Gli scarti vegetali utilizzati per produrre energia
rinnovabile non rientrano nella disciplina dei rifiuti solo se ben
stoccati e non dispersi nell'ambiente. In caso contrario, risultano
materiale abbandonato e quindi classificabile come rifiuto.
Questo quanto stabilito dai Giudici nella sentenza Tar Toscana 1611/2016
che ha esaminato il caso di un deposito di residui di materiale
insilato, presso un impianto di produzione di energia elettrica da
biogas.
In seguito ai rilievi effettuati dall'Arpa presso l'impianto, è stato "riscontrato l'abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti costituiti da residui di materiale insilato non avente più le caratteristiche di quello destinato ad alimentare l'impianto aziendale". Il Sindaco del Comune nel quale è ubicato l'impianto ha, perciò, emanato un'ordinanza per la rimozione dei rifiuti.
In seguito ai rilievi effettuati dall'Arpa presso l'impianto, è stato "riscontrato l'abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti costituiti da residui di materiale insilato non avente più le caratteristiche di quello destinato ad alimentare l'impianto aziendale". Il Sindaco del Comune nel quale è ubicato l'impianto ha, perciò, emanato un'ordinanza per la rimozione dei rifiuti.
L'azienda propietaria
dell'impianto ha contestato che il materiale riscontrato dall'Arpa e
dalla Polizia Municipale possa essere qualificato come rifiuto, perchè
si tratta di una modica quantità di biomassa costituita da prodotti
vegetali non trattati chimicamente, non pericolosa per l'ambiente e
accidentalmente caduta al suolo durante le operazioni di stoccaggio.
I Giudici hanno respinto il ricorso dell'azienda,
in quanto i rivieli effettuati dall'Arpa mostrano chiaramente che "il
materiale risulta abbandonato sul terreno, e ciò evidenzia l'intenzione
della ricorrente di disfarsene. Correttamente, quindi, il Sindaco, ...
ha impartito l'ordine di rimuoverlo".
I materiali agricoli utilizzati per produrre energia sono esclusi dalla disciplina sui rifiuti (articolo 185, comma 1, lett. f) del Dlgs 152/2006) solo fintantoché vengono utilizzati per produrre energia e non quando siano stati abbandonati, come accaduto nel caso esaminato. Caso che ha procurato anche un evidente danno ambientale, derivante
dal percolato rilasciato dai residui vegetali abbandonati e dal
relativo ruscellamento nei corsi d'acqua limitrofi all'azienda
ricorrente.
Inoltre, i materiali rinvenuti non possono essere nemmeno considerati come funzionali a fertilizzare il terreno
- come dicharato dall'azienda - perchè esso è stato compattato con
l'apporto di materiali sabbiosi e detriti rocciosi, trasformandolo in
piazzali per ospitare i silos di stoccaggio. E ciò fa venir meno la sua
natura agricola.
fonte: www.nextville.it