Che cos'è il CSS (combustibile solido secondario)?



l'Umbria potrà anche produrre CSS ma NON POTRA' BRUCIARLO NEI CEMENTIFICI 

 
Le modifiche operate con il Dlgs 205/10 nel DLgs 152/06 (art. 183) hanno
eliminato il CDR e il CDRQ ovvero hanno abrogato l'art. 229 del medesimo
Dlgs (anche se una norma transitoria del Dlgs 205/10 art. 39 c. 8 mantiene
in essere tutte le autorizzazioni fondate sul CDR).
Il CSS è l'erede del CDR anche se non è un suo sinonimo sotto il profilo
tecnico (concentrazioni di contaminanti permesse e caratteristiche
chimico/fisiche) in quanto si fa riferimento alle norme UNI CEN/TS 15359 e
non più' alla norma UNI 9903/1 (e per logica a quanto contenuto nel DM 5.02
1998). Le norme tecniche europee suddette sono incomplete e ancora in fase
di definizione, le norme della serie TS sono inoltre, per definizione,
"sperimentali" il cui recepimento non e' vincolante per gli Stati europei e
non comporta automaticamente il superamento di norme nazionali. Occorrerà
pertanto attendere che tali norme TS diventino norme EN per essere
vincolanti anche sotto il profilo normativo per l'Italia e gli altri paesi.

La norma specifica che il CSS è un rifiuto speciale. Pertanto il suo
utilizzo energetico va gestito all'interno delle norme e delle
autorizzazioni previste per gli impianti di smaltimento e recupero rifiuti,
incenerimento e co-incenerimento compresi. Nel caso di impianti di
incenerimento la norma per utilizzarli permane quella relativa alla
autorizzazione integrata ambientale (se l'impianto ha una capacità superiore
alle 3 t/h di rifiuti inceneriti), in precedenza rappresentata dal Dlgs
59/05 ora dal titolo III bis del DLgs 152/06. Pertanto il codice CER
corrispondente (191210) dovrà essere compreso nell'elenco dei rifiuti
autorizzati alla combustione nella autorizzazione.

Al CSS può essere applicato l'art. 184-ter sulla "cessazione della qualifica
di rifiuto" (End of Waste), in passato definito materia prima secondaria (se
tutte le condizioni ivi indicate sono, nel caso specifico, rispettate).
Rimane in vigore (in parziale contraddizione con l'inserimento del CSS)
ancora il DM 5 02.1998 che parla di CDR e di recupero energetico dello
stesso in procedura semplificata.

Nel complesso le norme italiane attuali aprono tutta una serie di questioni
che, nel caso del CSS, ne limitano (fortunatamente) la applicabilità. Per
quanto riguarda il collegamento con la direttiva 2008/09, il punto nodale
del CSS sta nella definizione di recupero. Si dice <<recupero>> qualsiasi
operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di
svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati
altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione, o di
prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o
nell'economia in generale. L'allegato II riporta un elenco non esaustivo di
operazioni di recupero; per quanto interessa il CSS spunta, anche se non
nominato, nella voce R1 dell'allegato II R1 Utilizzazione principalmente
come combustibile o come altro mezzo per produrre energia(*). Questa voce
(su cui già in precedenza si era innestata la normativa italiana sulle
procedure semplificate per la parte relativa al "recupero energetico") è
oggi collegata alla formula di calcolo dell'efficienza energetica, se questa
supera il valore di 0,65 l'impianto è da classificare come impianto di
recupero con gli (eventuali) effetti normativi in relazione al singolo
Stato. Il valore suddetto, in sintesi, è raggiungibile (nonostante il
trattamento più che favorevole indicato nella formula alla produzione di
energia elettrica) solo in presenza di impianti di incenerimento in
configurazione cogenerativa ovvero in cui una parte consistente dell'energia
termica viene assorbita da una rete di teleriscaldamento o similari (es.
Brescia).
In tal senso non esiste, nelle direttive europee sui rifiuti, il CSS o
secundary solid fuels, ma lo stesso emerge dai passi sopra citati e dalle
normative tecniche indicate.

Marco Caldiroli (Medicina Democratica)