

Gli anni di lotta sul tema della tutela ambientale, le
mobilitazioni di massa, la grande scossa alle coscienze della società civile,
non sono bastati al mondo politico-istituzionale per slegarsi dalle logiche di
collusione e sottomissione agli interessi lobbistici che da sempre lucrano
sulla devastazione ambientale e sullo sfruttamento dei territori.
Il disegno di Legge 1345, sintesi delle due proposte Micillo-Realacci, licenziato alla Camera e da qualche mese
in discussione nelle Commissioni Ambiente e Giustizia al Senato, doveva recepire
l’articolo 3 della direttiva europea 99/2008, introducendo nel nostro codice
penale i delitti sull’ambiente: da quello di “inquinamento dell’ambiente” fino
a quello ben più grave di “disastro ambientale”, colmando così un vuoto
legislativo a cui finora si è sopperito con le sanzioni previste per i delitti
contro la pubblica incolumità (art. 434 del codice penale) e che, grazie
all’elaborazione della giurisprudenza della Corte costituzionale, è divenuto in
materia ambientale “disastro innominato”. In
tal modo, con norme efficaci, dissuasive e mirate all’incriminazione del pericolo concreto
e del danno, si sarebbero dovuti colpire penalmente i reati ambientali, in
un contesto più efficace e meglio orientato contro atti offensivi dell’ambiente
e della salute umana.
QUEL
TESTO RISCHIA INVECE DI DIVENTARE IL SALVACONDOTTO PER QUALSIASI CRIMINE
AMBIENTALE!!!
Fino ad oggi, a fatica, i magistrati potevano
applicare, con interpretazione estensiva, la fattispecie del “disastro
innominato” qualificandolo come comportamento offensivo che produce un danno
dell’ambiente; questo potrebbe paradossalmente non essere più possibile a causa
di un testo che è stato strutturato e
manipolato per diventare il lasciapassare di violazioni gravissime.
Le ragioni che ravvediamo, confortate anche
dall’opinione di autorevoli magistrati che denunciano il rischio di
impossibilità di applicazione di quelle norme, sono molteplici:
ü
La definizione di “disastro
ambientale” si sarebbe dovuta basare su contenuti chiari e processabili
quali l’effettiva capacità diffusiva/offensiva del danno ambientale prodotto;
la sua straordinarietà quale atto grave
e complesso, non necessariamente foriero di danni irreversibili, ma con
prorompente diffusione; l’accadimento di dimensioni straordinarie, anche se
non immani, atto a produrre effetti
dannosi gravi, complessi ed estesi
e dunque idoneo a causare un pericolo
concreto per la vita o l’integrità fisica di un numero indeterminato di
persone, senza che peraltro sia richiesta anche l'effettiva verificazione della
morte o delle lesioni di uno o più soggetti (Corte Costituzionale - 1 Agosto
2008, sentenza n. 327 ed altre).
L’attuale
disegno di legge definisce invece “disastro ambientale” “l'alterazione irreversibile dell'equilibrio dell'ecosistema”, fatto
di per sé assai difficile se non impossibile da dimostrare data la totale
aleatorietà del concetto che meglio si sposerebbe con quello di persistenza nel
tempo ed estensione del danno.
ü
Si subordina la
punibilità del reato di “inquinamento ambientale” a
violazioni di disposizioni legislative,
regolamentari o amministrative spesso poco severe ed insufficienti a garantire
la tutela della salute; per quello di “disastro
ambientale” si estende il reato anche alla eventuale ed assai vaga casistica
di inquinamento “abusivo” depotenziando di fatto la portata e
l’efficacia di entrambe le norme.
In altre parole, potrebbe
diventare impossibile procedere, come pure avvenuto ad es. per la centrale
termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure, al sequestro di un impianto se le
sue emissioni pur inquinando e mettendo in pericolo la salute degli abitanti di
quel territorio, non sono in violazione della legge o delle continue deroghe in essa contenute.
ü
Il reato di disastro ambientale viene nei fatti
configurato solo come reato di danno e
non più di pericolo concreto (quando lo si correla all' “offesa alla
pubblica incolumità in ragione della rilevanza oggettiva del fatto per
l'estensione della compromissione ovvero per il numero delle persone offese o
esposte al pericolo”). Per poter quindi accertare il nuovo reato di disastro
ambientale si dovrebbero poter produrre dati
certi sull’estensione ed il
numero delle persone coinvolte nonché la incontrovertibile correlazione tra decessi, malattie o offese e gli eventi inquinanti, ma la realtà dimostra, come nel caso
dell’amianto, che il disastro può restare “invisibile” a lungo prima che
emergano i segnali della compromissione dell’ambiente e della salute della
collettività.
ü
Si introduce il ravvedimento
operoso con beneficio di riduzione di pena (fino ai due terzi) per
l’inquinatore che si dichiari d’accordo ad operare una bonifica dei luoghi.
Nella migliore delle ipotesi si tratta di una norma tesa a favorire finte
strategie di “ravvedimento”
per lasciare nei fatti le cose come sono; nella peggiore si prefigura un condono che, combinato con quanto
disposto nell’art 4 del decreto
‘Destinazione Italia’, e cioè con la possibilità per chi inquina di
stipulare accordi di programma “per
l’attuazione di progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di
riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nei siti di interesse
nazionale (SIN)”, sottoscrivendo i quali potrà usufruire di contributi
pubblici e vantaggi fiscali, sancisce,
in contrasto al principio di “chi
inquina paga”, il principio che chi
inquina non rischia niente, anzi sarà ripagato. Un ulteriore favore a chi ha interesse a continuare a speculare su
quelle aree (si pensi solo al pullulare di centri commerciali) o a buttarsi nel business della produzione della cosiddetta
Green Energy premiata dal nuovo pacchetto di incentivi o ancora al
cambiamento della destinazione d’uso di aree o territori agricoli a favore
delle coltivazioni no food destinate ad alimentare impianti a biomasse.
Non meno preoccupante è la
seconda parte del disegno di legge “Disciplina sanzionatoria degli illeciti
amministrativi e penali in materia di tutela ambientale” introdotta per
il Testo
unico ambientale che si applica “alle ipotesi contravvenzionali in
materia ambientale che non hanno cagionato danno o pericolo concreto ed attuale
di danno alle risorse
ambientali”. Anche in questo
caso siamo davanti ad un condono
mascherato, per di più facilitato dal fatto che nella maggior parte dei
casi i reati ambientali, anche le stesse discariche illegali di rifiuti
tossici, non producono un danno immediato. Basterà dunque seguire le
prescrizioni indicate dalla polizia giudiziaria e pagare una sanzione pari ad
un quarto del massimo della contravvenzione per sanare l’illecito e procederne
all’archiviazione.
Ma quello che è più grave è che
si carichi la polizia giudiziaria di compiti di carattere
tecnico/amministrativo estranei alla sua funzione e alle sue competenze, rendendo ancora più
inefficace l’opera di prevenzione sul territorio e l’accertamento reale dei
danni. Infatti, a differenza della procedura sin qui adottata, la polizia
giudiziaria (carabinieri, guardia forestale, ecc.) da braccio esecutivo della
magistratura si trasformerà in un organo di valutazione delle violazioni,
impartendo al responsabile del reato le prescrizioni tecniche e i tempi di
risistemazione ambientale, accerta il loro effettivo adempimento e riscuote la
contravvenzione comunicando al PM l’estinzione del reato affinché ci sia
l’archiviazione.
È facilmente immaginabile, alla
luce anche della possibilità data al responsabile del reato di eliminare le
conseguenze pericolose con modalità diverse da quelle prescritte, come questo
possa favorire finte bonifiche, se non addirittura fenomeni, non estranei sui
nostri territori, di collusione e complicità.
Per
tutte queste ragioni questo testo legislativo RISCHIA DI RIVELARSI UN VERO E
PROPRIO BOOMERANG PER LE COMUNITÀ LOCALI IN LOTTA DA ANNI ED UN TOCCASANA PER
LE LOBBIES INQUINATRICI.
Se
dovesse passare così com’è, gli effetti nefasti di questa sanatoria li vedremmo
immediatamente sui processi in corso per disastri come quelli di Porto Tolle,
Vado Ligure e Taranto. Grandi inquinatori come Enel, Tirreno Power, Ilva, Eni, che,
non a caso, guardano con approvazione al disegno di legge, potranno usare
queste nuove norme per difendersi nelle aule di tribunale. E’ vergognoso che
tutte le forze politiche, comprese
quelle che più hanno sbandierato propagandisticamente la necessità di colpire
chi inquina, si facciano garanti dell’impunità di chi mette quotidianamente in
pericolo la salute dei cittadini.
I
COMITATI E LE REALTA’ CHE SONO IMPEGNATE CONCRETAMENTE IN CAMPANIA CONTRO LA
PERDURANTE DEVASTAZIONE AMBIENTALE ED A FAVORE DELLA TUTELA DEI PROPRI
TERRITORI RESPINGONO IN TOTO UN TESTO CHE ANCORA UNA VOLTA MOSTRA LA
SUBALTERNITÀ DELLA POLITICA ALLE LOBBIES DEI POTENTATI INDUSTRIALI E FINANZIARI.
MAI PIU’
REGALI AGLI INQUINATORI, MAI PIU’ REGALI AI CRIMINALI!!!
Sottoscrivono
il documento:
CITTADINI CAMPANI PER UN PIANO ALTERNATIVO
DEI RIFIUTI
COMITATO NO INCENERITORE GIUGLIANO
CCF Coordinamento Comitati Fuochi
CO.RE.Ri. - Coordinamento Regionale Rifiuti
Campania
RETE CAMPANA SALUTE E AMBIENTE
RETE COMMONS
Peacelink (Puglia – Campania)
Comitato Taranto Futura
Brindisi Bene Comune
Am.be.com - Presidio no discarica (Falcognana)
Legamjonici contro l'inquinamento
NoSmog (Trieste)
Crotone ci mette la faccia
Coordinamento Regionale Umbria Rifiuti Zero