L’Italia era partita bene: è stata la prima in Europa a mettere al bando le tradizionali buste di plastica normando il passaggio ai nuovi bioshopper. Oggi, però, sembra essersi persa per strada. Nel giro di pochissimo tempo il mercato ci è sfuggito di mano, tra ritardi legislativi e contraffazioni. Circa la metà dei sacchetti in circolazione risulta essere illegale: shopper taroccati che di “bio” non hanno assolutamente nulla, ma che ingrassano le casse della criminalità organizzata.
Di queste criticità si è discusso ieri
al Parlamento, dove la Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha
audito due delle associazioni italiane rappresentati il settore della
plastica. “L’Italia – commenta la senatrice Laura Puppato capogruppo del Pd nella Commissione Ecomafie – è
stato il primo Paese europeo ad aver messo al bando le buste di
plastica per gli acquisti, causa di gravi danni alla flora e alla fauna
di fiumi, laghi e mari, ma rischia di mettere in discussione questo
primato virtuoso per il ritardo accumulato sulla normativa in materia di
bioshopper”.
Bioshopper, le difficoltà del settore
Cosa manca? La ratifica della direttiva UE 720 del 2015 e in particolare l’articolo 16 relativo alla norma EN13432
sui requisiti che devono possedere i sacchetti sostitutivi per essere
davvero biodegradibili, per compostaggio o biodegradazione. “Nelle
more di questa lacuna legislativa, il settore dei bioshopper, che
potenzialmente in Italia potrebbe valere 1 miliardo di euro, è oggi lasciato
in gran parte alle industrie più spregiudicate, che rilasciano a prezzi
inferiori prodotti non marchiati oppure veri e propri falsi, e alla
criminalità organizzata”, spiega la senatrice.
Se compostaggio non fa rima con riciclo
A questa preoccupazione se ne aggiunge un’altra: dal momento che in Italia il compostaggio non viene considerato a tutti gli effetti come una pratica di riciclo, a partire da prossimo anno i bioshopper potrebbero esser classificati come “non riciclabili”
dal settore. In realtà la confusione riguarderebbe tutte le plastiche
bio, penalizzando di fatto i produttori con il pagamento
dell’eco-contributo più alto. “Secondo le nuove tabelle, come abbiamo
appreso in Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti audendo
Assoplastica, le plastiche compostabili sono inserite nella fascia
tariffaria più alta”, denuncia la senatrice M5S Paola Nugnes. “Un
danno economico e all’ambiente poiché secondo queste nuove tabelle, che
partiranno in via sperimentale il primo luglio e definitivamente dal
primo gennaio 2018, il compostaggio non viene valutato come riciclo[…]
Si passerà dagli attuali 188 euro a tonnellata di contributo a un
aggravio di circa 200 euro”.
fonte: www.rinnovabili.it