E’ arrivato il
tempo per il mondo delle costruzioni di scoprire e abbracciare un nuovo
paradigma nel solco della lotta allo spreco e della bioeconomia
E’ difficile, dopo anni ed anni di
investimenti, calcoli e business pensati in termini di nuovi metri
quadri e cubature, immaginare di lavorare soltanto per ricostruire e
solo in termini di qualità. Specialmente per gli addetti ai lavori nel
mondo dell’edilizia è molto difficile cambiare punto di vista. D’altro
canto il fatto che la costruzione di nuova cubatura si sia quasi del
tutto fermata per ragioni di mercato è oramai sotto gli occhi di tutti e
non è il caso di stare ancora a sottolinearlo. E il fatto che
probabilmente non riprenderà mai più lo testimoniano i milioni di case,
appartamenti, uffici e capannoni industriali vuoti. La crisi economica e
quella finanziaria fanno il resto: abbiamo intere città in vendita e
quasi nessuno compra. Da tempo il mattone non è più un investimento
sicuro e ne passerà del tempo prima che serva, o sia richiesto, di
costruire qualcosa di nuovo. Invece ovunque si parla di ristrutturazione
e di ricostruzione qualitativa, termine quest’ultimo sempre più in
voga.
Gli “ultimi giapponesi” fra i
costruttori, preoccupati perché i margini di guadagno per le
ristrutturazioni sono troppo esigui rispetto alle loro abitudini dei bei
tempi andati, sperano che parta la moda dell’edilizia di sostituzione,
almeno nelle periferie degradate del Belpaese. Abbattere e ricostruire
consente ottimi guadagni e certamente, con le adeguate azioni di lobby,
qualcosa di questo purtroppo si farà. Ma fortunatamente non sarà mai
nelle quantità sperate dai costruttori e per una serie di ottime
ragioni. La prima è che si tratta di un sistema costoso e c’è veramente
poco denaro a disposizione per fare cose che siano men che
indispensabili. La seconda è che si tratta di una modalità che prevede
molto spreco … e il tempo dello spreco è
finito,
speriamo per sempre. Poi ci sono gli indirizzi di politica europea per
il settore dell’edilizia. Negli anni passati, l’ultimo programma quadro
comunitario, per lo sviluppo dell’economia e dell’innovazione, prevedeva
molto aiuto e finanziamenti a fondo perduto per chi inventava e
diffondeva sul mercato nuove soluzioni e tecnologie per la costruzione
di edifici ad alta efficienza energetica, ecologici e “smart”. Si
cercavano nuove soluzioni per edifici intelligenti ed in grado di
“comunicare” con altri edifici, in modo da creare Smart City competitive
ed efficienti. Nel nuovo programma quadro denominato Horizon 20 – 20,
avviato appena adesso, nel gennaio 2014, e che durerà 7 anni, non c’è
neanche un euro per le nuove costruzioni. Che siano efficienti o meno. I
finanziamenti sono concentrati nel promuovere il “refurbishment”,
ovvero il riuso. L’Europa è piena di enormi palazzoni, condomini,
edifici pubblici, quartieri periferici e perfino “blocchi” di
ispirazione e/o costruzione sovietica, da ricondizionare, ristrutturare,
efficientare.
I finanziamenti sono tesi a premiare chi
individua soluzioni innovative per abbattere i consumi di energia degli
edifici esistenti e per rimetterli a nuovo migliorandone la vivibilità e
la bellezza. Anche alcuni grandi architetti si stanno concentrando su
questo tema. Renzo Piano, ad esempio, recentemente nominato senatore a
vita, devolve l’intero compenso derivante dal suo nuovo incarico per
pagare il lavoro di 6 giovani architetti. Questi ultimi sono stati
incaricati di realizzare progetti di refurbishment in numerose periferie
di città italiane, con la precisa indicazione di evitare abbattimenti e
ricostruzioni. La sfida per i giovani architetti, non solo per quelli
del gruppo di Renzo Piano, non è più quella di essere creativi
inventando nuove forme stilistiche e costruzioni sorprendenti, ma quella
di creare bellezza e funzionalità lavorando sul patrimonio edilizio
esistente, evitando sprechi, costi ed inutili abbattimenti e
ricostruzioni.
Il
nuovo indirizzo europeo e la nuova situazione di mercato, assieme alla
drammatica riduzione dei grandi cantieri, portano (e sempre più
porteranno) alla creazione di centinaia di migliaia di micro cantieri.
In questo contesto le pmi e gli artigiani edili possono prosperare
generando centinaia di migliaia di posti di lavoro qualificati ed utili.
L’importante è che gli imprenditori siano culturalmente pronti al
cambiamento e tecnicamente preparati al nuovo tipo di lavoro che li
aspetta. Il lavoro non mancherà di certo!
Il cambiamento di paradigma nel mondo
delle costruzioni è indispensabile. Altrimenti chi faceva movimento
terra dovrà riconvertirsi alla movimentazione del fango dopo le
alluvioni, chi faceva carpenteria o impalcature le farà per puntellare
gli edifici pericolanti ed i terrapieni che franano. Infine chi faceva
grandi opere dovrà specializzarsi in futuro nella costruzione di dighe
per proteggere le città lungo la costa dall’innalzamento del livello del
mare.
La Bioeconomia e la lotta agli sprechi
non sono più una semplice opzione. Citando un vecchio proverbio,
recentemente utilizzato anche da Papa Francesco, dobbiamo ricordare che:
“Dio perdona sempre, l’uomo perdona solo qualche volta, la Natura non perdona mai!”
fonte: decrescitafelice.it