il Decreto-Legge. in oggetto, all’articolo 1,
come precisava il CdM nel licenziarlo -
“L'articolo contiene una serie di interventi finalizzati a ridurre in modo
strutturale il costo dell'energia elettrica in Italia, presupposto per una
ripresa delle attività produttive e per il recupero di competitività del
Paese…”;
i
commi da 3 a 6 introducono uno strumento volontario, attivato dai singoli
operatori, per distribuire nel tempo una parte degli oneri economici per
l'incentivazione delle fonti rinnovabili elettriche;
il comma 6, lettera
b), prevede che le disposizioni di
cui alle lettere 3, 4 e 5 non si applicano: a) agli impianti incentivati ai
sensi del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6 del 29
aprile 1992; b) agli impianti incentivati ai sensi del decreto del
Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale - serie generale - n. 159 del 10 luglio 2012, supplemento ordinario n.
143, fatta eccezione per quelli ricadenti nel regime transitorio di cui
all'articolo 30 dello stesso decreto;
gli oneri per i consumatori
connessi con il provvedimento Cip n. 6/92 rilevano, per l’anno 2011 (ultimi dati
reperiti), che la differenza tra i costi sostenuti dal GSE per il ritiro
dell’energia elettrica e i ricavi ottenuti per la rivendita della medesima
energia sul mercato è stata pari a circa 1,2 miliardi di euro; il costo netto
per il sistema è attribuibile per 0,52 miliardi di euro alle fonti rinnovabili
e, per i restanti 0,70 miliardi di euro, alle fonti assimilate;
in riferimento al D.M. 6 luglio
2012, che interessa tutti gli impianti alimentati da fonti rinnovabili diverse
da quella solare fotovoltaica, in particolare gli impianti alimentati a
biomasse, la quota incentivo totale attuale è di 4,5 Mld di € annui,
rispetto al previsto di spesa di 5,8 Mld di € definito dallo stesso
decreto;
una cifra ormai insostenibile
che, insieme ai 6,7 Mld spesi in incentivi per il fotovoltaico,
grava sulle bollette elettriche degli italiani complessivamente per oltre 12 Mld
anno;
in base a tale decreto la
tariffa incentivante base dell’energia prodotta da impianti di
termovalorizzazione di biomasse, tra cui gli inceneritori di rifiuti, è
sostenuto per con una forbice che va da 122,00 euro MWh a 257,00 euro MWh, di
fronte ad un prezzo medio di mercato dell’energia elettrica pari a 77,00 €/MWh;
tale incentivo, oltre ad essere complessivamente il più elevato tra quelli
previsti per le fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, si giustifica
difficilmente anche in termini complessivi, dal momento che tali impianti hanno
un impatto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini e quindi un costo indotto
importante e che, così come indicato da tutta la normativa della U.E. in
merito, il circuito virtuoso della gestione dei rifiuti, comprese le
biomasse, deve essere rivolto al recupero del materiale e non, se non in maniera
marginale, al recupero energetico;
nell’ipotesi formulata nel
Decreto Legge all’esame si afferma che: “i risparmi ottenibili dipendono
ovviamente dal tasso di adesione e dalle condizioni che saranno offerte: una
stima prudente è di circa 700 milioni di euro annui, in caso di adesione al 50
per cento di tutti gli impianti non fotovoltaici e di adesione bassa per il
fotovoltaico.” ;
tale previsione potrebbe
risultare particolarmente ottimistica ma, soprattutto, pur nel suo ipotetico
realizzo in termini economici, non particolarmente importante, considerato che
si ipotizza un risparmio per le casse dei contribuenti di soli 700 milioni di
euro;
di fatto, senza intervenire sul
D.M. 6 luglio 2012, risulta difficile immaginare una reale riduzione dei costi
dell’energia da fonte rinnovabile di cui alla componente A3 delle bollette
elettriche;
in molti Paesi d’Europa, anche
a causa della crisi finanziaria, è in corso un ripensamento delle politiche
nazionali sulle fonti rinnovabili, in qualche caso in maniera drastica, come
avvenuto in Spagna e in Portogallo, ove sono stati sospesi a tempo indeterminato
tutti gli incentivi per i nuovi impianti;
per avere una reale riduzione
dei costi per il ritiro dell’energia elettrica da fonti rinnovabili vi sono
diverse ipotesi in discussione, nel Paese, nelle Commissioni e nelle Aule
parlamentari, tra cui: escludere dagli incentivi gli impianti di incenerimento
delle biomasse, ridurre drasticamente tali incentivi, spostare gradualmente gli
incentivi dalla produzione elettrica alle misure per il capitale degli impianti
di produzione, individuando un mix di sgravi fiscali o incentivi in conto
capitale, assegnati tramite aste competitive, e prevedendo la cartolarizzazione
per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo; l'utilizzo dei Bond avrebbe
complessivamente un impatto assai più efficace se utilizzato per la anticipata
estinzione dei residui periodi di diritto all'incentivo rispetto all'ulteriore
indebitamento previsto con il meccanismo attualmente proposto; ipotesi,
quest’ultima, sostenuta dal Coordinamento FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili
ed Efficienza Energetica) che raggruppa oltre 20 associazioni del
settore.
fonte: Rete NoInc