENERI?

Come vi dicevo in un post del 26 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato un provvedimento per bruciare i rifiuti nei cementifici.
Più volte ci siamo detti contrari a questo modo di trat

tare i rifiuti perché si distrugge materia prima inquinando l'aria. C'è anche un'altro motivo per essere contrari a questo sistema:ci sono buone probabilità che una parte delle ceneri finisca nel cemento.
Il video del Prof. Montanari che parla proprio di questo argomento.


Umbria verso Rifiuti Zero

La scommessa della Danimarca, paradiso del green

Mentre in America i due candidati nella corsa alla Casa Bianca hanno scelto la strada di un religioso silenzio sui temi dell’ambiente e dell’efficienza energetica, in Europa salgono i target per il cambiamento radicale delle fonti di approvvigionamento. In testa alla classifica dell’Unione, in termini di obiettivi e di risultati già raggiunti, si piazza la Danimarca. Con due traguardi previsti e annunciati dal governo, uno a medio termine e l’altro a scadenza più lunga.
Il popolo danese punta a una percentuale del 35 per cento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020, per poi arrivare nel 2050 a una quota pari a zero dell’energia da fonti fossili. Riscaldamento, elettricità e trasporti: in un arco di tempo piuttosto rapido, per questo tipo di mutamenti, la Danimarca potrebbe diventare il primo, grande paese del mondo occidentale ad essere completamente smarcato dal petrolio e dalla sua dittatura. Ma non basta. A proposito di ambiente e di effetti sul clima, già nel 2020 il governo punta a una riduzione dei gas serra attorno al 34 per cento, un obiettivo che nessuna nazione finora ha avuto il coraggio di prevedere e di mettere in cantiere.
Riuscirà la Danimarca a vincere questa scommessa epocale? Fino a che punto agli annunci seguiranno i fatti? I dubbi sono legittimi, ma il popolo danese nella sua partita con il futuro può contare già adesso su un solido punto di partenza. La Danimarca è un paese green in senso stretto e l’intero modello di sviluppo è stato orientato a scelte radicali in linea con una nuova e più sostenibile economia. Innanzitutto l’obiettivo “zero petrolio” sarà il frutto di un mix di tre fonti alternative: solare, eolico e biomasse. Tre settori nei quali gli investimenti si stanno moltiplicando. In particolare è l’eolico, anche grazie alle condizioni climatiche del paese, il vero motore energetico danese, la sua leva più importante per l’uscita dalle fonti fossili. Attualmente la percentuale di elettricità realizzata attraverso lo sfruttamento del vento viaggia tra il 20 e il 40 per cento del totale, a secondo dei periodi dell’anno e della forza del vento.
In Danimarca è stato costruito il più grande parco eolico del mondo, con 90 turbine alimentate dal vento e rifornimenti energetici per oltre 200mila famiglie. Anche l’edilizia privata, e le ristrutturazioni dei condomini, sono orientate al cambiamento delle fonti energetiche con forti incentivi proprio a favore dell’eolico e, in misura minore, del solare. In secondo luogo la Danimarca green può contare su stili di vita dove l’ambientalismo non è pura retorica, ma prassi quotidiana. Un esempio? Quasi l’80 per cento dei cittadini danesi, compresi ministri e parlamentari, va al lavoro in bicicletta. E infine è l’industria danese a spingere sul cambiamento, cogliendone tutte le opportunità anche in termini di fatturati e di posti di lavoro: la Danimarca è il primo paese europeo nella classifica per il riciclo industriale dei rifiuti, che tocca una percentuale vicina al 97 per cento. Insomma, la lezione danese è tutta da approfondire e può essere utile anche all’Italia.


Spesa di gruppo, è boom. 7 milioni di italiani nei “Gas”

Tanti sono i consumatori che nel 2012 hanno partecipato a Gruppi di acquisto solidale, facendo la spesa insieme per risparmiare ma anche trovare una miglior qualità. Lo rivela una ricerca Coldiretti/Censis

Spinti dalla crisi, ma soprattutto dalla ricerca del miglior rapporto tra prezzo e qualità, sono saliti a quasi 7 milioni gli italiani che nel 2012 hanno partecipato a gruppi di acquisto formati da condomini, colleghi, parenti o gruppi di amici che decidono di fare la spesa insieme per ottenere condizioni vantaggiose. E’ quanto emerge da un’analisi Coldiretti/Censis dalla quale si evidenzia che i Gruppi solidali di acquisto (Gas) sono diventati un fenomeno di rilievo che ha contagiato il 18,6% degli italiani. Quasi 2,7 milioni di persone fanno la spesa con questo sistema in modo regolare. “In alcuni casi – sottolinea la Coldiretti – ci si limita solamente al cosiddetto ‘carpooling della spesa’ con i partecipanti che di fronte al caro benzina si mettono in auto insieme per dividere i costi e andare a fare la spesa nei punti più convenienti, dalle aziende agricole ai mercati degli agricoltori, dai mercati all’ingrosso agli ipermercati, fino ai discount”.
Migliore rapporto qualità-prezzo. “In generale si tratta di relazioni che – precisa la Coldiretti – nascono da esigenze di acquisto, dalla voglia di ritrovare un diverso, migliore equilibrio tra qualità e prezzo, ma che finiscono per andare molto oltre, perché esprimono valori più alti rispetto alla pur importante dimensione commerciale, valori che hanno un forte contenuto di socialità, di ripensamento di fatto del modello di organizzazione della produzione e della società”. Accanto a forme che dispongono di una vera e propria struttura organizzativa, si contano – sostiene la Coldiretti – decine di migliaia di iniziative spontanee che nascono e muoiono in continuazione nei palazzi, nei posti di lavoro, nei centri sportivi e ricreativi sulla base di semplici accordi verbali.
Gas per i bambini. Discorso a parte riguarda poi i gruppi di acquisto di prodotti per neonati. In questo caso, a differenza degli alimenti, il risparmio non è legato alla quantità di prodotti comprati quanto al fatto che molti di questi costano meno all’estero (Germania, Francia e Svizzera) che in Italia. Se una confezione di latte in polvere, ha scoperto il Salvagente, ha un prezzo medio di 18-20 euro presso la grande distribuzione o nelle farmacie, ricorrendo ai gruppi di acquisto si può comprare lo stesso prodotto a 12-14 euro per ciascuna confezione. E ancora, se un pacco di pannolini di marca costa circa 18 euro (a seconda del modello e del produttore), lo stesso prodotto con il gruppo d’acquisto può essere comprato a circa 11 euro, con un risparmio effettivo di quasi il 40%.
Uno dei gruppi di acquisto più longevo – esiste dal 2005 – è Lattemiele, un’iniziativa nata come “costola” del Movimento consumatori di Milano (l’iscrizione annuale costa 30 euro). In alternativa ci si può organizzare sfruttando le decine di forum web specializzati, dove sono molti i consumatori disposti a comprare all’estero e dividere le spese di spedizione. Oltre ai gruppi di acquisto storici, infatti, si può scegliere di comprare molti prodotti direttamente attraverso alcuni siti esteri. Patria di questo sconto di gruppo è la Germania dove l’offerta è ampia e i prezzi convenienti: da flaschenmilch.de (disponibile in tedesco e anche in inglese) a babyneo.de, accessibile anche in lingua italiana dove è possibile comprare non solo beni come latte e pannolini, ma anche biberon, ciucci, bavaglini, borse per bebè.
Come funzionano. Ogni Gas ha propri criteri per selezionare i fornitori, individuare i modi di consegna, stabilire con il produttore un prezzo equo e scegliere cosa acquistare privilegiando la stagionalità, il biologico, il sostegno alle cooperative sociali, la riduzione degli imballaggi, le dimensioni del produttore o infine la vicinanza territoriale (chilometro zero). Le modalità di acquisto variano notevolmente e vanno dalla consegna a domicilio, alla prenotazione via internet fino all’adozione in gruppo di animali o piante da frutto. Anche gli accordi del gruppo di acquisto con l’azienda sono differenti e possono prevedere la consegna settimanale del prodotto (ad esempio una cassetta di frutta e verdura di stagione) oppure la formulazione di specifici ordini per telefono o attraverso internet, ma anche tramite abbonamento con l’offerta di prodotti a scadenze fisse e pagamento anticipato. Le modalità maggiormente diffuse sono la distribuzione di cassette di ortofrutta a cadenza settimanale o bisettimanale e la vendita di pacchi di carne.
Chilometri zero. “Si tratta di una tendenza che avvicina il produttore al consumatore che, soprattutto nelle città, sta contagiando gli italiani che – continua la Coldiretti – intendono così garantirsi un volume di acquisto sufficiente ad ottimizzare i costi di trasporto e ad accedere a più vantaggiosi canali distributivi: dai mercati all’ingrosso a quelli degli agricoltori di Campagna Amica, fino direttamente nelle aziende”. I mercati generali all’ingrosso, che in determinate occasioni della settimana sono aperti al pubblico, vendono i prodotti in cassette che vengono poi divise tra i partecipanti al gruppo. “Un crescente numero di gruppi di acquisto nasce in realtà con l’obiettivo di approvvigionarsi direttamente nei mercati, nelle botteghe o nei punti vendita degli agricoltori di Campagna Amica per assicurarsi – conclude la Coldiretti – l’origine, la genuinità dei prodotti che si portano in tavola. Una rete che comprende 4.739 aziende agricole, 877 agriturismi, 1.105 mercati, 178 botteghe ai quali si aggiungono 131 ristoranti e 109 orti urbani, per un totale di quasi 7mila punti vendita”.
Social shopping. Nella categoria dei gruppi d’acquisto, infine, rientrano anche i “social shopping”, come Groupon, Groupalia, LetsBonus, Glamoo, Yoodeals, Tuangon, Kgb Deals, Prezzofelice, Noi Buy solo per citare i principali, ma la lista è anche più lunga. Si tratta di siti internet che consentono di comprare beni e servizi a un prezzo conveniente – in media con sconti dal 30 al 60% con punte anche dell’80% – a patto che l’offerta raggiunga un numero minimo di acquirenti entro una certa scadenza (di solito dalle 24 alle 72 ore). Se il quorum non viene raggiunto, niente da fare: il servizio o l’oggetto non può essere acquistato. La lista di proposte è in continuo aggiornamento, con un’offerta che nell’arco degli ultimi mesi, è passata dai trattamenti di bellezza (per lo più destinati a un pubblico femminile) alle escursioni fino ai weekend fuori porta, alle cene al ristorante e persino alla giornata in autodromo alla guida di una Ferrari. Ultimi in ordine di tempo alcuni prodotti tecnologici di tendenza, smartphone e tablet in prima fila.

MONICA RUBINO – Repubblica

Miseria dello sviluppo o sviluppo della miseria?

La notizia sventagliata ai quattro venti del ‘ritorno alla crescita’ in Inghilterra dopo anni bui di recessione e’ stata salutata con giubilo da stampa e mondo politico. Seguire il dibattito da vicino mi ha dimostrato, ove ce ne fosse ancora bisogno, di quanto patetica e priva di senso sia la discussione politica nei paesi occidentali riguardo i cambiamenti dell’economia globale. Rallegrarsi di fronte alle misere prospettive di ‘crescita’ di un paese occidentale in declino (come l’Inghilterra appunto) non ha senso per due ragioni:
(1) il modello di sviluppo costruito e perpetrato dal dopoguerra ad oggi è morto. Morto perché presuppone l’uso illimitato di risorse sempre più scarse. Morto perché fiacca e logora ogni giorno la coesione sociale. Morto perché ha rotto definitivamente il legame intrinseco tra lavoro e produzione di benessere. Morto perché non distribuisce adeguatamente la ricchezza prodotta a lavoratori sempre più ‘flessibili’ e ‘precari’. Morto perché un ipotetico incremento del livello di consumo di beni materiali non amplierebbe i nostri orizzonti intellettuali e la nostra partecipazione sociale, politica e democratica.
(2) Il prodotto interno lordo non misura più in modo efficace il tasso di crescita e sviluppo dei paesi occidentali. Rappresentando il valore complessivo dei beni e servizi finali prodotti all’interno di un paese in un certo intervallo di tempo, conteggia ogni attività economica, anche quelle che producono un effetto negativo. Se domani decidessimo di disboscare tutta la Sila, o di bombardare un intero quartiere di Roma per poi ricostruirlo, contribuiremmo attivamente alla crescita del prodotto interno lordo del nostro paese. Il prodotto interno lordo è una misura sempre più lontana dalla realtà perché non tiene conto della distribuzione della ricchezza (crescita o riduzione delle disuguaglianze), delle transazioni che non rientrano nello schema di mercato (come per esempio quello che succede all’interno della famiglia o il lavoro volontario), dell’economia sommersa, della qualità dei singoli beni prodotti (produrre e vendere cinque computers scadenti ha lo stesso impatto sul PIL di uno molto potente e durevole che abbia un prezzo cinque volte superiore), delle esternalita’ negative (come per esempio l’inquinamento o gli effetti perversi di alcuni processi industriali).
Allora forse invece di aspettare ‘il recupero’ di punti di PIL, come invocavano in una nota trasmissione televisiva qualche anno fa Bersani e Tremonti (successivamente convertitosi all’eterodossia anticapitalista nei suoi ultimi scritti), occorre guardare in faccia la realtà.
L’intero modello economico si regge su un doppio inganno: l’aver creduto nell’eternità di alcuni fenomeni sociali (come la crescita del benessere materiale) e l’idea che esistono risorse infinite da sfruttare. Tutto e’ stato concepito (come ha ben sottolineato Piero Bevilacqua in Miseria dello Sviluppo e qualche anno addietro il buon Serge Latouche) al di fuori di ogni dinamica temporale e spaziale. E’ un paradosso che nell’epoca in cui si teorizza la rapida obsolescenza di ogni cosa si continui a credere che c’è possibilità infinita di crescita.
La storia ci ha insegnato, che le più importanti forme di civilizzazione della nostra storia sono state abbattute e superate nel momento in cui persero la bussola, lo Zeitgeist. Prima che sia troppo tardi, forse sarebbe meglio smetterla di esultare per un balzello del PIL e ricominciare a pensare in modo olistico allo sviluppo del nostro modello socio-economico. Tutto quello che ci circonda, piaccia o no a liberisti ed economisti senza scrupoli, e’ il frutto di un gigantesco sforzo collettivo. E’ davvero arrivato il momento di lasciare da parte l’io utilitarista e riabbracciare il noi; un noi collettivo, solidale e conscio dei limiti da porre allo sfruttamento sociale e ambientale delle risorse che ci circondano.
p.s. Per chi avesse un oretta da spendere consiglio questo documentario, si chiama The Coconut Revolution ed e’ la narrazione di come un intero popolo si sia ribellato allo sfruttamento economico senza scrupoli, vincendo la propria battaglia usando la natura come alleato

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it

Come la natura cerca di adattarsi all’inquinamento: le balene diventano ermafrodite per la plastica

Ancora brutte notizie per i nostri mari e la fauna che li popola. E ancora una volta la colpa è dell’inquinamento provocato dall’uomo e dall’alta concentrazione di plastica presente nel Mediterraneo (e non solo).
A lanciare l’ennesimo allarme è un team di biologi marini dell’Università di Siena, che ha dimostrato come le grandi percentuali di frammenti plastici rilevati tra Corsica, Costa Azzurra e Toscana (il cosiddetto ‘Santuario dei cetacei’) stia mettendo a serio rischio la sopravvivenza di balene e altri mammiferi marini.

La colpa è degli ftalati (sostanze chimiche organiche prodotte dal petrolio, usati come plastificanti per rendere morbido il PVC) e di altri distruttori endocrini presenti nelle particelle di plastica, che alterano gli ormoni sessuali degli animali inducendoli all’ermafroditismo.
Già numerosi studi hanno dimostrato che queste sostanze sono tossiche a livello epatico, testicolare e riproduttivo, tanto da indurre l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) a stabilire delle dosi giornaliere tollerabili per alcuni ftalati ed stimare che l’esposizione avvenga anche attraverso gli aliemnti.
Questo  fenomeno ovviamente minaccia anche i cetacei e in particolare la loro riproduzione, visto che la concentrazione di micro-particelle prodotte dalla degradazione di oggetti di plastica e da altri scarti industriali ha raggiunto, nel Mediterraneo, gli stessi livelli rivelati negli oceani dove spesso di assiste alla comparsa di vere e proprie ‘isole di plastica’ di cui tanto si è parlato negli ultimi tempi.
SCOPRI ANCHE: Great Pacific Garbage Patch, un oceano di plastica!
Dai test effettuati sulle balene spiaggiate e sui cetacei in libertà, infatti, è emerso che ogni volta che gli animali aprono la bocca ingurgitano circa 70.000 litri di acqua in cui sono disperse 2 particelle di plastica di grandezza inferiore ai 5 millimetri per ogni 2 metri cubi di acqua.
Gli agenti distruttori degli endocrini risalgono tutta la catena alimentare e si insinuano nel plancton, principale fonte di nutrimento delle balene.
La ricerca verrà estesa anche ad altre specie autoctone, come tartarughe, balenottere e squali elefante, con un obiettivo ben preciso: verificare gli effetti nocivi su tutte le specie a rischio del bacino del Mediterraneo e proporre all’Unione Europea una programma di interventi mirati alla salvaguardia dei nostri mari.
C’è solo da sperare che tutto ciò avvenga nel più breve tempo possibile.

fonte: http://www.tuttogreen.it

E se il vero pericolo fossero i semi GM?

Gli organismi geneticamente modificati non smettono di far discutere. Dopo la pubblicazione degli studi eseguiti dai ricercatori francesi dell’Università di Caen, guidati dal dottor Gilles-Eric Séralini (vedi anche il nostro articolo OGM, finalmente una ricerca svela la loro reale pericolosità), che hanno lanciato un vero e proprio allarme sugli effetti cancerogeni del mais OGM Monsanto, ecco che sui prodotti realizzati in provetta si abbatte una nuova bufera.
Al centro dei riflettori questa volta ci sono le  sementi geneticamente modificate (sementi GM) di mais, soia e cotone, prodotti che dopo i primi anni di raccolto portano con sè una forte controindicazione: favoriscono la selezione di erbe infestanti resistenti che non si possono contrastare se non incrementando il ricorso a erbicidi.
L’utilizzo esteso degli agrofarmaci in campo si riflette anche sui prodotti alimentari e così le aziende ottengono un risultato opposto rispetto ai proclami.
VEDI ANCHE: Diserbante Monsanto Roundup: causa malformazioni genetiche?
Alla conclusione è giunto un team di scienziati della Washington State University, che guidato dal docente di agricoltura sostenibile Charles Benbrook, ha esaminato i dati ufficiali del Dipartimento Nazionale dei Servizi Statistici sull’Agricoltura.
I dati non sono per nulla incoraggianti: ogni anno negli Stati Uniti il volume degli erbicidi usati per le 3 colture in questione aumenta del 25%, con un +183 milioni di chili registrato tra il 1996 e il 2011. Un incremento gonfiato soprattutto dal glifosato, principio attivo dell’erbicida Roundup, per ridurre il quale sono state introdotte le colture GM della Monsanto.
SCOPRI IL FILM: ‘Behind the label’ come il cotone OGM sia dannoso per la terra e anche per chi la lavora
Secondo le proiezioni riferite dall’equipe da Benbrook, se la situazione non cambierà in modo drastico, il quantitativo di glifosato necessario a preservare le colture salirà presto di un ulteriore 50%. Una prospettiva resa ancor più allarmante dal fatto che circa il 95% della soia e del cotone, e l’85% del mais made in USA provengono ormai da piante geneticamente modificate.
Viene dunque da pensare che forse, in questo momento, i consumatori dovrebbero preoccuparsi non tanto dei ratti di Seralini, quanto dell’aumento della quantità di erbicidi assunti con la dieta a seguito della crescente diffusione degli alimenti che contengono ingredienti di origine geneticamente modificata.
Serve un repentino cambio di rotta.

fonte: http://www.tuttogreen.it