Nel mese di novembre 2015 si è celebrato un
importantissimo compleanno. Importante, perlomeno per coloro, come chi
scrive, che si nutrono di cinema e di animazione fin dalla più tenera
età. 20 anni fa, il 22 novembre 1995, usciva Toy Story di John Lassenter prodotto dalla Pixar Animation.
Il film fu un incasso mozzafiato perché come era realizzato faceva
mozzare il fiato: per la prima volta la computer grafica veniva
utilizzata per realizzare un lungometraggio d’animazione. Da
allora la Pixar ha sfornato con una certa regolarità (in media ogni due o
tre anni) un cartoon in cui la ricetta era praticamente sempre la
stessa: un conflitto, un’avventura, la nascita di un’amicizia profonda che va oltre generi, razze, sesso, specie: dai giocattoli Woody e Buzz a Arlo e Spot in Il viaggio di Arlo (2015).
Grazie a Toy Story il cinema d’animazione ha
avuto una rinascita e ha ricominciato a fare quello che i film di
animazione (non solo Pixar) dovrebbero sempre fare: parlare anche agli
adulti e non esclusivamente ai bambini. Questo perché,
differentemente a quanto si crede, sono film complessi e parlano,
contemporaneamente, a pubblici differenti, e con un livello
drammaturgico e tecnico che il cinema “dal vivo” dagli albori ha fatto
con regolarità. Quindi è naturale che ci possano essere dei riferimenti a
dibattiti culturali ricorrenti. Un esempio è la presenza di coppie di differenti etnie e di generi diversi: nel film del 2014, Mr Peabody e Sherman
è la storia di un cane single che decide di adottare un bambino e lotta
per il suo affidamento. Oppure questi film possono parlare di argomenti che ci riguardano tutti, come il continuo inquinamento e la produzione globalizzata dei rifiuti.
È proprio di questo che tratta il nono lungometraggio della Pixar, WALL-E (2009), diretto da Andrew Stanton
che, nella sua filmografia ha affrontato più volte il tema
dell’ambiente e di come ci si comporta quando esso cambia o rischia di
essere distrutto irrimediabilmente
sotto i nostri occhi: sia che si tratti della picaresca avventura del
pesce pagliaccio Marlin alla ricerca di proprio figlio in mezzo
all’oceano in Alla ricerca di Nemo (2003), che agli oceani prosciugati di Marte/Barsoom in John Carter (2012).
In WALL-E l’eponimo
protagonista è un robottino, ultimo della sua classe, programmato per
smistare e ripulire un pianeta Terra completamente invaso dai rifiuti, mentre l’umanità compie una crociera sulla stazione orbitante Axiom in attesa di poter ritornare. Purtroppo a continuare questo compito è rimasto solo lui visto che gli altri robot dell’unità WALL-E (Waste Allocation Load Lifter Earth-Class),
dopo essere stati attivati nel 2105 si sono disabilitati tutti dopo
dieci anni. Tranne lui che, da settecento anni lavora imperterrito,
soffrendo di solitudine. Finché una piantina e il robot EVE, inviato
dalla Axiom per assicurarsi che la Terra sia di nuovo abitabile.
Ancora una volta una storia di amicizia,
di amore stavolta in salsa fantascientifico-distopica con un robottino
Chaplin che affronta la malvagità dei suoi simili attraverso i bit e il
suo sguardo triste: che affronta ogni giorno nello stesso ripetitivo
gesto di inglobare nel suo ventre e compostare i rifiuti come è stato
programmato di fare. Come Charlot di Modern Times
(1937) grazie all’Amore e al caso riesce a ridare speranza e voglia di
ricominciare anche a chi non è fatto di circuiti. In questo caso a
quell’umanità che oramai si era abbandonata in una comoda vita
orbitante, talmente pigri da essere quasi del tutto incapace di
camminare: lasciando che la Terra si riempisse di pattume, delegando a
macchine il compito di ripulire quanto hanno insozzato, nel nome della potente società Buy’n Large Corporation.
Saranno i cingoli sgangherati di WALL-E e le radici di una piantina che
il nostro eroe custodisce gelosamente in vasetto, che insegneranno agli
uomini a rimettersi in piedi e che le radici sono importanti.
fonte: http://www.menorifiuti.org