Vogliamo o meno continuare a finanziare le cosiddette energie rinnovabili con gli attuali sistemi?

Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC – auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015. 
 
 
il Decreto-Legge. in oggetto, all’articolo 1, come precisava il CdM nel licenziarlo - “L'articolo contiene una serie di interventi finalizzati a ridurre in modo strutturale il costo dell'energia elettrica in Italia, presupposto per una ripresa delle attività produttive e per il recupero di competitività del Paese…”;
i commi da 3 a 6 introducono uno strumento volontario, attivato dai singoli operatori, per distribuire nel tempo una parte degli oneri economici per l'incentivazione delle fonti rinnovabili elettriche;
il comma 6, lettera b), prevede che le disposizioni di cui alle lettere 3, 4 e 5 non si applicano: a) agli impianti incentivati ai sensi del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6 del 29 aprile 1992;  b) agli impianti incentivati ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 159 del 10 luglio 2012, supplemento ordinario n. 143, fatta eccezione per quelli ricadenti nel regime transitorio di cui all'articolo 30 dello stesso decreto;
gli oneri per i consumatori connessi con il provvedimento Cip n. 6/92 rilevano, per l’anno 2011 (ultimi dati reperiti), che la differenza tra i costi sostenuti dal GSE per il ritiro dell’energia elettrica e i ricavi ottenuti  per la rivendita della medesima energia sul mercato è stata pari a circa 1,2 miliardi di euro; il costo netto per il sistema è attribuibile per 0,52 miliardi di euro alle fonti rinnovabili e, per i restanti 0,70 miliardi di euro, alle fonti assimilate;
in riferimento al D.M. 6 luglio 2012, che interessa tutti gli impianti alimentati da fonti rinnovabili diverse da quella solare fotovoltaica, in particolare gli impianti alimentati a biomasse, la  quota incentivo totale attuale è di 4,5 Mld di € annui, rispetto al previsto di spesa di 5,8 Mld di € definito dallo stesso decreto;
una cifra ormai insostenibile che, insieme ai 6,7 Mld  spesi in incentivi per il fotovoltaico, grava sulle bollette elettriche degli italiani complessivamente per oltre 12 Mld anno;
in base a tale decreto la tariffa incentivante base dell’energia prodotta da impianti di termovalorizzazione di biomasse, tra cui gli inceneritori di rifiuti, è sostenuto per con una forbice che va da 122,00 euro MWh a 257,00 euro MWh, di fronte ad un prezzo medio di mercato dell’energia elettrica pari a 77,00 €/MWh; tale incentivo, oltre ad essere complessivamente il più elevato tra quelli previsti per le fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, si giustifica difficilmente anche in termini complessivi, dal momento che tali impianti hanno un impatto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini e quindi un costo indotto importante e che, così come indicato da tutta la normativa della U.E. in merito,  il circuito virtuoso della gestione dei rifiuti, comprese le biomasse, deve essere rivolto al recupero del materiale e non, se non in maniera marginale, al recupero energetico;
nell’ipotesi formulata nel Decreto Legge all’esame si afferma che: “i risparmi ottenibili dipendono ovviamente dal tasso di adesione e dalle condizioni che saranno offerte: una stima prudente è di circa 700 milioni di euro annui, in caso di adesione al 50 per cento di tutti gli impianti non fotovoltaici e di adesione bassa per il fotovoltaico.” ;
tale previsione potrebbe risultare particolarmente ottimistica ma, soprattutto, pur nel suo ipotetico realizzo in termini economici, non particolarmente importante, considerato che si ipotizza un risparmio per le casse dei contribuenti di soli 700 milioni di euro;
di fatto, senza intervenire sul D.M. 6 luglio 2012, risulta difficile immaginare una reale riduzione dei costi dell’energia da fonte rinnovabile di cui alla componente A3 delle bollette elettriche;
in molti Paesi d’Europa, anche a causa della crisi finanziaria, è in corso un ripensamento delle politiche nazionali sulle fonti rinnovabili, in qualche caso in maniera drastica, come avvenuto in Spagna e in Portogallo, ove sono stati sospesi a tempo indeterminato tutti gli incentivi per i nuovi impianti;
per avere una reale riduzione dei costi per il ritiro dell’energia elettrica da fonti rinnovabili vi sono diverse ipotesi in discussione, nel Paese, nelle Commissioni e  nelle Aule parlamentari, tra cui: escludere dagli incentivi gli impianti di incenerimento delle biomasse, ridurre drasticamente tali incentivi, spostare gradualmente gli incentivi dalla produzione elettrica alle misure per il capitale degli impianti di produzione, individuando un mix di sgravi fiscali o incentivi in conto capitale, assegnati tramite aste competitive, e prevedendo la cartolarizzazione per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo; l'utilizzo dei Bond avrebbe complessivamente un impatto assai più efficace se utilizzato per la anticipata estinzione dei residui periodi di diritto all'incentivo rispetto all'ulteriore indebitamento previsto con il meccanismo attualmente proposto; ipotesi, quest’ultima, sostenuta dal Coordinamento FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) che raggruppa oltre 20 associazioni del settore.
 
fonte: Rete NoInc