Un elemento fondamentale per raggiungere i target europei di economia circolare è il riuso. Perché se è vero che gli obiettivi europei si fanno sempre più stringenti, le modalità per raggiungerli sono alla portata di tutti e in questo senso il riuso degli oggetti, insieme al riciclo, è una delle vie principali per contribuire al raggiungimento di questi obiettivi.
Se da un lato la Comunità europea spinge per attuare politiche virtuose sul fronte dell’economia circolare, dall’altra i Paesi membri tardano ad attrezzarsi di strumenti capaci per valorizzare il riuso in tutte le sue forme, attività che non solo rappresentano un valido contributo alla salvaguardia dell’ambiente (dal risparmio energetico per produrre nuovi prodotti alla riduzione della quantità di rifiuti che finiscono nelle discariche o negli inceneritori) ma che in parallelo costituiscono una fonte primaria di reddito. Un settore quello del riuso che crea opportunità di lavoro e di reinserimento sociale, offre opportunità di consumo a basso costo, riduce significativamente lo spreco, esalta l’attenzione verso la qualità, conserva e rinnova nello scambio di cose appartenenti ad altre epoche la cultura materiale e la diffusione del sapere tra le generazioni, rappresentando un autentico antidoto ai guasti della crisi economica e sociale che stiamo attraversando. Solo in Italia il settore del riuso impiega circa 80.000 persone e vale 1,1% del Pil nazionale (Dati Doxa per l’Osservatorio Second Hands Economy 2016).
Se sul web è facile aprile un sito di e-commerce per ridare dignità a oggetti ancora funzionanti e per farlo non c’è bisogno di avere nessun tipo di licenza o permesso, le vere difficoltà riguardano tutti colo che recuperano questi oggetti e che cercano di proporli in fiere e mercati.
A fare chiarezza su quello che succede in Italia è il Presidente di Rete ONU Averamo Virgili nonché membro della ‘Rete di sostegno ai mercatini rom’ che il 14 giugno è stato a Torino per la conferenza Le mille forme del riuso: esperienze internazionali a confronto. “Purtroppo siamo ancora molto lontani da un effettivo riconoscimento di questa figura nonostante le leggi e direttive europee e nazionali emanate. Nella legge 27 febbraio 2009 n. 13 l’art. 7 – sexies era finalizzato alla valorizzazione a fini ecologici del mercato dell’usato. Il Ministero dell’Ambiente doveva concludere con Regioni, Province e Comuni un accordo di programma al fine di regolamentare, a fini ecologici, la rinascita e lo sviluppo in sede locale dei mercati dell’usato. A parte alcune amministrazioni locali (perlopiù Comuni) particolarmente sensibili e attive in questo settore (tra cui la città di Torino con la sua delibera sull’area di libero scambio e la Regione Emilia Romagna con la sua delibera del 10/02/2014 avente per oggetto la definizione del concetto di riuso e conseguente inapplicabilità al medesimo delle norme in materia di commercio) queste direttive sono rimaste per lo più lettera morta. Così come i decreti attuativi sul riutilizzo e preparazione al riutilizzo fermi da anni, il non riconoscimento in termini di IVA, tassa sui rifiuti, benefici ecologici e categorie catastali della diversità del settore dell’usato".
"I maggiori ostacoli – continua Virgili - per i raccoglitori informali (e per l’ambulantato debole) è l’incertezza sulle modalità di svolgimento del loro lavoro. L’incertezza normativa (e soprattutto interpretativa) minano alla radice la possibilità di sviluppare processo di regolarizzazione e di riconoscimento sociale di queste attività. Come già detto città come Torino ma anche come tutti quei Comuni che sulla base dell’art. 7 -sexies (valorizzazione a fini ecologici del mercato dell’usato) della legge 27/02/2009 n. 13 sono riusciti a regolarizzare i mercatini dell’usato (e di conseguenza le attività dei raccoglitori informali). Così come la delibera della Regione Emilia Romagna che sempre sulla base dell’art. 7 – sexies ha riconosciuto la specificità del riutilizzo e delle sue finalità".
"Rete ONU – conclude Virgili - dovrà sempre lavorare affinché siamo riconosciute le finalità economiche, ambientali, sociali e culturali del riutilizzo. Affinché le speranze di vita di chi è impegnato in questo processo diventi una importante opportunità per loro stessi e le loro famiglie. Ma soprattutto per l’intera umanità”.
L’appuntamento con ‘Le mille forme del riuso: esperienze internazionali a confronto’ è stata giovedì 14 giugno dalle 10,30 a Torino presso il Centro San Liborio/FabLab Pavone (Giardino Jan Palach, via San Domenico angolo via Bellezia). Torino si è trasformata nella capitale internazionale del riuso dove i principali operatori e organizzatori italiani dei mercati storici e delle pulci, delle fiere e delle strade, delle cooperative sociali, delle cooperative di produzione lavoro del terzo settore, delle botteghe di rigatteria e dell’usato e dei negozi in conto terzi, si sono confrontati con i raccoglitori informali francesi dell’Associazione Amelior (l’unica realtà francese che raggruppa i biffin - raccoglitori informali) e la Global Alliance of Waste Pickers che dall'America Latina fino all'Asia riunisce e porta avanti le istanze dei raccoglitori di tutto il mondo. Non a caso l'incontro si è tentuto a Torino, l'unica città italiana che da tempo ha aperto un sano dialogo con il variegato mondo dei pickers e nella quale si svolgono settimanalmente due dei più importanti mercati dedicati ai raccoglitori informali.
Le mille forme del riuso: esperienze internazionali a confronto
Ore 10:30 - Trash mob (Come gli informali scovano veri tesori all’interno dei cassonetti)
Ore 11:30 - 13:00 - Conferenza stampa con gli interventi di:
Averamo Virgili - Rete di sostegno ai mercatini rom
Alessandro Stillo - Associazione Vivibalon
Samuel Le Coure - AMELIOR Association (Francia)
Pablo Rey Mazón - Global Alliance of Waste Pickers
Ore 13 – Light Lunch
Video presentazione
Pablo Rey Mazón - Global Alliance of Waste Pickers [https://goo.gl/LV1J5b]
Samuel Le Coure - AMELIOR Association (Francia) [https://goo.gl/XoWSHq]
fonte: www.ecodallecitta.it