Davide ed Elvira e il team Best Before Project si impegnano
nel combattere spreco e povertà alimentare nella capitale britannica.
Attività a 360°: dal recupero di cibo scaduto, alla sua ridistribuzione
e, per finire, all'organizzazione di campagne ed eventi di
sensibilizzazione e informazione
89 milioni di tonnellate di cibo, ovvero 180 kg pro capite, sprecate
ogni anno nei paesi dell’Unione Europea. Questi numeri, e altri ancora,
si trovano nell’ultimo rapporto sullo spreco alimentare
del Servizio Ricerca del Parlamento europeo. Dopo la pubblicazione di
tale documento, il Parlamento stesso ha chiesto che il 2014 venisse
proclamato “Anno europeo contro gli sprechi alimentari”. Tra le numerose
realtà, piccole e grandi, che si dedicano a contrastare il fenomeno,
troviamo in prima linea anche l'organizzazione no-profit Best Before Project, attiva a Londra dal 2011. Intervistiamo Elvira Del Valle Cenizo e Davide Biasco,
in passato cittadini “torinesi” e ora “londinesi”, per capire meglio le
attività di Best Before Project e l’impatto dello spreco alimentare nel
mondo.
Come siete entrati a far parte di BBP?
Davide: Prima di trasferirci da Torino a Londra,
un’amica ci ha parlato dell’organizzazione e delle attività contro lo
spreco alimentare. Ci ha invitati a partecipare a uno dei meeting che si
tenevano periodicamente. Era uno di quegli incontri in cui si parlava
delle decisioni dell’organizzazione, si presentavano le attività ai
nuovi volontari e collaboratori. La mission dell’organizzazione ci ha
subito appassionato.
Elvira: Inizialmente abbiamo dato il nostro contributo
come volontari, poi ci siamo iscritti. Da circa 11 mesi, praticamente da
quando è stato scelto il nuovo consiglio d’amministrazione, io sono
diventata tesoriere e Davide direttore.
Di cosa si occupa BBP?
Elvira: L'attività dell'organizzazione è cominciata con
il recupero di cibo scaduto, che veniva depositato nei nostri magazzini
e infine ridistribuito o consegnato a enti e organizzazioni di
beneficienza. Attualmente ci dedichiamo molto di più alle campagne ed
eventi di sensibilizzazione e informazione. Mettiamo in secondo piano la
raccolta, poiché desideriamo strutturarci meglio. Quando abbiamo
cominciato tutti facevano tutto, non c’era una netta divisione dei
compiti. Inoltre, le persone coinvolte non dedicavano moltissimo tempo
alle attività dell’organizzazione. Col passare del tempo, abbiamo
cercato di gestire meglio le attività e i compiti, per avere
un'organizzazione più sostenibile ed efficiente. Le persone hanno
diversi impegni, considerando anche il fatto che si vive a Londra. Se
manca la forza lavoro il progetto stesso rischia di collassare.
Davide: In passato eravamo più concentrati sul recupero
e sulla ridistribuzione, come ha detto Elvira; raccoglievamo e
recuperavamo il cibo conservato dai negozi di piccoli e grandi
commercianti che non volevano venderlo, perché ormai scaduto.
"Collaboriamo" con qualche decina di piccoli negozianti e una dozzina di
distributori all'ingrosso. Produttori o operatori del settore
alimentare ci contattano, via mail o telefonicamente, grazie anche alla
nostra rete di contatti ed associazioni anti food waste. Posso dire che
nello spreco alimentare è coinvolta tutta la catena di distribuzione,
comprese le industrie manifatturiere. Oltre alla scadenza, ci sono anche
altre problematiche che fanno sì che il cibo venga buttato: scatole
ammaccate, etichettatura con qualche mancanza, oppure prodotti con
proporzioni o dosi di ingredienti eccessivi o inferiori rispetto a
quanto definito in una determinata ricetta. Prodotti mangiabilissimi che
vengono buttati senza battere ciglio. Noi recuperiamo questi prodotti,
dopo averli depositato nei nostri magazzini in giro per la città, li
ridistribuiamo. Siamo riusciti a muovere e a salvare svariate tonnellate
di cibo. In tre anni 30 tonnellate, mediamente un
furgone al mese. Non è un lavoro semplice, considerando il tempo
impiegato per tutti questi movimenti, aprire e chiudere i magazzini
quando necessario, prendere il furgone e andare a recuperare il cibo. Le
distanze a volte sono un problema. Se si ha la fortuna di avere a che
fare con un grande distributore, c'è più possibilità che il cibo venga
portato direttamente nella nostra sede. Diciamo che i nostri "fornitori"
si trovano nell'arco di 30 km.
Di recente, invece, ci stiamo focalizzando soprattutto sugli eventi
informativi ed educativi. Ci siamo resi conto che salvavamo solamente un
volume di cibo che possiamo definire una goccia nell’oceano dello spreco alimentare
e abbiamo compreso ancora di più il grande valore della
formazione-informazione. Ci siamo proposti, quindi, di cambiare
approccio, perché abbiamo compreso che l’educazione ha un maggiore
impatto sulla lotta contro lo spreco alimentare. Informiamo ed educhiamo
attraverso newsletter, social network, partecipando a vari eventi in
giro per la città, nelle scuole. Diciamo che siamo diventati più
consapevoli del ruolo attivo che deve avere la cittadinanza nei
confronti della lotta allo spreco alimentare. Ci rivolgiamo a tutti,
cittadini, rivenditori, a chi si occupa delle grandi catene di
distribuzione, perché le leggi sono a nostro favore. Ad esempio, la
legge europea Defra permette che i prodotti “best before date”, dicitura
di scadenza presente nell’etichetta che in italiano equivale a
“consumarsi preferibilmente entro il”, siano vendibili. Noi di BBP
diciamo “vendibili, ma con una diminuzione del prezzo”. Ovviamente si
tratta di un cibo di qualità inferiore a quello fresco, però è
perefettamente sano e non causa nessun problema.
Da quante persone è composto il vostro gruppo?
Davide: Il nostro team non è molto grande, 7 persone
lavorano e partecipano attivamente, altre 4 aiutano sporadicamente. Non
bisogna dimenticare, però, le persone facenti parte di altre
associazioni con le quali collaboriamo quando organizziamo eventi
comuni, oppure quando c’è la necessità di trasportare o spostare il cibo
recuperato.
Potete spiegarci la differenza tra “best before date”, ovvero
“consumarsi preferibilmente entro il” e “used by”, ovvero “consumarsi
entro il”? È chiara la somiglianza tra la prima dicitura e il nome della
vostra organizzazione.
Elvira: Sì, il nostro nome Best Before Project
rispecchia proprio quella dicitura. Entrambe le formule che hai
nominato, indicanti la scadenza, sono le uniche legali. Ne esistono
anche delle altre che non hanno valore legale, ma influenzano moltissimo
il consumatore. “Consumarsi preferibilmente entro il” ha a che fare con
la qualità di un prodotto. Se si consuma dopo la data di scadenza
riportata e se conservato correttamente, il cibo subisce un lento
decadimento qualitativo, ma è perfettamente commestibile. Basarsi
solamente sulla scadenza significa sprecare e buttar via inutilmente non
solo i prodotti alimentari, ma anche i materiali in cui sono
conservati. Non è possibile riciclare i contenitori alimentari, poiché
tutto finisce in discarica. Diciamo che sprechiamo contemporaneamente,
cibo, materiali utili, energia, soldi e causiamo anche danni
all’ambiente. Le etichette hanno un ruolo fondamentale e le persone
devono saperle comprendere. Nel caso in cui ci sia la dicitura
“consumarsi entro il”, se il cibo viene consumato può diventare nocivo
per la nostra salute. Va rispettata, perciò, la data indicata. Vorrei
aggiungere, inoltre, che è molto importante assaggiare il cibo, usare i
nostri sensi, non fermarci solamente al “consumarsi preferibilmente
entro il”.
Quali sono gli ultimi eventi che avete organizzato?
Elvira: Abbiamo organizzato un picnic vicino ad Harrow,
utilizzando ovviamente il cibo dei nostri magazzini, con l’obiettivo di
sensibilizzare i residenti di quella zona. A giugno abbiamo organizzato
un brunch in un ristorante vicino al quartiere Shepherd Bush, per
partecipare si doveva pagare un prezzo simbolico. Siamo stati presenti
in eventi organizzati da altre associazioni che si occupano di food
waste, noi forniamo il cibo e loro informano sulle nostre attività.
Inoltre, nel quartiere di Lambeth l'amministrazione locale distribuisce i
nostri volantini informativi. Stiamo instaurando un buon rapporto con
le suddivisioni amministrative della città, questo è un ottimo traguardo
e speriamo di poter procedere sempre meglio.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
Davide: Per quanto riguarda gli obiettivi a breve
termine, vogliamo trovare dei nuovi volontari, persone che possano
svolgere determinati compiti. Attualmente ci manca qualcuno/a che si
occupi del profilo di Facebook, a differenza di quello di Twitter, non è
molto dinamico; poi una persona che gestisca il profilo Google plus,
una per il sito e una per la newsletter. Inoltre, siamo cercando
soprattutto di assumere un fundraiser che lavori a tempo pieno per
l’associazione. Questo ci permetterebbe di trovare più fondi, gestire
meglio la comunicazione, la ridistribuzione. Altro obiettivo,
registrarsi come organizzazione di beneficienza, charity, perché abbiamo
abbastanza soldi per poterlo fare. Questo cambiamento ci permetterebbe
di internazionalizzarci e accedere alle sovvenzioni a disposizione delle
associazioni di volontariato. Il nostro obiettivo a lungo termine è,
inanzitutto, quello di offrire più selta ai consumatori riducendo lo
spreco alimentare e, qualora fosse possibile, riempire container e
spedirli dove il cibo scarseggia, dove la povertà alimentare regna.
Elvira: I soldi purtroppo servono, e questa è una cosa
che purtroppo non viene compresa, soprattutto in Italia. Ciò che viene
guadagnato viene reinvestito nell’organizzazione stessa per raggiungere
gli scopi prefissati. Un’organizzazione è un’azienda in tutto e per
tutto, ha un bilancio che non deve essere negativo. In Inghilterra
questa cosa è ben compresa da tutti; a differenza degli italiani, gli
inglesi sanno molto bene che per fare una determinata cosa servono i
soldi. Diversamente da altre organizzazioni o associazioni, che si
trovano nell’Inghilterra del nord, noi non vendiamo il cibo recuperato e
quindi esso non è una fonte di guadagno che ci permette di realizzare
le nostre attività. Proprio per questo motivo cerchiamo di raccogliere
fondi. Non siamo contro chi lo vende, ma vogliamo mantenere la nostra
linea: non vendere, ma educare le persone a consumarlo e a comprarlo.
fonte: www.ecodallecitta.it