Sostituire la plastica con nuovi materiali etici e sostenibili. Arriva la bioplastica biodegradabile derivata dalla cassava amara


















La corsa a materiali alternativi per sostituire la plastica tradizionale è partita da anni ma negli ultimi tempi ha subito una forte accelerazione. L’accordo raggiunto tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione sul testo della direttiva che limita l’utilizzo di alcuni prodotti monouso non lascia spazio ad interpretazioni sul futuro della plastica. Per questo motivo le aziende legate direttamente o indirettamente alla produzione di rifiuti plastici si vedono costrette a cambiare le proprie strategie.
La complessità che circonda l’individuazione di nuovi materiali è presto compresa se si considerano le caratteristiche pressoché uniche della plastica: leggera, versatile, con un’ottima resistenza chimica e fisica e ottime proprietà barriera ai gas.
Una delle migliori alternative, simile in termini di prestazioni, è stata individuata nelle bioplastiche biodegradabili ricavate da materie prime vegetali rinnovabili. Tra i vantaggi, il tempo di decomposizione di qualche mese in compostaggio rispetto ai mille anni richiesti dalle materie plastiche sintetiche derivate dal petrolio.
Ma le accuse da parte dei detrattori del materiale non sono tardate ad arrivare. Quanto può considerarsi sostenibile un materiale che toglie risorse ed entra in competizione con la filiera alimentare? Le materie prime impiegate, come la canna o la barbabietola da zucchero, il mais e altri cereali, potrebbero infatti impattare sulla disponibilità di derrate alimentari.
Hot food in foam box on wood table
Continua la ricerca di nuovi materiali per sostituire la plastica monouso
Sebbene la tesi sia debole – il terreno utilizzato per coltivare le materie prime rinnovabili per la produzione di bioplastiche nel 2017 ammontava a meno dello 0,02% della superficie agricola globale (il 97% della quale utilizzato per pascoli e per produrre mangimi ed alimenti) ed è stimato che per i prossimi 5 anni non ci saranno aumenti rispetto a questo valore –, le ricerche più interessanti si stanno concentrando sull’impiego di scarti vegetali per produrre bioplastica. Ed è così che sono arrivati prodotti come il Pla (acido polilattico) etico e sostenibile, come quello derivato dalla radice non commestibile della cassava amara, un tubero selvatico che cresce in Africa e Thailandia.
Attraverso procedimenti coperti da brevetto, si è riusciti ad ottenere un materiale che, oltre ad avere caratteristiche comparabili con la plastica tradizionale (bassa permeabilità a ossigeno e vapore acqueo), può essere impiegato in ambito alimentare per la realizzazione di bottiglie ed imballaggi. Questo biopolimero vanterebbe caratteristiche di resistenza alle alte temperature e alle pressioni tali da poter essere impiegato addirittura nella realizzazione di capsule per il caffè!
fonte: www.ilfattoalimentare.it