Il Mediterraneo di plastica. Le strategie italiane viste da Amsterdam

Oltre 62 milioni di detriti di macro-plastiche galleggiano in un mare “chiuso” da 21 Paesi e quasi 500 milioni di abitanti. “Per ridurre e contrastare il fenomeno del ‘marine litter’ in Italia sono state messe in campo iniziative valide. Ciò che manca è la loro corretta implementazione”. Intervista a Cristian Passarello, studente italiano che ha analizzato gli strumenti adottati dal nostro Paese




Nei 21 Paesi che si affacciano sul Mediterraneo vivono 466 milioni di persone; ognuna di queste genera all’anno tra i 208 e 760 chilogrammi di rifiuti. “Ed è a causa di queste pressioni antropiche che il bacino Mediterraneo è diventato estremamente inquinato dai rifiuti, con oltre 62 milioni di detriti di macro-plastiche che galleggiano in mare”. Cristian Passarello è convinto che l’Italia possa giocare un ruolo decisivo nella tutela di una delle regioni con la più alta concentrazione di detriti plastici al mondo dalle pesanti conseguenze dovute al marine litter. Non a caso ha dedicato al punto la sua tesi nell’ambito di un master in “Environment & Resource Management” presso l’Institute for Environmental Studies di Amsterdam, specializzandosi in servizi ecosistemici e biodiversità.
“Mi sono concentrato sullo sviluppo di varie misure volte alla riduzione del fenomeno del ‘marine litter’ in Italia -spiega Passarello- ed in particolare, dell’inquinamento plastico, il quale risulta essere un problema ormai universale poiché i più comuni tipi di plastica (polipropilene, polietilene, e il polietilene tereftalato) si degradano lentamente (tramite il processo di fotodegradazione), rimanendo quindi per tempi molto lunghi nell’ambiente con tutte le conseguenze del caso. L’inquinamento plastico produce impatti negativi di tipo ecologico, sociale, ed economico; i quali aumenteranno se non verranno implementate soluzioni efficaci per la riduzione dell’input di plastica nell’ambiente”.
Stima della massa di rifiuti di plastica mal gestiti (in milioni di tonnellate) immessi negli oceani dalle popolazioni costiere - (Jambeck et al., 2015)
Stima della massa di rifiuti di plastica mal gestiti (in milioni di tonnellate) immessi negli oceani dalle popolazioni costiere – (Jambeck et al., 2015)
Per prima cosa, Passarello ha raccolto e messo in fila i dati: “Globalmente -si legge nell’elaborato-, tra 4,8 e 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici entrano ogni anno nell’oceano e la tendenza è destinata ad aumentare ulteriormente nei prossimi decenni. Inoltre, stando a ricerche recenti, si attesterebbero tra 1,15 e 2,41 milioni di tonnellate i detriti di plastica immessi negli oceani attraverso i sistemi fluviali”. Dopodiché -tenendo a mente che a livello globale l’80% circa di tutti i detriti provengono dall’entroterra- ha analizzato le strategie messe in campo dal nostro Paese.
Quali sono le principali misure e strategie dell’Italia in tema di inquinamento plastico nel Mediterraneo?
CP Benché non tutte le direttive europee inerenti alle tematiche ambientali siano state recepite in tempo e correttamente dall’Italia, il nostro Paese si è impegnato molto negli ultimi anni riguardo all’inquinamento marino. Oltre alle numerose direttive europee e convenzioni internazionali (le quali hanno principalmente un effetto secondario sull’inquinamento plastico marino), l’Italia ha implementato diversi strumenti nazionali. Fra le varie misure troviamo il decreto legislativo 2/2012 che ha messo al bando la commercializzazione degli shopper di plastica non conformi alla certificazione. La legge sulle disposizioni in materia ambientale del 28 dicembre 2015, la quale oltre a facilitare la transizione verso un’economia circolare, regolarizza la selezione dei porti per la raccolta dei rifiuti raccolti durante le varie attività a mare, incentiva la raccolta differenziata ed il riciclaggio, e prevede che i comuni installino contenitori per la raccolta di mozziconi di sigarette. La stessa legge prevede poi l’utilizzo di campagne di sensibilizzazione e introduce sanzioni per coloro che abbandonano rifiuti nell’ambiente. C’è poi il decreto legislativo 152 del 3 aprile 2006, il quale classifica tutti i rifiuti giacenti sulle spiagge e rive dei fiumi come rifiuti urbani non speciali, facilitandone -in teoria- la raccolta. Mentre il decreto legislativo 182 di giugno 2003 dichiara che i rifiuti pescati accidentalmente durante le attività di pesca possono essere conferiti in porto senza il bisogno di pagare nessuna tariffa (anche se non viene specificato chi dovrebbe farsi carico di questi costi di smaltimento). Più recentemente il Parlamento Italiano ha approvato il decreto Mezzogiorno 2017, il quale recependo la direttiva europea 720, ha introdotto (a partire dallo scorso 1° gennaio 2018) l’obbligo di utilizzare solo sacchetti biodegradabili per frutta e verdura. Infine, la legge di Bilancio 2018 prevede il divieto (dal 2020) dell’utilizzo di microplastiche nei prodotti cosmetici e l’obbligo di commercializzare (dal 2019) solo bastoncini per le orecchie (cotton fioc) unicamente in materiale biodegradabile e compostabile, vietando la vendita e la produzione di quelli in plastica. Inerenti al problema dei rifiuti marini, ci sono poi molte attività intraprese dalle varie organizzazioni ambientaliste italiane, come ad esempio le varie campagne di sensibilità, azioni di pulizia spiagge, monitoraggi, etc. Infine, ci sono numerosi progetti -come il CleanSea LIFE e MEDSEALITTER, e Plastic Busters- che affrontano direttamente il problema del marine litter nel Mediterraneo.
In tema di “performance ambientali” ha fotografato un Paese con profonde differenze. Quali?
CP Con le dovute eccezioni, le regioni del Nord tendono in media ad avere percentuali di riciclo maggiori rispetto alle regioni del Sud, dove invece prevale il ricorso alle discariche. Come detto, in Italia risultano esserci molte leggi volte alla riduzione dell’inquinamento plastico (ad esempio il divieto ai sacchetti, il divieto di gettare rifiuti, etc.) ma purtroppo queste leggi non sembrano essere state implementate in maniera corretta ed uniforme. Tutt’oggi non è raro vedere buste di plastica in tanti mercati cittadini, o trovare oggetti abbandonati nell’ambiente (soprattutto mozziconi di sigarette), il che suggerisce il bisogno di rafforzare ed aumentare i controlli da parte delle forze dell’ordine ed una migliore cooperazione fra i vari enti. In Italia c’è poi uno dei più grandi consumi mondiali di acqua in bottiglia di plastica; un primato di cui non dovremmo essere fieri, soprattutto tenendo conto l’eccellente qualità dell’acqua che esce dalla maggior parte delle fontane pubbliche e rubinetti di casa.
Durante la ricerca ha intervistato diversi interlocutori. Compresi i pescatori, riscontrando ancora dei luoghi comuni.
CP Esatto. Penso ad esempio al fatto che i pescatori da me intervistati erano convinti che nel caso avessero portato in porto i rifiuti trovati nelle reti, avrebbero dovuto pagare una tariffa per lo smaltimento, quando il decreto legislativo menzionato prima li esenta da pagar alcunché.
Per ottenere un quadro definito degli attori in campo, Passarello ha selezionato 20 attori chiave tra ministeri, organizzazioni ambientaliste, ricercatori e aziende. In sette non hanno nemmeno risposto alla richiesta di intervista.
CP La ricerca è stata di tipo qualitativo e tutti i dati necessari sono stati collezionati consultando letteratura accademica e tramite varie interviste condotte in Italia nel 2017. La selezione degli attori è stata fatta tramite una mappatura iniziale seguita da un’analisi approfondita per identificare gli attori più rilevanti riguardo al fenomeno investigato e capire il loro livello di potere ed interesse. Alcuni degli intervistati hanno poi suggerito ulteriori stakeholder, i quali sono stati contattati ma purtroppo, non tutti hanno risposto (o risposto positivamente per l’intervista). Ho condotto interviste con il ministero dell’Ambiente, ISPRA, le principali organizzazioni ambientaliste italiane, il Parco delle Cinque Terre, un ricercatore della Università Roma Tre, ed altre aziende coinvolte nel management dei rifiuti.
Pur riconoscendo passi avanti importanti, sostiene che il nostro Paese debba adottare necessarie “misure supplementari”. Quali?
CP Penso alla creazione e promozione di campagne nazionali di sensibilizzazione sul tema dei rifiuti marini e sull’eccessivo uso di plastica, l’implementazione di una tariffa più elevata per il conferimento di rifiuti in discarica, l’introduzione di agevolazioni fiscali per le aziende che utilizzano prodotti sostenibili alternativi alla plastica o che iniziano efficaci attività per contrastare il fenomeno, l’installazione di barriere per la raccolta dei detriti lungo i corsi d’acqua più critici, il divieto di l’utilizzo di plastiche monouso in zone sensibili, come piccole isole o all’interno di aree protette e premiare coloro che iniziano queste attività. Altre azioni importanti potrebbero essere intraprese dai consorzi di raccolta imballaggi, con l’introduzione di schemi di vuoto a rendere per bottiglie di plastica, anche se è un tema molto complesso. A livello nazionale sono state comunque introdotte valide leggi, quel che manca è la loro corretta implementazione e su questo le forze dell’ordine possono rafforzare i controlli.

fonte: https://altreconomia.it