Altroconsumo: Smaltire i Raee rispettando l'ambiente è una pratica costosa. Ecco perché prosperano i "furbetti del riciclino"
Raccogliere i Raee va bene, ma dopo dove vanno a finire? Marco Sala, ingegnere a capo delle operazioni per il controllo di qualità della raccolta e dello smaltimento dei Raee del consorzio Ecodom, mette subito il dito nella piaga: non tutti sono consegnati ai sistemi collettivi, i consorzi, preparati per trattarli al meglio. «In assenza di standard di qualità obbligatori e di un adeguato sistema di controlli, Il vero punto debole nella normativa sullo smaltimento dei Raee sta nell’utilizzo del cosiddetto modello "all actors". Questo consente a chiunque detenga un Raee di cederlo sul mercato a chi ritiene più opportuno. Anche a chi, per convenienza economica, probabilmente non lo sottoporrà a processi di trattamento corretti, con gravi danni per l’ambiente e per la nostra salute». Sala è anche l’unico italiano a far parte del consiglio direttivo di Weeelabex, organismo internazionale che ha tra i suoi principali obiettivi quello di certificare gli impianti di gestione dei Raee. Una certificazione volontaria alla quale hanno aderito 32 sistemi collettivi europei, sette italiani.
La normativa "all actors" apre a nuovi operatori e quindi genera una maggiore concorrenza. Anche gli operatori diversi dai sistemi collettivi hanno una licenza per gestire i Raae.
«Una licenza non può e non deve essere sufficiente. Senza controlli, come purtroppo succede in Italia, si finisce per non garantire alcunché, né una sana concorrenza né il rispetto per l’ambiente. Perché se un’insegna della grande distribuzione o l’azienda municipalizzata cede i Raee che ha raccolto a un rottamaio – intendo uno di quelli autorizzati, perché quelli illegali non dovrebbero neppure esistere – il rischio è che il rottamaio estragga dagli apparecchi le materie prime che hanno un valore, "dimenticando" di gestire in maniera corretta tutto il resto. Non si possono fare generalizzazioni, ma senza i controlli il rischio è concreto. Gestire male un rifiuto è economicamente più vantaggioso che farlo bene».
Ci faccia un esempio.
«Pensiamo a un frigorifero. Si estraggono il motore, il rame, l’alluminio e il ferro, ma poi c'è da gestire il gas inquinante, il Cfc. C’è chi decide di non farlo, rilasciando il gas nell’atmosfera: nessuno se ne accorge, perché è appunto un gas. Una scorciatoia che fa risparmiare in costi di smaltimento e guadagnare di più. Noi che invece lo recuperiamo, oltre ai costi diretti di smaltimento del gas, facciamo investimenti importanti in tecnologie che ne consentono il recupero. Per questo chi lavora male ha meno costi e maggiori guadagni, fa concorrenza sleale e per di più inquina. Insomma, fa venir meno in un colpo solo tutti gli obiettivi che la legislazione in tema di smaltimento dei Raee si propone di raggiungere».
Quale sarebbe la convenienza nel cedere i Raee a operatori diversi dai sistemi collettivi?
«La convenienza è solo economica e dipende da vari fattori: il tipo di Raee, il prezzo delle materie prime in quel momento e il costo del trasporto. Con i rottamai poi si può negoziare, mentre i sistemi collettivi riconoscono un “premio di efficienza”, che non è propriamente un corrispettivo. Una cifra fissa di circa 100 euro a tonnellata, non negoziabile perché stabilita da un accordo di programma siglato dai rappresentanti di tutte le parti in causa».
Perché la grande distribuzione si dimostra restìa a raccogliere i piccoli Raee?
«Forse perché sono piccoli: una tonnellata la si raggiunge con 20 lavatrici, mentre di cellulari occorre metterne insieme più di 5.000. E poi credo che serva ancora un po' di tempo perché il nuovo sistema vada a regime».
Solo un Raee su tre viene smaltito dai sistemi collettivi. Dove finiscono gli altri due?
«Come già detto, una parte finisce in mano ai rottamai, un sistema che definisco "grigio" perché è opaco, anche se legale. Poi c'è l'enorme mercato nero. Non solo l'export illegale verso l'Africa, dove i rottami dei Raee, spolpati dei materiali da rivendere, vengono bruciati a cielo aperto, in spregio a qualsiasi considerazione di carattere ambientale o sanitario. Ci sono le discariche abusive, le ecomafie, le truffe, il lavoro nero, i furti nelle riciclerie: sono furti mirati, si prelevano solo i materiali di valore. Per esempio i compressori dei frigo vengono rivenduti a 5 euro l'uno; smontandone dieci, si mettono insieme 50 euro. Il motore di una lavatrice lo si rivende a 3-4 euro. Con la crisi è un fenomeno che è cresciuto. Ma anche il mondo della distribuzione può avere i suoi "padroncini destrutturati"».
Chi sarebbero, scusi?
Quando il settore logistico delle aziende non è ben organizzato, può succedere che trovino spazio personaggi abili a far perdere le tracce dei Raee più preziosi. Per esempio, i vecchi elettrodomestici prelevati a casa del consumatore, che ha comprato quelli nuovi, non prendono la via del magazzino, ma quella che conduce direttamente ai ricettatori».
fonte: www.altroconsumo.it