Le industrie del carbone decidono sui limiti delle emissioni delle loro centrali?

L’UE deve aggiornare i limiti di emissione delle centrali a carbone negli Stati Membri. I nuovi standard dovrebbero essere in linea con le migliori tecnologie di abbattimento degli inquinanti, ma secondo un report di Greenpeace l'UE rischia di fissare standard estremamente deboli a causa dell'influenza dei rappresentanti delle industrie inquinanti.

I nuovi standard di emissione delle centrali a carbone negli Stati Membri, in vigore tra il 2020 e il 2029, che l’Unione Europea sta considerando di adottare per le centrali a carbone sono estremamente deboli e potrebbero tradursi in un costo sanitario di 71mila morti aggiuntive per inquinamentodovute all’aumento del rischio di insorgenza di patologie cardiache, infarto, asma e altre malattie connesse all’esposizione agli inquinanti generati dalla combustione del carbone. Inoltre, la perdita di 23 milioni di giorni di lavoro – dato connesso all’insorgenza di queste patologie – si tradurrebbe per i contribuenti europei in un aggravio di 52 miliardi di euro tra il 2020 e il 2029. 
Sono questi alcuni dati che emergono dal rapporto “Health and economic implications of alternative emission limits for coal-fired power plants in the EU”, commissionato ad alcuni esperti da Greenpeace all’European Environmental Bureau.
I nuovi standard dovrebbero essere in linea con le migliori tecnologie di abbattimento degli inquinanti disponibili, ma l'indagine di Greenpeace (vedi sintesi in italiano “Smoke and Mirrors - I più grandi inquinatori d’Europa si dettano le regole”) svela come l’intero processo di aggiornamento di questi limiti sia finito nelle mani dell’industria del carbone. Secondo il report, i rappresentanti delle industrie inquinanti sono stati inclusi nelle delegazioni nazionali degli Stati membri che si riuniranno per mettere a punto la proposta finale tra l'1 e il 9 giungo 2015.
Per questo - deduce Greenpeace - i limiti in discussione sono ben più deboli degli standard già previsti per centrali attualmente operative nella stessa Europa, in Cina e negli Stati Uniti. “Il costo sanitario, ambientale ed economico della soggezione dell’UE all’industria del carbone rischia di essere enorme e insostenibile”, dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia.
“Quelli che pagheranno un prezzo maggiore, purtroppo, saranno i bambini, che più facilmente potranno sviluppare asma, tumore al polmone, problemi cardiaci. Non esistono scusanti per i politici dell’UE che si rifiutano di applicare tecnologie esistenti che possono salvare migliaia di vite. Il carbone causa danni irreparabili ed è tempo per l’Unione di definire i tempi per il superamento di questa fonte energetica”, conclude Boraschi.
La Commissione Europea e gli Stati membri dovrebbero votare la proposta degli esperti entro l’anno, prima che venga adottata ufficialmente dalla stessa Commissione.

fonte: http://www.qualenergia.it