Come sappiamo, una sentenza della Consulta dell'11 febbraio ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'addizionale IRES a carico dei soggetti operanti nei
settori energetico, petrolifero e del gas, la cosiddetta Robin tax, introdotta nel 2008 e dal 2013 estesa anche ad alcune aziende delle rinnovabili. Per recuperare quel gettito è il momento di introdurre la carbon tax,
propone una risoluzione presentata ieri alla Camera (Commissioni
Finanze e Ambiente) dai deputati di Sel Zaratti, Paglia e Pellegrino
(testo allegato in basso)
La
sentenza della Corte Costituzionale, che non ha effetti retroattivi solo
per salvaguardare il principio costituzionale dell'equilibrio di
bilancio, dovrebbe infatti comportare minori introiti per le casse dello Stato per circa 1,3 miliardi di euro l'anno (non 11,3 come erroneamente riportato nel testo dell'interrogazione). “La
necessità di recuperare il consistente gettito che viene a mancare in
conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale, deve essere
l'occasione per introdurre nel nostro Paese nuove forme di fiscalità ambientale
che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse
ambientali nella direzione della sostenibilità e di una crescita verde”, si legge nel testo (allegato in basso).
Per questo la risoluzione impegna "il Governo ad avviare la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio". Il gettito recuperato dall'introduzione della carbon tax, si legge “sia
destinato prioritariamente agli interventi volti alla tutela
dell'ambiente, in particolare alla diffusione delle tecnologie e delle
produzioni a basso contenuto di carbonio e delle energie rinnovabili”.
Infine,
dopo aver citato la stima di Legambiente di 9,11 miliardi di euro
l'anno "in sussidi e finanziamenti pubblici alle fonti fossili che il
Governo italiano elargisce annualmente", si chiede di “rivedere e ridurre i sussidi e i finanziamenti pubblici alle fonti fossili climalteranti che vengono destinati annualmente, a cominciare dalle industrie del carbone, petrolio e gas.”.
Nel
nostro Paese una carbon tax limitata ai carburanti per atotrazione di
30 euro a tonnellata di CO2, a fronte di un rincaro della benzina di 7
eurocent al litro, pari allo 0,5%, produrrebbe entrate per 2,5-3 miliardi all'anno, stima Gianni Silvestrini, presidente del Coordinamento FREE che di recente convegno ha rilanciato la proposta.
In Italia, ricordiamo, la carbon tax è già prevista
dall'articolo 15 della legge di delega fiscale (l.11 marzo 2014, n.
23). Il Governo, vi si legge, è delegato ad introdurre nuove forme di
fiscalità “finalizzate a orientare il mercato verso modi di consumo e
produzione sostenibili, e a rivedere la disciplina delle accise sui
prodotti energetici e sull'energia elettrica, anche in funzione del
contenuto di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo”. Il gettito, secondo la delega, dovrà essere destinato “prioritariamente
alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro
generato dalla green economy, alla diffusione e innovazione delle
tecnologie e dei prodotti a basso contenuto di carbonio e al
finanziamento di modelli di produzione e consumo sostenibili, nonché
alla revisione del finanziamento dei sussidi alla produzione di energia
da fonti rinnovabili”. Parole non a caso riprese dalla risoluzione presentata alla Camera.
Peccato che la delega in questione rischi di rimanere inattuata
e dunque la tassa sulla CO2 possa non concretizzarsi: l'articolo citato
infatti rimanda alla proposta di modifica della direttiva europea in
materia di tassazione dei prodotti energetici (2003/96/CE). Proposta che
è stata ritirata a fine dicembre.
fonte: www.qualenergia.it