L’importanza delle politiche basate sul
riuso, sulla condivisione, sulla progettazione per garantire la durata e
la ricostruzione degli oggetti, e infine sul riciclo dei materiali va
letta anche in funzione degli impatti economici e delle ricadute occupazionali, come è stato ben analizzato in molti studi.
Per impostare correttamente strategie climatiche e porsi l’obiettivo della circolarità occorre però passare da un’ottica di breve periodo a una visione prospettica che consenta di mettere in discussione l’esistente e scommettere su un cambio di paradigma.
I risultati ottenibili sono notevoli. Secondo la “Piattaforma europea sull’efficienza delle risorse”, era auspicabile e praticabile l’obiettivo di aumentare del 30% la produttività delle risorse entro il 2030. Un percorso che l’Europa ha tutto l’interesse a percorrere, considerato che sul fronte delle materie prime noi importiamo 6 volte il valore di quanto esportiamo. E che può garantire notevoli ricadute occupazionali.
Proprio
per quantificare la produttività nell’uso delle risorse, vengono
pubblicati dei rapporti annuali che evidenziano l’evoluzione in Europa
di una serie di parametri chiave, dalla pressione sul capitale naturale
all’efficacia nell‘uso delle materie prime. Nell’ultimo rapporto del
2016 si evidenzia un aumento della produttività superiore alla crescita del Pil, un dato che indicherebbe un disaccoppiamento in atto.
In effetti, nel 2002 in Europa si consumavano 15,4 tonnellate per
abitante, mentre nel 2014 il valore è sceso a 13,3 tonnellate.
Questi dati andrebbero però corretti, analogamente a quelli sulle emissioni, per tenere conto dei materiali (e delle emissioni) dei beni importati.
Se si considerassero ad esempio le emissioni legate alle importazioni
dalla Cina, il dato europeo sulla produzione di CO2 dovrebbe
incrementarsi del 9%. Analogamente in Olanda, mentre l’uso delle materie
prime interne (Domestic Materials Consumption) è calato di
circa un sesto tra il 2008 e il 2012, nello stesso periodo il volume
totale delle materie utilizzate, includendo quelle importate (Raw Materials Consumption), è aumentato del 4%.
I dati sul disaccoppiamento tra emissioni/uso di risorse e Pil su scala nazionale vanno quindi analizzati includendo anche le importazioni per avere un’indicazione corretta sulle reali evoluzioni in atto. Il percorso di distacco dall’economia lineare è
comunque iniziato, anche se l’attuale crollo dei prezzi delle materie
prime e dell’energia e le difficoltà economiche hanno rallentato
l’impegno europeo.
Significativamente, l’obiettivo sull’aumento della produttività delle risorse al 2030, che era stato incluso nella proposta sull’Economia circolare del 2014, non è invece citato nel Piano d’azione dell’attuale Commissione in fase di discussione.
In realtà, proprio la situazione di crisi rende quanto mai urgente un riorientamento del modello economico all’insegna della circolarità, una scelta che in Europa potrebbe portare al 2030 vantaggi pari a 600 miliardi €/anno.
Economia circolare essenziale per raggiungere gli obiettivi climatici
Abbiamo
visto come l’emergenza del riscaldamento del pianeta sia oggi al centro
delle preoccupazioni ambientali. Ma proprio il raggiungimento degli obiettivi climatici implica un’accelerazione dei processi circolari dell’economia.
Diversi
studi hanno messo in evidenza le ricadute positive in termini di
riduzione delle emissioni di gas serra derivanti dall’abbandono di un
modello economico tipicamente lineare. Uno studio effettuato per il Club
di Roma riferito a cinque paesi europei (Francia, Finlandia, Olanda,
Spagna e Svezia) ritiene possibili per la fine del prossimo decennio riduzioni delle emissioni del 3-10%.
Un contributo dunque interessante, ma limitato. In realtà, i risultati dipendono molto dai confini posti al contributo dell’economia circolare. Un’analisi della Fondazione McArthur relativa a tre settori chiave - costruzioni, cibo e mobilità
– che considera tutte le possibilità legate ad un uso più razionale in
un’ottica circolare, incluse le forme di “sharing” di uffici e di
automobili, arriva ad un potenziale di riduzione al 2030 molto più
elevato rispetto alle stime precedenti, con una riduzione del 32% dell’utilizzo di materiali e con emissioni climalteranti inferiori del 48% rispetto agli attuali valori.
Si
possono allargare ancora i confini, considerando ad esempio la
sottrazione di carbonio dall’atmosfera attraverso l’arricchimento di humus nel suolo con opportune pratiche agricole. Una strategia che i francesi hanno teorizzato con il programma “4 pour 1000”,
volto ad incrementare annualmente dello 0,4% la quantità di carbonio
dei suoli agricoli: una soluzione tampone, tipicamente circolare, in
grado di sottrarre grandi quantità di CO2 dall’atmosfera per alcuni
decenni.
Considerando poi, più in generale, il potenziale di mitigazione al 2030 dei processi biotecnologici e della produzione dei biopolimeri, parliamo di 1-2,5 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2 all’anno, secondo le stime dell’Ocse.
Come
si vede, il contributo al contenimento delle emissioni di un modello
circolare varia enormemente in relazione alle assunzioni fatte. Da
questo punto di vista, la valutazione degli impatti del
pacchetto di misure sull’economia circolare al 2030 proposto dalla UE,
con una riduzione di 450 milioni di tonnellate cumulative di CO2, pare
piuttosto limitativa.
Il cuore della circolarità risiede nella revisione profonda dei cicli produttivi
e delle modalità di impiego delle risorse, che consente di minimizzare
l’estrazione dei minerali. Dal punto di vista climatico va evidenziato
il contributo specifico legato all’eliminazione delle emissioni dei
rifiuti e di quelle connesse con le lavorazioni più energivore.
La gestione dei rifiuti e le attività legate alla produzione dei materiali sono infatti responsabili rispettivamente per il 3% e il 19% delle emissioni climalteranti
totali. In uno scenario di decarbonizzazione, parliamo di oltre un
quinto dei gas serra antropici che andranno prima contenuti e poi
eliminati in modo intelligente.
Alcuni processi industriali, dalla produzione dell’acciaio e a quella del cemento,
prevedono l’impiego di calore ad alta temperatura svincolabile con
maggiore difficoltà dall’impiego di combustibili fossili. Le emissioni
di anidride carbonica legate alla produzione di ferro e acciaio sono
stimate pari al 7% del totale mondiale e quelle connesse con la
lavorazione del cemento ammontano al 5%.
In realtà, anche in questi settori critici è possibile intervenire,
e proprio le soluzioni circolari saranno decisive. Già adesso vengono
riciclate 580 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, pari al 36%
della produzione totale, un valore che può ancora aumentare. Ma
soprattutto, a contenere la domanda di acciaio contribuiranno le
politiche volte a stimolare la progettazione di oggetti per garantire loro una lunga vita e la possibilità di rifabbricarli.
Analogamente,
per quanto riguarda il cemento si stanno sperimentando diverse
soluzioni che consentono di ridurre la quota di CO2, quali il suo
riciclo, la progettazione di edifici che faciliti lo smontaggio e riutilizzo di elementi modulari,
la cattura dell’anidride carbonica per favorire la crescita di alghe da
reimpiegare per la produzione di calore, per finire con l’utilizzo di
altri materiali, come il legno.
Dunque,
un’economia sempre più circolare sarà essenziale per raggiungere gli
obiettivi climatici spinti e, per converso, un’economia a basso
contenuto di carbonio non può che essere circolare. E, considerato che
per evitare i rischi climatici peggiori occorrerà nei prossimi anni
innalzare drasticamente gli obiettivi di riduzione delle emissioni, sarà
importante che le azioni connesse all’economia circolare, intesa nel
suo significato più ampio, entrino con forza nelle strategie di
decarbonizzazione.
L'articolo di Gianni Silvestrini è contenuto nel libro "Economia innovatrice - Perché è imperativo rendere circolari economia, finanza e società",
Edizioni Ambiente giugno 2016, a cura di Di Stefano Andrea, Lepratti
Massimiliano con contributi di Gianfranco Bologna, Robert Costanza,
Mariana Mazzucato, Gianni Silvestrini, Pavan Sukhdev e Andrea Vecci.
fonte: www.qualenergia.it