Negli spazi occupati della capitale si disegnano quasi sempre mondi nuovi e nuove relazioni sociali tra le persone e nel territorio. Nella periferia nordorientale, al margine di un’area verde di sessanta ettari, il Parco di Aguzzano, c’è un casale tutto rosa dove si difende una speranza. Doveva diventare un mini-carcere, il Casale Alba 2. Poi, venti mesi fa, un gruppo di persone comuni del quartiere l’ha occupato e restaurato per trasformarlo in un sogno. Quel sogno, però, non finisce al mattino. Perché si nutre del Butta Beat, un fantastico laboratorio di percussioni dove si suona anche il parmigiano, e della Scatenata, la ciclofficina dove la discussione si accende facile sul pignone e sulla rivoluzione. Lo alimentano l’arte pastasciuttara del supremo Peppe e quella dei PoetAstri, il laboratorio che fantastica di irruzioni poetiche nelle piazze. E poi l’erboristeria, il corso di italiano e quello di yoga, il laboratorio d’informatica e la biblioteca popolare. Fino all’assemblea in cui, ogni settimana, il sogno ricomincia e l’intelligenza collettiva di questa piccola comunità s’interroga e decide sul suo semplice e magico potere di unire le persone
di Iann@rt
C’è un’aria davvero piacevole, oggi, ad Alba2, il casale restituito alla gente nel Parco regionale urbano di Aguzzano . Trascorrervi qualche ora è un’abitudine che sta entrando sempre più nelle scelte di chi abita qui intorno ma, naturalmente, c’è anche chi arriva da una Roma un po’ più lontana. Il cortile, inondato di sole, invita a entrare e un gradevole fresco induce a godersi a pieno l’aria rilassata che vi si respira.
Accompagnano i visitatori i due filari di pini del viale, in mezzo a un verde intenso trapunto di rossi frutti di melograno. Fuori c’è qualche sedia in più e c’è chi ha chiesto un mazzo di carte, così ora, conquistato un tavolino, può lanciare la sua sfida. Altri vanno curiosando in giro, come sempre. Arriva gente di tutte le età.
C’è chi è venuto a piedi, chi in bici, chi col cane. Una mamma spinge lentamente la carrozzina mentre un gruppo di ragazzini si avventura gridando tra i giochi del cortile e un altro s’intrufola nella sala grande, dov’è appena terminato l’incontro di yoga. Nell’aria vibra ancora la campana tibetana sollecitata da Barbara, quando qualche nota strappata al vecchio pianoforte da una mano impaziente introduce nuova allegra vitalità.
È un segnale, forse. Perché la sfida viene raccolta al piano di sopra e ne vien giù una giostra di suoni e ritmi scaturiti dagli strumenti più bizzarri:coperchi, bidoni, tavoli. Si percuote tutto, persino una forma di parmigiano … Ed ecco che, introdotto da un dissonante “Clangtumptunc tac”, s’avanza uno strano soldato: è il Butta Beat, il laboratorio musicale animato da Daniele con una tenacia che rasenta l’eroismo.
Di là, tra i fornelli della cucina, pian piano, comincia intanto ad accendersi il fuoco lento del dibattito, attizzato dalle battute e dai commenti sulla serata precedente. Una domanda, come sempre, si fa largo su tutte: che si fa a pranzo? Diversi avanzano proposte ma la lavagna appesa vicino alla cappa rammenta che, sebbene qui al Casale si sia di certo tutti uguali e si viva in pace e democrazia assoluta, sarà bene non lasciarsi andare ad avventurosi estremismi. Ovvero, come diceva una vecchia pubblicità: “Finché si scherza, si scherza, ma quando si cucina…”.
Eh si, insomma, quando la parola passa ai mestoli e ai forchettoni l’orizzontalità può investire tutt’al più il piano di cottura e il lavello, per il resto sarà bene affidarsi a una solida e affidabile gerarchia. L’organigramma del gruppo cucina, con tanto di Soviet e Politburo, è scritto alla lavagna. All’apice, insieme a Sergio, c’è il supremo, Peppe. Basta che lo ascolti e, dal tono di voce, capisci subito di che pasta è fatto. Se poi la pasta la fa con l’acqua e la farina, beh, allora capisci proprio che non ha eguali.
Avete presente uno zio autorevole, burbero ma buono? Nei momenti cruciali, però, quando c’è da sfamare 30-40 o anche più persone, Peppe si trasforma in direttore d’orchestra, un direttore ispirato quanto esigente. Guai a non andare a tempo. S’infuria, Peppe. E i rimbrotti diventano raffiche. Perlopiù ne fa le spese Sergio. A volte bisticciano peggio che se fossero coniugi ma è il loro modo d’essere amici.
Adesso finalmente il menu è deciso. Oggi il nodo critico è stato superato più agevolmente del solito. Sergio va a cogliere qualche verdura nell’orto, il regno di Matteo, un angoletto curato e odoroso sul retro del casale. Intanto è arrivata ancora altra gente, si diffonde anche qualche voce preoccupante sull’autunno che va a cominciare. I tavoli però sono stati messi giù, nel cortile, uno accanto all’altro, una bella fila. Ognuno ha apparecchiato il suo angolo e adesso tante tovaglie colorano il tavolo, un lungo treno di allegria e convivialità: i bicchieri s’incrociano frizzanti con le battute e i sapori.
Con l’avanzare del pomeriggio, diverse persone migrano nella ciclofficina. Il termine è un po’ riduttivo: la Scatenata è un porto in cui incrociano la rotta i personaggi più disparati e chiunque abbia issato vele di libertà condivisa, prima o poi vi attracca. Non tutti e non sempre hanno una bicicletta ma dell’attrezzo a pedali son tutti grandi intenditori, va da sé. Basta guardare il capannello vivace che s’affolla al primo accenno di problema tecnico.
La ciclofficina è terra di dotte discussioni sul pignone e sulla rivoluzione. Capita così che la riparazione del guasto non sia esattamente fulminea ma vuoi mettere il culto della dialèttica e della biciclèttica che portano Zazzà e Alessandro, detto Spring, in questo vissuto bazar di gente, attrezzi, oli lubrificanti e bici appese? Nulla a che vedere con lo stile che caratterizza, al piano di sopra, un laboratorio d’informatica assai tecnologico e razionale e, ancor più l’erboristeria, pervasa, come un raffinato potpourri, dei profumi di centoeuna essenza ed erbetta.
Il cielo imbrunisce e al primo piano inizia PoetAstri, il laboratorio di poesia. Un laboratorio molto aperto: per prima cosa si guarda se qualcuno ha lasciato dei versi nella cassetta della posta del cortile. Nel salire la scalinata, complice, ci segue una luna intensa, affacciata sopra le chiome degli alberi. Siamo nello spazio di Libriamoci, la biblioteca popolare, costruita libro su libro con donazioni d’ogni genere e svuotamenti di soffitte e scaffali.
“Biblioteca e sala da the”, promette il volantino disegnato da Zerocalcare, sostenitore della prim’ora di Alba 2. Paola, l’erborista, ci viene incontro con una tazza di the aromatico, e dalla porticina socchiusa fugge una folata dei profumi del suo regno. L’incontro dei PoetAstri si apre leggendo i versi che ciascuno ha scelto tra quelli che più ama. Si fantastica di irruzioni poetiche nelle piazze, per poi provare a far poesia “live”col Cadavre Exquis, il gioco surrealista inventato a Parigi negli anni Venti. Due ore volano, ed è già il momento di lasciare lo spazio a un laboratorio di approfondimento sulla cementificazione. Tra poco, comunque, comincia il cinema giù in sala grande, quella che ospita anche le assemblee, la musica e gli eventi più affollati.
Ne avrebbero di cose e di emozioni da raccontare, i muri di questa sala. I lunghi anni di abbandono e di degrado, le promesse mancate, il rischio di diventare un mini-carcere, magari con le sbarre alle finestre. E poi, finalmente, poco più di venti mesi fa, l’occupazione, il grande restauro, i mesi e mesi trascorsi a ripulire, arredare, abbellire. Alcuni dei ricordi sono segnati dalle locandine appese ma poi ci sono i dialoghi, i confronti accesi, le note dal vivo, gli applausi, le sillabe un po’ stentate di una lingua conquistata parola per parola da voci eritree, maliane, nigeriane: gli allievi del corso d’italiano.
Un anno fa, durante la festa del primo anno di occupazione, la sala è stata piena come mai prima per tre giorni di fila. C’è stata festa grande, ballavano i ragazzi e le ragazze, ballavano i cani e i bambini, e poi i tavoli, le sedie, le lampade, i fornelli. Era felice, la sala. Sì, perché, negli spazi occupati in cui si disegnano mondi nuovi e nuove relazioni sociali come in questo, sembra che le pareti abbiano una strana proprietà. Possono distinguere il magnetismo che emana dal grigio torpore di facce spente davanti a tv accese da quello di chi magari entra per caso ad Alba 2 e, pian piano, si sente e diventa parte di un sogno. Un sogno che ricomincia ogni settimana, quando la sala accoglie le persone sedute in cerchio che compongono l’assemblea, il momento in cui l’intelligenza collettiva di questa piccola comunità s’interroga e decide sul suo semplice e magico potere di unire le persone.
Il SITO: Casale Alba 2
fonte: http://comune-info.net