Produciamo
ogni anno 300 milioni di tonnellate di plastica. Con quella accumulata
fino ad oggi si potrebbe creare una pellicola che ricopre tutta la Terra
Dalla seconda Guerra mondiale ad oggi, l’essere umano ha prodotto una quantità di plastica tale da ricoprire l’intero pianeta con la pellicola trasparente.
Il preoccupante quadro è tracciato dalla ricerca
di un team internazionale guidato da uno scienziato dell’Università di
Leicester. Tutto ciò è allarmante, spiegano gli scienziati, perché
conferma che le attività umane stanno avendo un impatto mai visto sul
mondo.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Anthropocene, dimostra che non esiste più angolo della Terra libero dalla piaga dei rifiuti plastici. Anche
le regioni polari, generalmente considerate ancora incontaminate, sono
sempre più interessate dal fenomeno. Nel 2014, alcuni ricercatori hanno
trovato «significative» quantità di granuli di plastica congelati nel
Mar Glaciale Artico, provenienti dall’Oceano Pacifico.
Resti
di bottiglie, sacchetti del supermercato, grumi di polistirolo, compact
disc, filtri di sigaretta, calze di nylon e molti altri materiali sono
ormai diffusi ovunque: più di 300 milioni di tonnellate di plastica vengono prodotti ogni anno. Alcuni frammenti si trovano sotto forma di microscopici granuli, altri sono grumi più grandi. Tutti contribuiscono ad un impatto altamente dannoso sull’ecosistema e la fauna.
Questo totale annuo di 300 milioni di
tonnellate è vicino al peso dell’intera popolazione umana sul pianeta. E
il dato è destinato a crescere. La quantità totale di plastica prodotta
dalla seconda Guerra mondiale è di circa 5 miliardi di tonnellate. È molto probabile che raggiunga i 30 miliardi entro la fine del secolo. L’impatto sarà colossale.
Il professor Jan Zalasiewicz,
dell’Università di Leicester, ha guidato la ricerca e ammette la sua
sorpresa: «Eravamo consapevoli del fatto che gli esseri umani
avessero prodotto crescenti quantità di plastica di diversi tipi nel
corso degli ultimi 70 anni, ma non avevamo idea di quanto lungo fosse
stato il suo viaggio sul pianeta. Abbiamo scoperto che non ha solo
galleggiato sugli oceani, ma si è insidiata negli angoli più remoti del
fondale marino. Questo è un segno del fatto che il nostro pianeta non è
in condizioni di buona salute».
La tesi cruciale di questo nuovo studio è
che la comparsa della plastica dovrebbe essere considerata un
indicatore dell’avvio di una nuova epoca. Infatti, Zalasiewicz è il
presidente di un gruppo di geologi che deve valutare se le attività
dell’umanità hanno spinto il pianeta in una nuova era geologica, l’Antropocene, che ha rimpiazzato l’Olocene, iniziato circa 12 mila anni fa.
La maggior parte dei membri del gruppo è
d’accordo a individuare nell’immediato dopoguerra l’inizio di questa
nuova epoca. A dicembre è uscito un altro studio, sulla rivista Science, che dimostra come le diverse attività umane successive al 1945 hanno lasciato tracce nella geologia. In particolare, gli isotopi radioattivi rilasciati dalle bombe atomiche hanno impattato con tale forza sul pianeta che le civiltà future potranno riscontrarvi una discontinuità rispetto al passato.
A questi impatti, si somma l’aumento di
anidride carbonica negli oceani, la massiccia produzione di cemento e
l’uso diffuso di alluminio. Tutti fattori che indicherebbero la nascita
dell’Antropocene. Anche gli impatti ambientali “minori”, tra cui l’uso
crescente di materie plastiche, è stato ritenuto un indicatore valido.
fonte: www.rinnovabili.it