Avellino, Pianodardine: Valle maledetta, tra tumori e inquinamento. E silenzi

Pianodardine. Dall'Isochimica alla Novolegno, senza dimenticare la Irm. Una striscia di morte.

Una striscia di morte. Più inquinata dell'area che circonda l'Ilva di Taranto. Eppure nessuno fa nulla. Si attende da sempre l'esame epidemiologico. Ma i medici di base già da anni dichiarano: aumento consistente delle neoplasie.

La valle maledetta, la valle dei tumori. Pianodardine, una emergenza inquinamento mai affrontata. Indagini epidemiologiche rimaste nel cassetto. Analisi dell'Arpac dai risultati inquietanti. Proteste ignorate, verità nascoste. Dall'Isochimica alla Novolegno, passando per la Irm: una lunga scia di veleni, rimasti tutti nel terreno, nei polmoni e sulla pelle di tanti residenti. Trentamila abitanti, disseminati tra i comuni di Avellino, Atripalda, Manocalzati, Montefredane, Pratola Serra, Prata Principato Ultra. Trentamila abitanti, che chiedono da più di dieci anni la verità sull'aria che respirano, sul terreno che calpestano, sull'acqua che utilizzano.
Almeno dal 2005, dall'incendio doloso che ha bruciato le ottomila tonnellate di rifiuti depositate nella Irm. Un rogo che ha sprigionato policlorobifenili (composti organici pericolosi come la diossina), con valori superiori anche cinque volte ai limiti massimi. Forse il disastro ecologico più grave mai registrato in Irpinia. Ma non solo, nell'aria di Pianodardine sono stati riscontrati anche monossido di carbonio, ozono, polveri sottili (PM 10), valori enormi di toluene, ossidi di azoto, e una quantità di benzo(a)pirene, pericoloso e cancerogeno. Una situazione che è complessivamente più grave di quella riscontrata a Taranto, nei pressi dell'Ilva. E tutto questo – così hanno certificato anni fa i medici di base – ha comportato un aumento consistente di neoplasie e malattie dell'apparato respiratorio.
Il recente incendio nel deposito di auto Urciuoli ha sprigionato altri veleni. Riportato al centro del dibattito una questione dimenticata. Quella della valle dei tumori.
Il punto è questo: come si fa a riporre nel cassetto una situazione drammatica come quella di Pianodardine? E come è possibile – dopo dieci anni –, non avere ancora dati certi sulla salute dei cittadini di quell'area, sull'eventuale incidenza dell'inquinamento sull'aumento esponenziale dei casi di tumore?
Sulla vicenda c'è una inchiesta della Procura, ma l'inquinamento non può essere risolto dai magistrati. In questi anni, oltre alle solite estemporanee prese di posizione (e al duro lavoro di alcune associazioni come Ambiente e salute), s'è fatto poco o nulla. E' rimasto tutto lì, chiuso nella valle. Si è lasciato accumulare inquinamento a inquinamento. Sono andati in malora anche i corsi d'acqua, i pozzi. Tutto.
Eppure ci vuole poco per capire che a Pianodardine c'è qualcosa che non va. Basta passeggiare nella zona. Respirare quell'aria per comprendere la portata del problema. Evidentemente – come al solito – laddove la soluzione è complessa, politica e istituzioni si allontanano di corsa. Fanno finta di non sapere, di non aver visto. Di ignorare del tutto la questione. Si chiama sistema Isochimica. Anche per la fabbrica dei veleni tutti hanno fatto finta di niente, fino a quando non sono arrivati gli avvisi di garanzia. E' cambiato qualcosa? Non molto. Ma almeno lì si è in attesa di una soluzione. E la vicenda ha assunto un rilievo nazionale. Difficile nasconderla sotto un tappeto. Come invece sta accadendo da anni per Pianodardine. Per ora resta l'allarme dei medici di base (chi meglio di loro può conoscere le patologie più diffuse sul territorio?), e la rabbia dei residenti. Oltre a quell'aria sporca che impregna tutta la zona. Tutti sanno che è letale, ma nessuno muove un dito. Nella speranza – forse – che il problema inquinamento si risolva da solo. 

fonte: Rete Nazionale dei Comitati Rifiuti Zero