L’inquinamento da microplastiche non risparmia nessun animale marino

Una nuova ricerca scientifica condotta da Università Politecnica delle Marche, Greenpeace e Istituto di Scienze Marine del CNR di Genova conferma la presenza di particelle di microplastica anche in pesci e invertebrati



















“Ciò che ci preoccupa maggiormente è la rapida evoluzione di questo problema e la graduale trasformazione delle microplastiche in nanoplastiche, particelle ancora più piccole che se ingerite dai pesci possono trasferirsi nei tessuti ed essere quindi ingerite anche dall’uomo, con rischi per la salute ancora sconosciuti”. Così Serena Maso, della Campagna Mare di Greenpeace, presenta oggi risultati della nuova ricerca scientifica condotta dall’associazione assieme all’Università Politecnica delle Marche e all’Istituto di Scienze Marine del CNR di Genova. Lo studio riassume i principali risultati ottenuti tramite i campionamenti della scorsa estate della campagna “Meno Plastica, Più Mediterraneo”.

L’iniziativa mirava a raccogliere dati diretti sull’inquinamento da microplastiche, stabilendone presenza e composizione all’interno degli organismi marini e nelle acque marine. Durante il tour italiano della campagna (iniziato il 24 giugno da Genova e terminato ad Ancona il 9 luglio) sono stati prelevati diversi campioni nelle acque mediterranee (qui i risultati delle prime analisi).

Particolare attenzione, nel tratto tirreno è stata riservata ai risultati ottenuti sull’Isola del Giglio, che hanno offerto l’opportunità unica di indagare la variazione dell’inquinamento da microplastiche in un caso di studio ben definito, dopo le enormi operazioni marittime legate alla rimozione del relitto della Costa Concordia, affondata a gennaio 2012.



















Il risultato? Né pesci né invertebrati sono al sicuro. La presenza di microplastica è stata documentata in organismi marini appartenenti a specie diverse e con differenti abitudini alimentari, dalle specie planctoniche, agli invertebrati, fino ai predatori. Viste le loro piccole dimensioni, inferiori ai 5 millimetri, le microplastiche possono infatti essere ingerite accidentalmente, attraverso la filtrazione o l’ingestione delle prede. Nel dettaglio tra il 25 e il 30 per cento della fauna analizzata nel Mar Tirreno risultava contaminata. Livelli paragonabili a quelli già riscontrati negli organismi analizzati nell’Adriatico. “I risultati ottenuti – afferma Stefania Gorbi, docente di Biologia Applicata all’Università Politecnica delle Marche – confermano ancora una volta che l’ingestione di microplastiche da parte degli organismi marini è un fenomeno diffuso e sottolineano la rilevanza ambientale del problema dei rifiuti plastici in mare. È urgente quindi che la ricerca scientifica acquisisca nuove conoscenze e contribuisca a sensibilizzare la coscienza di tutti su questa tematica emergente”.

fonte: www.rinnovabili.it