Il progetto industriale iniziato tre anni fa
sta portando i primi frutti, ma nella cittadinanza serpeggiano timori
che meritano rispetto: a partire da quello per i fatti
Oggi Rimateria, azienda protagonista dell’economia circolare in
Val di Cornia, arriva a un punto di svolta del progetto industriale
tracciato da ormai tre anni, a partire dall’estate del 2015: l’assemblea dei soci sancirà la vendita del 30% delle quote aziendali a Unirecuperi – tra le più importanti realtà nazionali nella gestione dei rifiuti speciali
–, senza rinunciare al controllo pubblico e con lo scopo dichiarato di
far giungere a Piombino capitali e know-how necessari a operare in un
settore tanto complesso quanto determinante per qualsivoglia risanamento
e sviluppo sostenibile del territorio.
Un percorso stabilito dai Comuni del territorio soci dell’azienda e
portato avanti da management e lavoratori di Rimateria tra continue
difficoltà, ma che ha già dato i suoi primi frutti. Il debito aziendale è
dimezzato e il risanamento delle aree (già) adibite a discarica sta
proseguendo in sicurezza, come testimonia da ultimo il dissequestro stabilito pochi giorni fa dal Tribunale di Livorno.
Eppure sabato circa 500 persone sono scese in strada a manifestare,
chiamate a raccolta dal “Comitato salute pubblica” «contro la vendita a
privati delle azioni di Rimateria e contro la costruzione di una nuova
enorme discarica a Ischia di Crociano», ovvero sulla base degli stessi
elementi che hanno portato a formulare la richiesta di due referendum, richiesta verso la quale il Consiglio comunale di Piombino ha già espresso contrarietà.
Sono due i timori che serpeggiano con grande insistenza: la
realizzazione di una nuova discarica e l’import di rifiuti speciali da
fuori per riempirla. Si tratta di timori che meritano rispetto, e dunque
di un confronto basato sui fatti.
Per scoprire la verità sulla “nuova” discarica sarebbe sufficiente
dare un’occhiata alla planimetria del progetto (foto in alto, ndr). Il perimetro
della “nuova” discarica è in realtà quello della ben nota Li53 sulla
quale insiste da anni un decreto del ministero dell’Ambiente che ne
intima la bonifica, e il perché è presto detto: si stima vi siano presenti
400mila tonnellate di rifiuti “stoccati in modo incontrollato”, rifiuti
presenti da anni e ad oggi non smaltiti in sicurezza. Il progetto
Rimateria dunque non prevede alcun nuovo sito di discarica, programma
invece una bonifica e una riqualificazione ambientale e paesaggistica
delle discariche esistenti. Un’operazione da svariati milioni di euro.
Come la si finanzia senza gravare sulle casse pubbliche? Ottimizzando e
impiegando gli spazi di discarica già esistenti, come del resto è prassi
in Paesi come la Germania, dove l’economia circolare la si chiacchiera
meno ma forse la si pratica di più rispetto all’Italia, e dove il nostro
Paese invia ogni anno molti di quei rifiuti che non sa o non vuole
gestire sul proprio territorio (a partire dall’amianto).
E per quanto riguarda l’import di rifiuti “da fuori”? Tutte le
attività produttive, commerciali e di servizio producono rifiuti
speciali, che è necessario gestire in sicurezza. In quest’ottica
Rimateria, come ricordato dall’azienda anche due giorni fa,
opera «mettendosi al servizio di centinaia di attività produttive della
Val di Cornia, offrendo a esse garanzie di rispetto delle leggi». Tra
queste aziende c’è anche Jindal, naturalmente. Come ha spiegato il suo
amministratore delegato Fausto Azzi, la proprietà che ha preso in carico
l’acciaieria «ritiene fondamentale avere la possibilità di usare un
impianto di prossimità per il trattamento dei rifiuti industriali. Così è scritto anche nell’Accordo di programma»,
ovvero quello sottoscritto con i ministri Di Maio (Mise) e Costa
(Ambiente). Vale la pena ricordare che un’acciaieria con forno elettrico
come quella che sorgerà a Piombino grazie a Jindal è un impianto
industriale alimentato da rottame, ovvero da rifiuti: milioni di
tonnellate di rifiuti provenienti ogni anno “da fuori”, evidentemente,
ma verso i quali non si notano barricate di sorta da parte dell’opinione
pubblica. Anzi. Che differenza c’è con i rifiuti provenienti “da fuori”
o meno e impiegati all’interno del progetto di bonifica e
riqualificazione paesaggistica portato avanti da Rimateria? E ancora:
un’acciaieria con forno elettrico – che è in tutto e per tutto un
impianto di riciclo – è alimentata da rifiuti e a sua volta ne produce,
come ogni attività industriale. Circa 200mila tonnellate di rifiuti per
ogni milione di tonnellate di acciaio prodotto. Questi rifiuti
dovrebbero essere gestiti in loco, magari in sinergia con Rimateria,
oppure esportati “fuori” Piombino? Domande che alimentano solo
paradossi, senza un approccio che punti alla sostenibilità e che parta
dai fatti.
fonte: www.greenreport.it