Ha suscitato apprezzamenti ma anche critiche il nostro articolo sulla
raccolta differenziata di alcuni giorni fa dove invitavamo ad evitare
gli slogan per capire meglio il fenomeno. E in qualche modo ci viene in
aiuto lo speciale del Tg1 dal titolo Riciclando, andato in onda il 5 febbraio.
Una trasmissione sicuramente fatta con impegno, ma che mostra fin dalle
prime immagini una gran confusione sull’argomento trattato: le immagini
cominciano parlando di Aurelio Peccei e dei “Limiti dello sviluppo”; da
lì alle famigerate ecoballe (rifiuti speciali non riciclabili) “dentro
le quali c’è di tutto”, per poi dire “che da quelli che ci ostiniamo a
chiamare rifiuti si può sempre ricavare qualcosa di buono”, passando al
riciclo delle bottiglie di plastica (rifiuti urbani) per concludere il
primo giro di nuovo in zona eco balle, con i pioppi per bonificare il
terreno dai rifiuti industriali di aziende conciarie toscane sversati
nella zona (di nuovo rifiuti speciali).
Così
si va avanti per tutta l’ora di trasmissione, senza spiegare mai che
cosa si può effettivamente avviare al riciclo e che cosa no. Nella prima
metà dello speciale sembra poi che la tesi giornalistica sia: bisogna
fare come in Austria e Germania, dove si usano gli inceneritori (68 in
Germania, viene detto), zero discariche ( e quanto sia vero basta
cliccare su google) e si ricicla il 50% dei rifiuti urbani. Non solo, i
termovalorizzatori vengono messi a confronto con i cementifici che
bruciano pure loro i rifiuti, sostenendo che i primi sono più
controllati (ed è vero) e i secondi no “perché la loro lobby è molto
potente”, dice uno degli intervistati. Ma bisognerebbe aggiungere anche
che i termovalorizzatori hanno impianti di abbattimento che i
cementifici non hanno.
Non
manca l’esempio di Capannori, dove però si parla solo dei rifiuti
urbani e non delle cartiere – veri e propri impianti di riciclo della
carta proveniente dalle raccolte differenziate – che sempre lì stanno e
che, come ogni impianto industriale, producono a loro volta (molti più)
rifiuti (speciali però).
Così
sembra che la partita sia tutta nelle mani del cittadino che compie il
proprio dovere ottemperando alla raccolta differenziata, ma non è vero.
Questo è solo un (pur indispensabile) passaggio. I rifiuti urbani sono
solo 1/4 dei rifiuti prodotti e il resto, i 3/4, sono speciali
(pericolosi e non); inoltre in quel quarto almeno il 40% è organico e in
tutta la trasmissione non se ne parla.
Bene
invece che venga sempre messo davanti a tutto un problema: c’è sempre
un mercato per i prodotti derivanti dal riciclo? Una domanda alla quale
non viene mai data una risposta certa, perché purtroppo questo, come
greenreport denuncia da ormai 11 anni, è uno dei guai. Quando si accenna
al fatto che alcuni prodotti da riciclo alcune aziende non li vogliono
nemmeno pubblicizzare si tocca con mano il cuore di questo problema. Che
non è l’unico, ma è certamente uno dei più gravi. Gli acquisti verdi,
nonostante le leggi non si fanno e gli incentivi, almeno in Italia,
vanno alla termovalorizzazione e non ai prodotti riciclati.
Le
frazioni che hanno un valore di mercato esistono, ma quelle che non lo
hanno un costo secco. I rifiuti sono una miniera, dice anche la nostra
amica Paola Ficco, ma giustamente aggiunge che “le norme in Italia non
stabiliscono quando un rifiuto diventa risorsa”. E così hai voglia di
provare a dire che i rifiuti inerti possono essere convenientemente
utilizzati nei sottofondi e/o nei manti stradali, se poi la legge non
incentiva o talvolta proibisce simili utilizzi i rifiuti rimangono tali e
necessitano di essere smaltiti, non assomigliando per niente a una
miniera d’oro.
In
evidenza poi viene messo il caso di Roma, dove i rifiuti per evitare
l’emergenza vengono spediti a bruciare in Germania; non si parla però di
Napoli, che storicamente ha inviato e invia tonnellate e tonnellate di
rifiuti via chiatta per aggirare l’eterna emergenza rifiuti e il resto
lo invia al termovalorizzatore di Acerra. O di tutti i rifiuti
pericolosi, in primo luogo amianto, che tutt’oggi vanno all’estero per
essere gestiti (anche in questo caso in prima fila c’è la Germania).
Volendo
rimettere le cose in ordine si può dire che: parlando di rifiuti
affrontare solo la questione degli urbani è sbagliato. Ammesso che si
voglia parlare solo di questi è giusto che venga messa in evidenza
l’importanza che i materiali che vengono avviati al riciclo siano di
qualità, quindi raccolti nel migliore dei modi. Avviato a riciclo tutto
ciò che è riciclabile, il resto va gestito e con questo anche gli scarti
del riciclo, di cui nella trasmissione non si parla ignorando così
centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti (speciali, anche in
questo caso). Tutto il resto del cambiamento, appare evidente, non
dipende affatto dalle nostre mani, ma da quelle della politica, e nella
fattispecie delle politiche fiscali prima e industriali poi.
Fabiano Alessandrin
www.greenreport.it