La proposta della Commissione Europea di puntare ad una riduzione legalmente vincolante delle emissioni
climalteranti del 40% al 2030 rispetto ai livelli del 1990 è certamente
un fatto positivo. Molti interessi avevano remato incontro, in
particolare Business Europe, la Confindustria europea.
Questo
obiettivo, oltre a dare certezze alle industrie delle fonti rinnovabili
e dell’efficienza energetica che vogliono investire in innovazione e
nuovi prodotti e di ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia,
consentirà all’Europa di giocare un ruolo incisivo nelle trattative per
un accordo mondiale sul clima il prossimo anno a Parigi.
Più debole il segnale venuto da Bruxelles sulle fonti rinnovabili,
“almeno il 27% sui consumi energetici finali”, un obiettivo che non
dovrebbe però venire articolato in target nazionali legalmente
vincolanti. Si tratta da un lato di un obiettivo inferiore
all’aspettativa del 30%, ma che segnala comunque la continuazione della
conversione energetica avviata. In termini di energia elettrica,
parliamo del 45% circa di produzione da rinnovabili. Alla faccia dei
continui attacchi alle energie verdi sulle pagine dei maggiori
quotidiani.
Sull’efficienza energetica,
infine, viene rimandata la definizione di targets al recepimento della
Direttiva sull’efficienza che dovrà avvenire entro il mese di giugno. Un
ragione di più per lavorare per un’adozione coraggiosa e incisiva della
Direttiva stessa.
Adesso dovrà esprimersi anche il Parlamento Europeo,
che in sede di Commissione ambiente ed energia ha già preso posizione a
favore di 3 obiettivi ambiziosi, mentre a marzo sarà la volta dei Governi.
È auspicabile dunque che la successiva fase di conciliazione che si
svilupperà durante il semestre di Presidenza italiana porti a
consolidare e ad irrobustire questi obiettivi.
Come si è detto, le decisioni della Commissione sono arrivate dopo un fuoco di sbarramento fortissimo della Confindustria europea.
Questa contrapposizione impone una riflessione. Infatti, componenti
significative del mondo imprenditoriale del continente si sono
dichiarati favorevoli a tre obiettivi ambiziosi. E qui si pone un tema
delicato: quello della presa di coscienza della forza di questo settore
imprenditoriale verde variegato e disgregato e della sua rappresentanza.
Guardiamo al caso italiano. Finora
in Confindustria erano due le aree che si contrapponevano sul fronte
energetico. Le imprese energivore da un lato e i produttori di energia
elettrica dall’altro. Ma ormai è emerso un terzo attore, forte, fatto di
migliaia di imprese che operano nell’efficienza e nelle rinnovabili che
deve riuscire a riconoscersi e a far sentire la propria voce.
Pensiamo solo all’elettricità verde
che ha soddisfatto lo scorso anno un terzo della domanda elettrica del
paese. Sono 600.000 gli impianti verdi che stanno trasformando la
fisionomia elettrica del paese.
È il momento di dare voce a questo terzo settore,
a questa terza gamba dell’energia. In parte queste imprese sono
presenti in Confindustria, anche se con un ruolo assolutamente
minoritario, ma in larga parte sono fuori. Questa terza area si è
organizzata nel Coordinamento FREE che, mese dopo mese, si è rafforzato
facendosi carico non solo del comparto dell’efficienza e delle
rinnovabili ma, responsabilmente, delle problematiche del sistema
elettrico tradizionale in difficoltà.
Gli obiettivi al 2030 indicano che la strada è tracciata. Occorre gestire la transizione,
con una visione complessiva della realtà italiana, delle contraddizioni
aperte, delle regole da cambiare, ad iniziare dal mercato elettrico.
Sapendo che non si torna più indietro.
L'editoriale di Gianni Silvestrini.
fonte: qualenergia.it