I cambiamenti climatici stanno già
facendo sentire i loro effetti. Gli impatti saranno sempre più vasti e
per questo è necessario frenare le cause e adattarsi alle conseguenze.
Il sunto estremo dell'ultimo report IPCC potrebbe essere questo. Tuttavia, con oltre 30 capitoli che citano più di 12mila lavori scientifici, il documento non è certo di facile lettura. Tant'è che non sono mancate interpretazioni fantasiose, come quella del Corriere della Sera
che parla di “scienziati non più disposti a considerare l’effetto serra
come la prima emergenza del mondo” o quella ancora più tirata per i
capelli del Foglio,
secondo cui l'IPCC “ha riconosciuto che le temperature globali non
aumentano più e non ci sono evidenze scientificamente fondate sulla
correlazione tra emissioni di CO2 e fenomeni estremi (i quali neppure
sono statisticamente in aumento)”.
Per rendere più facile a tutti la comprensione del report abbiamo così selezionato una manciata di grafici tratti dal lavoro IPCC. Questo, qui in basso, ad esempio, localizza su una mappa gli impatti del global warming già osservati nei vari ambiti:
Scioglimento
di ghiacciai, siccità e incendi, problemi di carattere sanitario: come
si vede, gli effetti del global warming si fanno già sentire in tutto il
globo.
E in futuro la situazione
continuerà a peggiorare. Questo secondo grafico mostra il range di
aumento di temperature previsto e come i diversi gradi di riscaldamento
farebbero aumentare il rischio in vari modi, dalla distruzione di ecosistemi fragili all'aumento della frequenza di fenomeni metereologici estremi.
Da notare come i rischi vadano dal livello “moderato” ad “alto” anche nell'ormai improbabile eventualità che riuscissimo a contenere le emissioni di CO2 abbastanza da rimanere sotto ai 2°C,
obiettivo indicato nei negoziati internazionali sul clima. Sopra quella
soglia, poi, tutti i rischi vanno da “alti” a “molto alti”.
Quest'altro
grafico parla di alluvioni e precisamente di come nei diversi scenari
di aumento delle temperature cresca il numero di persone esposte a
questo rischio.
Come
si vede, se si assume che la popolazione mondiale resti costante ai
livelli del 2005, nella migliore delle ipotesi il numero di persone
esposte al rischio di alluvioni entro fine secolo aumenta di 4 volte e
nella peggiore di 14; ipotizzando, invece, un più probabile scenario di
moderata crescita demografica, la popolazione che dovrà fare i conti con queste catastrofi crescerà da 7 a 25 volte.
Da notare come i luoghi in cui le alluvioni diventeranno più frequenti
sono spesso quelli più popolati e meno ricchi: zone di India, Cina, Sud
America e Africa Sub-Sahariana.
Altri effetti di particolare gravità riguardano il cibo. Questo grafico mostra, ad esempio, le conseguenze sul pescato;
aspetto da non sottovalutare dato che nel mondo circa 400 milioni di
persone hanno una dieta basata essenzialmente sul pesce e che già ora
c'è un notevole problema di eccessivo sfruttamento delle risorse
ittiche.
Le zone più pescose entro metà secolo si sposteranno alle latitudini medie, ma l'aumento di pescosità in queste aree sarà 'compensato' da una riduzione della taglia media dei pesci.
Non va molto meglio per la produzione agricola.
Il grafico sotto mostra come gran parte degli studi finora censiti
concordino sul fatto che il riscaldamento globale abbia un effetto
negativo sulla produttività agricola, soprattutto dopo il 2030.
In particolare il 75% dei lavori scientifici prevede per fine secolo un declino della produttività agricola media a livello globale:
quindi un calo netto anche tenendo conto che in alcune aree, come nelle
latitudini più alte, i raccolti saranno più abbondanti. Un declino che
si incrocerà con l'aumento della popolazione, specie nelle aree più
povere: “I cambiamenti climatici rallenteranno la riduzione della
povertà, mettendo a rischio lo sviluppo sostenibile e minando la sicurezza alimentare”, si legge nel report.
Altro incombente problema è l'accesso all'acqua. Qui sotto si illustra l'effetto che il global warming sta causando in Asia centrale sullo scioglimento dei ghiacciai, fondamentali per le risorse idriche di questa popolosa area del pianeta.
Si parla di cali di superficie dei ghiacci già registrati, riferiti cioè al periodo 1960-2008. Come si può notare, in diverse aree la superficie dei ghiacci si è ridotta del 12-14%.
L'ultimo grafico riguarda l'Europa: vi si rappresenta il cambiamento del clima nel vecchio continente rispetto al periodo 1971-2000 in due scenari diversi:
Nello scenario che ipotizza una minore riduzione delle emissioni di gas serra (nel grafico a destra) si osserva un aumento preoccupante delle ondate anomale di caldo, come quella del 2003; in entrambi gli scenari si mostra una polarizzazione nel pattern delle precipitazioni, con zone sempre più piovose e altre, quelle dell'Europa meridionale, sempre più soggette a siccità.
fonte: qualenergia.it