Nel dibattito pubblico molti sembrano
dimenticarlo: se le rinnovabili sono incentivate e devono continuare ad
esserlo fino a che non saranno in grado di battere fossili e nucleare
sul costo del kWh (cosa che peraltro già oggi avviene in certe
situazioni), è perché fotovoltaico, eolico e le altre fonti pulite evitano alla collettività tutta una serie di costi nascosti che invece le fossili scaricano su tutti noi e sulla spesa pubblica.
Uno studio che ci piace citare a tal proposito è “The Social Cost of Atmospheric Release”
di Drew T. Shindell, professore della Duke University, ricerca
pubblicata sulla rivista peer-reviewed Climatic Change nel 2015. Le
conclusioni del lavoro: se nel prezzo dell'energia fossero inclusi anche i danni che la sua produzione causa ad ambiente e salute umana, un litro di benzina dovrebbe costare circa un euro in più e un kWh di elettricità da carbone quattro volte il costo sostenuto da chi oggi lo produce: circa 40 eurocent, pari circa il triplo del costo di un kWh da fotovoltaico.
E questo tenendo conto solo delle emissioni in atmosfera, mentre sappiamo che i danni che fossili e nucleare producono - e lasciano in gran parte da pagare alla collettività - sono anche altri: sversamenti
di petrolio nel trasporto e nell'estrazione, a incidenti alle centrali
nucleari come quello avvenuto a Fukushima nel 2011, inquinamento e
devastazione causata dall'estrazione del carbone con pratiche come il mountain top removal (in cui appunto si asportano intere montagne), per non parlare di guerre e tensioni internazionali per il controllo delle riserve.
Divagazioni a parte, ieri è uscito un nuovo studio importante
sulla questione, anche perché realizzato da un ente governativo, che
dunque ha lo scopo esplicito di guidare l'azione politica, il NREL del DoE, il dipartimento per l'energia Usa. Nel fare il punto sulla SunShot Initiative,
il programma di ricerca in corso negli Usa per migliorare la
competitività del solare, il NREL ha pubblicato un report in cui si
quantificano i benefici per la salute pubblica e per l'ambiente che la diffusione del fotovoltaico garantisce e potrà garantire al Paese (in allegato in basso).
Ne esce che il solare (FV+CSP, cioè solare a concentrazione) potrebbe dare agli Stati Uniti benefici economici per 400 miliardi di dollari all'anno
(attualizzati) entro il 2050, se per quella data si arrivasse a una
penetrazione del 27% sulla domanda elettrica e una potenza di 240 GW.
Già ora (dato fine 2014), con un ruolo ancora marginale, circa 20 GW di potenza, il solare genera per gli Usa risparmi annuali per circa 1,5 miliardi di dollari, così distinti: 700 milioni all'anno per le minori emissioni di gas serra, pari a (2,1 c$/kWh) e 890 mln$ per il minor inquinamento atmosferico (cioè 2,7 c$/kWh) dovuti a morti premature evitate e altri danni sanitari risparmiati sostituendo la generazione dalle fossili.
A queste cifre andrebbero aggiunti i benefici (non contabilizzati) legati ad una riduzione del prelievo di acqua per 294 miliardi di galloni
(circa 1.113 mdl di litri) e del consumo della stessa di 7,6 miliardi
di galloni (287,7 mdl di litri – uno dei problemi del termoelettrico è
l'uso di grandi quantitativi di acqua, si veda qui).
Se si raggiungesse l'obiettivo della SunShot Initiative, ridurre del 75%, rispetto al 2010, entro il 2020 il costo del kWh da solare,
secondo il DoE il FV e il CSP assieme arriverebbero a fornire entro il
2030 il 14% dei consumi elettrici della superpotenza, così da
raggiungere quell'obiettivo del 27% entro il 2050.
In questi scenari, come anticipato, i benefici per
salute ed ambiente crescerebbero: i danni evitati emettendo meno gas
climalteranti arriverebbero a 259 miliardi $ all'anno, mentre i costi
sanitari risparmiati varrebbero 167 mld$/anno, evitando ogni anno dalle
25mila alle 59mila morti premature da inquinamento atmosferico; il
prelievo di acqua verrebbe ridotto del 5-8%, con i benefici maggiori
negli Stati più assolati, come la California, che peraltro sta vivendo
gravissimi problemi di siccità.
Investire
nel solare è un ottima scelta per salute, ambiente e di conseguenza,
per la spesa pubblica. Tanto più che, aggiungiamo noi, un conto completo
dovrebbe comprendere anche altre voci positive: minor dipendenza dalle
riserve fossili di importazione, ricadute su occupazione ed economia
nazionale, minori investimenti necessari sulla rete e maggior resilienza
della stessa (si veda articolo pubblicato da QualEnergia.it).
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fonte: www.qualenergia.it