I ragazzi di Hawassa e la loro lotta contro i rifiuti: dalle associazioni ai flash mob

Nella città turistica a Sud di Addis Abeba ci sono decine di associazioni di collector per il progetto Cifa “Cento per cento plastica”

















Sono cinque ragazzi laureati, chi in economia, un altro in management sportivo, gli altri in letteratura, hanno tra i 23 e i 25 anni e una gran voglia di un mondo diverso e di un lavoro. «Ma si sa come è qui, lo sanno anche i nostri genitori: qui in Etiopia il lavoro devi creartelo da solo». Insomma non molto diverso dai giovani italiani. 

Se Piero ingegnere fa il cameriere e Paola laureata in scienze politiche la rider portando la pizza casa per casa qui ad Hawassa, Addissu che ha 25 anni, raccoglie bottiglie di plastica usate e gettate nel lago che porta il nome della città turistica a Sud di Addis Abeba.  

Ad Hawassa abitano circa 150 mila persone, l’età media è piuttosto bassa, i giovani sono tanti e molti sono innamorati delle loro strade e del loro lago. Questi cinque Addissu lenbebo, Adane Yosef, Alaser Girum, Rebel Mellese e Fasil Joseph seminano il futuro e hanno fondato l’associazione Feya Folle, che in aramaico significa qualcosa simile a “Una vita meravigliosa per un futuro di orgoglio”, una della decine di associazioni di collector (letteralmente raccoglitori) “ufficiali” per il progetto Cifa “Cento per cento plastica”. L’orgoglio di questi ragazzi pulitori del lago è tangibile nella fatica che fanno ogni giorno.  




Sono eroi senza saperlo: si sono costruiti una specie di zattera fatta di sacchi pieni di vecchie bottiglie che tiene a galla tre o quattro assi. “Navigano” lungo le coste del lago aiutandosi con un lungo bastone. Avete presente i gondolieri, ecco con molta meno poesia forse ma hanno il panorama del Lago della loro città: una paradiso di biodiversità tra una bottiglia e l’altra. In Etiopia, come in altri paesi africani - per esempio il Senegal che da anni ha dichiarato guerra ai sacchetti di plastica trasformandoli in ciotole per la casa - i rifiuti sono diventati un problema, ma le idee ci sono: i ragazzi più giovani e molte famiglie hanno deciso di trasformare la spazzatura in opportunità. 

Bethlem Environ è ingegnere ambientale ha 27 anni e ci ha messo del suo a convincere l’Università a non bruciare la plastica per eliminarla: adesso le bottiglie degli studenti e dei professori prendono la strada del riciclo. «È ancora difficile convincere le persone a non bruciare i rifiuti - racconta Bethlem - si è sempre fatto così. Le bottiglie ora si riesce a riciclarle ma l’altra plastica? E gli altri rifiuti? Sarà un percorso lungo convincere sempre più persone a differenziare e riusare».  


Bethlem ha anche inventato un nuovo materiale metà plastica fusa metà sabbia, l’ha realizzato nella cucina di casa «è più duro del cemento - racconta orgogliosa - ma devo trovare qualcuno che lo realizzi a livello industriale. Intanto ho la mia fabbrica 
di mattoni che gestisco con altri amici». Ma anche l’Etiopia non è stata risparmiata dalla crisi dell’edilizia. Ora le nuove generazioni si stanno organizzando, sono molto coinvolte nella difesa dell’ambiente tanto che Paola Galassi (operatrice di Social Comunity theatre) ha organizzato flash mob e spettacoli teatrali proprio sul tema plastica, gestisce un gruppo di una quarantina di ragazzi giovani e adolescenti ma non solo. Venerdì lungo la strada verso il lago i ragazzi di Paola hanno ballato tra la gente gridando «liberiamo il mondo dalla plastica». Arrivati al lago di sono legati con una rete da pesca fitta di bottiglie: sono rimasti lì come imprigionati, solo togliendo le bottiglie si poteva togliere anche la rete. 

Il responsabile della società di navigazione che organizza gite turistiche - un signore sui 50 anni - li ha prima guardati con sospetto, poi ha detto loro «mi avete dato da pensare. Farò i compiti a casa».  

“Questo documento è stato prodotto con il contributo finanziario dell’Unione europea. Il contenuto di questo documento è di esclusiva responsabilità di Cifa Onlus e non riflette necessariamente la posizione dell’Unione Europea”  

Il progetto “Message from a bottle” è finanziato attraverso il Consorzio delle Ong Piemontesi da Frame, Voice, Report! con il contributo dell’Unione Europea  

fonte: https://www.lastampa.it/