Quasi 7 milioni e mezzo di chili di rifiuti tecnologici, tra pile, batterie, pc, smartphone, tablet, televisori ed elettrodomestici. Un macigno che pesa come 535 Caval ‘d Brons, il monumento di Piazza San Carlo a Torino. Questo è quanto ha raccolto in Piemonte nel 2016 Cobat – Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo. Una vera e propria miniera che ha generato nuove materie prime – piombo, vetro, plastica, alluminio, rame e molto altro – da reimmettere nel ciclo produttivo, con un beneficio concreto per l’economia del territorio. I dati sono stati presentati nel corso di “Economia Circolare in Piemonte: riciclo, legalità e best practice per lo sviluppo del territorio”, convegno organizzato da Cobat e Panorama d’Italia, che ha visto la partecipazione di Stefania Giannuzzi e Alberto Sacco, assessori rispettivamente all’Ambiente e al Commercio del Comune di Torino.
Il percorso dei rifiuti tecnologici è
spesso poco conosciuto. Eppure si tratta di prodotti presenti nelle case
e negli uffici di tutti: dalle pile del telecomando alla batteria
dell’auto, passando per le apparecchiature elettriche ed elettroniche
per arrivare ai moduli fotovoltaici. I cittadini sono tenuti a portarli
nelle isole ecologiche comunali, dove successivamente
consorzi come Cobat li ritireranno per avviarli al riciclo. Le imprese
invece dovranno contattare raccoglitori autorizzati per organizzare il
ritiro presso la propria sede. In base alle leggi europee recepite
dall’Italia, i costi di raccolta e riciclo sono finanziati da chi quei beni li produce o li importa.
In Piemonte, Cobat garantisce una raccolta capillare “a chilometro zero”,
che permette di ottimizzare la logistica e di abbattere le emissioni di
anidride carbonica in atmosfera dovute al trasporto dei rifiuti. Sono
infatti 8 i Punti Cobat – aziende autorizzate alla raccolta e allo
stoccaggio distribuite in maniera omogenea su tutto il territorio
regionale – che hanno servito le isole ecologiche e le imprese di
piccoli e grandi comuni, dalla pianura alla montagna, avviando al
riciclo i rifiuti nei 3 impianti di trattamento piemontesi e nei 5 della
vicina Lombardia.
Il tesoro dell’Economia Circolare potrebbe essere ancora più ricco, con un contrasto più efficace all’illegalità. “Non è solo un problema di criminalità organizzata – spiega Claudio De Persio, direttore operativo di Cobat – esiste
un sistema diffuso di pratiche illegali che riguarda tutti: imprese che
si affidano a soggetti non autorizzati per sbarazzarsi dei rifiuti,
gente che smonta la parte più di valore del rifiuto – ad esempio il
motore di una lavatrice – per abbandonare il resto per strada, stoccaggi
abusivi e molto altro ancora.”
“Questo – prosegue De Persio – crea
un danno ai cittadini e all’ambiente. Perché da un lato fa crescere i
costi di raccolta e riciclo, favorendo indirettamente il nero e
l’evasione fiscale, con le imprese virtuose che subiscono la concorrenza
sleale di quelle che non si fanno carico dei costi del corretto
smaltimento, dall’altra comporta la dispersione di rifiuti pericolosi
che rischiano di danneggiare seriamente l’ecosistema del territorio”.
“Torino ha posto questo tema tra i temi
conduttori della politica ambientale della città – spiega l’assessora
all’Ambiente della Città di Torino, Stefania Giannuzzi – A partire
dall’iniziativa Climathon, che nell’autunno scorso ha
convolto studenti e cittadini in una gara di idee per cambiare le
cattive abitudini che fanno male all’ambiente, fino a misure più
strutturali come l’estensione programmata entro il 2020 della raccolta
differenziata porta a porta in tutta la città. È in corso inoltre una
strategia open innovation per una progettazione sociale attenta alla
partecipazione attiva dei cittadini, uno dei focus è rappresentato dalla
creazione di un percorso di economia circolare volto alla prevenzione
dei rifiuti per alcuni prodotti, come quelli tecnologici, che possono
essere recuperati e riciclati per ottenerne materiali preziosi,
evitandone la dispersione nell’ambiente”.
fonte: www.rinnovabili.it