Il mercato mondiale dell’accumulo elettrico residenziale
è in pieno fermento. Come per altre tecnologie innovative, è difficile
prevedere esattamente come andranno le vendite per i dispositivi di
storage con applicazioni solari, anche se ci sono tutti i presupposti
per una buona crescita.
Secondo le ultime stime di Navigant Research, il mercato globale dei sistemi domestici per l’accumulo energetico (RESS, residential energy storage systems) passerà da appena 94 MW di nuova capacità installata nel 2016 a più di 3,7 GW nel 2025.
Diversi
fattori stanno spingendo in questa direzione. Da una parte, il continuo
abbassamento dei costi delle batterie al litio, grazie anche ai
notevoli investimenti realizzati dall’industria automobilistica nella sua corsa per commercializzare auto elettriche
con autonomia estesa e prezzi più da utilitaria che da berlina di
lusso. Dall’altra parte, c’è la crescente diffusione degli impianti
fotovoltaici residenziali.
Sono sempre di più le famiglie che vorrebbero aumentare la quota di elettricità autoconsumata, alleggerendo così le proprie bollette e diventando semi-indipendenti dalla rete tradizionale (vedi anche una breve guida all’acquisto di QualEnergia.it).
Vantaggi per le utilities
L’unico modo per farlo è con un sistema di accumulo, i cui vantaggi non sfuggono più nemmeno alle utilities. Lo storage residenziale, infatti, potrebbe ridefinire le relazioni tra utenti e grandi compagnie energetiche.
In che modo? Riducendo le congestioni sulle linee di trasmissione
e permettendo così alle utilities di gestire meglio i flussi di
energia. Le società elettriche, infatti, potrebbero sfruttare la generazione distribuita dei piccoli impianti solari con accumulo, capaci di funzionare con una logica intelligente, di tipo domanda-risposta, per alleggerire i picchi di fabbisogno sulla rete (vedi anche l’articolo sugli utenti “prosumer” di energia).
Anziché
investire in infrastrutture “pesanti” e costose, come nuove linee ad
alta tensione e centrali termoelettriche, le utilities potrebbero
puntare maggiormente sulle smart grids e sulle utenze attive, cioè in grado di autoconsumare una buona parte dell’energia generata in casa con i pannelli fotovoltaici.
Certo,
non va dimenticato che lo storage residenziale conviene solo in
determinate circostanze. I mercati più promettenti al momento sono Australia, Germania, Giappone e Stati Uniti, che insieme dovrebbero valere l’80% circa del mercato previsto da qui al 2025.
Storage per le utenze commerciali: quando conviene?
Spostandoci nel campo delle utenze commerciali, una nuova ricerca di GTM Research ha cercato di valutare la convenienza attuale e futura dell’accumulo elettrico negli Stati Uniti.
Per il momento, sono solo sette gli Stati americani in cui lo storage è
un buon affare per le aziende, in virtù di sussidi locali/federali o
prezzi particolarmente elevati dell’energia acquistata dalla rete.
Il
loro numero, però, è destinato a salire a 19 entro il 2021, sostiene la
società di consulenza, grazie soprattutto al declino dei costi delle
batterie.
L’applicazione più promettente, parlando di storage e clienti commerciali, è il cosiddetto peak shaving, cioè la possibilità di ridurre il fabbisogno energetico di picco sfruttando l’elettricità accumulata nella batteria.
Poniamo
che un’azienda, di tanto in tanto, debba far partire qualche
macchinario che assorbe una quantità di energia superiore a quella
mediamente richiesta al contatore. Ebbene, se l’azienda deve pagare al
suo fornitore almeno 15 dollari al mese per ogni kW aggiuntivo di potenza, si legge nel documento di GTM Research, allora l’installazione di una batteria diventa conveniente.
Tra
qualche anno, prosegue l’analisi, un sistema di accumulo per le utenze
commerciali sarà economicamente vantaggioso anche con prezzi nell’ordine
di 11 dollari mese per kW aggiuntivo.
fonte: http://www.qualenergia.it