Le industrie tessili sono al secondo posto nella classifica tra le più inquinanti del mondo. Il motivo? Semplice, ci siamo scordati del piacere del “riuso” e ora, al primo filo che cede o dopo qualche mese dall’acquisto, se la moda è cambiata, buttiamo gli abiti e ne compriamo di nuovi. Fa tutto parte di un nuovo trend chiamato “Fast Fashion” per cui, ogni stagione, cambiamo gli abiti comprati low cost l’anno precedente e ne compriamo di nuovi.
Il danno ambientale che nasce da questa “overdose” di capi d’abbigliamento è imponente al punto tale da essere visto persino nello spazio. Il Lago D’Aral, per fare un esempio, si è ridotto in modo esponenziale per colpa delle monoculture del cotone che hanno deviato il corso dei fiumi che lo alimentavano. Senza considerare poi che realizzare un paio di jeans costa 11mila litri di acqua, il trasporto consuma energia e gli insetticidi e i pesticidi inquinano l’ambiente.
Gli ambientalisti così chiedono di adottare pratiche industriali molto più sostenibili, cominciando dallo step della conoscenza: tutti dovrebbero infatti sapere che danni comporta la produzione a basso costo e deve essere diffusa questa consapevolezza sperando così in un consumo più consapevole.
fonte: www.greenstyle.it