Quando l’Orto in Condotta diventa Solidale


Dopo il racconto del progetto di Orto Solidale realizzato dalla Condotta Slow Food Gorgonzola – Martesana, continuiamo a sviluppare il tema grazie all’incontro con Alessio Iori, fiduciario della Condotta Slow Food Basso Mantovano la quale gestisce una rete di orti dal 2009. Questa rete ha ispirato, tra gli altri, l’orto di Gorgonzola e quello di Legnano realizzando quel virtuoso circolo di buone pratiche tipico della rete Slow Food.

Alessio, com’è nato il progetto di orti solidali nel Basso Mantovano?

L’orto solidale nasce come naturale evoluzione del progetto Slow Food Orto in Condotta realizzato a partire dal 2006 nella scuola Secondaria di Primo Grado di Pegognaga. Tra le altre cose, era previsto un censimento degli orti domestici di questo comune che mise in evidenza come l’orticoltura fosse una pratica ancora ben radicata nel paese e nel circondario.
La nostra rete di orti solidali del Basso Mantovano in questi anni è parecchio cresciuta: attualmente ci sono 5 orti in 5 paesi diversi, di cui 4 sviluppati in collaborazione con le amministrazioni comunali (a Moglia, Pieve di Coriano, Suzzara, San Benedetto Po) oltre a Pegognaga, dove l’orto è ospite di un agriturismo sociale.

L’orto di cui sei responsabile a San Benedetto Po si è attrezzato per accogliere disabilità mentali e fisiche e da quest’anno accoglie anche dei richiedenti asilo. Come funzionano queste attività?

L’anno scorso ci siamo accorti che una ragazza con disabilità fisiche che già partecipava alle attività in orto non aveva facile accesso a queste. Quindi ci siamo attivati recuperando materiali in disuso e con l’aiuto di alcuni amici muratori abbiamo elevato il livello del terreno in modo da rendere più semplice la lavorazione della terra, la cura degli ortaggi e la loro raccolta. Abbiamo poi aperto un’altra entrata più comoda: con queste semplici mosse l’orto d’ora in avanti non avrà barriere.
Abbiamo poi voluto attivare collaborazioni ad hoc con realtà locali a noi affini strutturando le attività per ragazzi diversamente abili. Oggi sono coinvolti in un progetto di più ampio respiro grazie alla collaborazione con il Circolo Arci Primo Maggio di San Benedetto Po: i ragazzi prestano turni di servizio insieme a persone normodotate e spesso dopo aver raccolto le verdure ci spostiamo tutti in cucina per preparare i piatti che degusteremo alla sera tutti assieme.
Per quanto riguarda invece i richiedenti asilo, grazie alla collaborazione con la cooperativa sociale Olinda da quest’anno abbiamo cominciato a coinvolgere nelle attività orticole un gruppo di africani. Inizialmente partecipavano semplicemente ai lavori dell’orto, con il passare del tempo il gruppo è cresciuto in numero e le attività si sono ampliate e hanno quindi avuto accesso a un corso base d’italiano e a lezioni di musica. Siamo sempre alla ricerca di sementi africane in modo da permettere a loro di ritrovare i gusti della loro terra e a noi di scoprire nuovi sapori! Per questo ci siamo appoggiati alla rete di Terra Madre e al progetto dei 10.000 orti in Africa. A breve assieme a loro cucineremo anche il cheb ou jen, piatto a base di riso, verdure e spezie… l’orto è anche questo: condivisione e contaminazione di sapori per avvicinare persone e culture. Mai come ora ne abbiamo così bisogno.

Puoi citarci qualche esperienza significativa che siete riusciti a realizzare dentro e fuori la rete slow?

Sono veramente tante le iniziative e gli scambi che possono nascere grazie ad un orto solidale… Tra le più significative citerei, ad esempio, la località di Gangi nella Condotta Slow Food delle Alte Madonie, dove abbiamo messo a confronto la nostra esperienza con i due orti sociali presenti nei comuni siciliani. Durante questo incontro è nato un dibattito veramente interessante con alcuni agricoltori custodi della zona e ci siamo da subito attivati nello scambio di sementi: “zucchine da tenerume” in cambio di “zucca cappello del prete mantovana”! Ne è nata anche una buona amicizia.
Abbiamo anche occasione di collaborare con il mondo della scuola. A Ustica, infatti, assieme a Giancarlo, responsabile del giardino locale, e ai produttori della Lenticchia, Presidio Slow Food, abbiamo realizzato un laboratorio educativo per i bambini dell’isola, mentre l’orto solidale di San Benedetto Po è meta prediletta della gita scolastica annuale delle Scuole dell’Infanzia e Primaria locali. Infine, sono parecchie anche le iniziative di stampo sociale, a Pegognaga vengono ospitate alcune famiglie con disagi sociali e l’orto di Suzzara collabora con la Caritas aiutando circa 80 famiglie indigenti.

 

La Condotta Slow Food di Gorgonzola-Martesana ci ha raccontato che il vostro progetto è stato fondamentale per sviluppare il loro orto solidale. L’esperienza di scambio, tra l’altro, è servita anche per gemellare le due Condotte. Qual è il valore aggiunto della rete Slow Food per un progetto come questo?

L’orto solidale instaura relazioni sociali sul territorio connettendo e fidelizzando la rete di soci Slow Food già esistente. Dunque si tratta di partire con un modello di orto attingendo da un network di persone già sensibili a questo tema e che attraverso il progetto diventa ancora più “attivo” e non solo semplice fruitore di cene, laboratori o eventi.
Potenzialmente il progetto può avere sviluppi enormi su tutto il territorio poiché, essendo semplice da attivare, potrebbe essere esportato come modello di sostenibilità alimentare in tutte le Condotte Slow Food e non solo.

Quante persone sono coinvolte nel progetto di orto solidale e come contribuiscono?

Il numero di partecipanti per orto oscilla mediamente tra i 6 e i 10 ortolani per realtà, in stretta correlazione alla superficie dell’orto. Come citato nel nostro regolamento, è previsto il versamento di una quota annuale per il mantenimento e la coltivazione dell’orto, in cambio tutti i soci hanno diritto a una ripartizione equa e solidale dei suoi frutti.
La Condotta Slow Food Basso Mantovano ha supportato l’iniziativa stanziando una quota per sostenere l’avvio del progetto e ricerca possibili sponsor o donazioni per il proseguimento delle attività. I soci dell’orto solidale sono anche soci Slow Food proprio perché il progetto nasce come comunitario, legandosi al concetto della Comunità dell’apprendimento, ovvero un network di persone che favoriscono la conservazione e il rafforzamento di una produzione di cibo sostenibile, attraverso l’educazione della società civile e grazie allo strumento dell’orto. Ogni socio dunque è coinvolto in un percorso più ampio che non mira alla sola coltivazione e raccolta dei prodotti, ma è tenuto a partecipare a un corso di formazione, all’assemblea annuale e alle riunioni organizzative.
Una volta impiantato l’orto e deciso il programma colturale, viene tenuto un registro di bordo dell’orto e periodicamente vengono pubblicati aggiornamenti informativi pubblici disponibili sul sito dell’orto. È prevista inoltre la figura dell’Ortolano Custode con l’obiettivo di garantire la continuità di coltivazione nell’orto. L’Ortolano custode non versa la quota annuale e gode degli stessi diritti degli altri soci. Infine tra i soci viene nominato un responsabile tecnico-coordinatore e uno contabile.

Credi che l’orto possa contribuire a concretizzare i valori e le buone pratiche di Slow Food?

Ne sono assolutamente convinto poiché l’orto solidale nasce proprio dai valori Slow Food di “buono, pulito e giusto” e sottolineerei che questo vale “per tutti”. La persona che si approccia all’orticoltura acquisisce un maggior senso di consapevolezza alimentare poiché con le proprie mani ricava il proprio cibo quotidiano.
Per saperne di più:
FB Rete degli Orti Solidali del Basso Mantovano
www.ortosolidale.it
info@ortosolidale.it