L’Italia sostenibile, idee e azioni per il futuro: colloquio con il primo ricercatore Istat Aldo Femia
In occasione della conferenza con cui si è celebrato il ventesimo
anno di attività dell’area della ricerca di Bologna del Cnr abbiamo
incontrato Aldo Femia, primo ricercatore dell’Istat, esperto di
Contabilità ambientale molto sensibile anche agli aspetti non
strettamente tecnici della materia. Le riflessioni presentate da Femia (che interviene direttamente sulle nostre pagine, qui: http://goo.gl/02x5X3)
nel corso della conferenza, in particolare, connettono il piano tecnico
dell’analisi economico-ambientale con quello ideologico che fonda le
politiche. È passato del tempo dall’evento, ma tali riflessioni sono
slegate dal contesto e di valenza assolutamente generale, toccando
questioni fondamentali. Ci sembra pertanto opportuno riproporle oggi ad
un pubblico speriamo più ampio di quello deludente – certo solo per
quantità! – che a Bologna ha potuto beneficiare di questo e degli altri
interessanti interventi della giornata.
Femia parte dalla banale constatazione che il sistema ambientale,
considerato in sé e per sé, è una realtà fisica, fatta di spazio,
energia e materia, e che quindi la descrizione più appropriata del
funzionamento di tale sistema, considerato in sé e per sé, è in termini
di stock e flussi di materia e di energia. A suon di misurare i
progressi della nostra civiltà attraverso gli andamenti del (solo) Pil,
tendiamo troppo spesso a dimenticarci del fatto che quello economico
altro non è che un processo di trasformazione di materia ed energia
preesistenti nell’ambiente naturale: trasformazione che va a innestarsi
in maniera non necessariamente armonica nella circolazione naturale
degli elementi.
In altre parole, sintetizza Femia, quel che «direttamente conta per
il sistema ambientale è solo la dimensione fisica delle attività umane».
Per avere concrete misure di quanto e come perseguiamo la sostenibilità
ecologica del nostro benessere, sarebbe necessario esplicitare il nesso
tra occupazione, reddito, tasse (etc.) e i relativi flussi di materia
ed energia. Questo, e non è velleitario sottolinearlo, ad oggi in gran
parte non avviene.
L’Istat in realtà, grazie al lavoro d’avanguardia portato avanti in primis da Femia,
aggiorna periodicamente la contabilità dei flussi di materia italiani e
occasionalmente sviluppa interessanti applicazioni descrittive e
analitiche relative alla circolazione di materia ed energia nel nostro
sistema economico (studiando ad esempio il ruolo delle delocalizzazioni
nelle nostre performance ambientali). Difficilmente purtroppo questa
conoscenza varca i confini del dibattito pubblico – per non dire della
programmazione economica e politica.
Eppure l’uso efficiente delle risorse è obiettivo comune alle imprese
– almeno prese singolarmente – e alla cosa pubblica. «Qualsiasi
approccio all’ambiente che abbia pretese normative – spiega Femia a
greenreport – non può esimersi dal considerare anche il punto di vista
economico. Questo punto di vista però non è univoco, come non è univoco
il significato di espressioni come “attribuire un ‘valore economico’
all’ambiente e alle risorse della natura”. L’analisi dei flussi di
materia ed energia può consentire una valutazione dell’efficienza
dell’economia più completa di quella usuale, e contribuire ad una
misurazione del benessere più appropriata dal punto di vista della
sostenibilità ecologica».
«Se si vuole valutare un prodotto o un’attività in relazione alla
loro “sostenibilità” non è sufficiente – argomenta Femia – sapere ad
esempio quanto inquina un prodotto materiale quando viene usato e
quanto si inquina per produrlo, ma serve sapere anche: quanto si
inquina per produrre quel che serve a produrlo e quanto inquina quando
lo si getta via e diventa rifiuto. Inoltre, occorre anche mettere in
relazione tutto ciò ai servizi che il prodotto può fornire nell’arco
della sua vita utile». Andando al di là delle tanto comuni operazioni di
retorica, la base di conoscenza per costruire un’economia circolare sta
tutta qui.
fonte: http://www.greenreport.it