Bioplastiche: cosa sono e come si producono

Le bioplastiche sono le soluzioni all’utilizzo di plastiche monouso.


Polimeri di plastica










Le bioplastiche possono sostituire la plastica monouso che prolifera ed inquina i mari. Prima d’iniziare questa breve rassegna Ambient&Ambienti ha interpellato Carlo Santulli, scienziato, esperto in materiali sostenibili, biomimetica e controlli non distruttivi alla Scuola di Architettura e Design dell’Università di Camerino. Santulli, laureato in ingegneria chimica, in lettere e PhD in materials science and engineering, si definisce “cervello di rientro” dal Regno Unito nel 2006. Lo studioso, impegnato da tempo nello studio dei materiali, ha curato diversi lavori di ricerca, fra cui “Utilizzo di scarti agricoli per la produzione di bioplastiche e biocompositi” e “Materiali ecosostenibili, innovativi e bioispirati”.

Il Prof. Santulli spiega cosa sono le bioplastiche


Il Prof. Carlo Santulli spiega la possibilità di produrre bioplastiche da scarti vegetali ed animali.













“Le bioplastiche sono normalmente formati da derivati degli zuccheri, cioè polisaccaridi, di origine vegetale, come amido o cellulosa, oppure animale, come la chitina. I polisaccaridi di origine vegetale si riducono chimicamente fino ad ottenere la molecola del glucosio, da cui si parte da cui poi si parte con una nuova polimerizzazione per ottenere molecole, come l’acido lattico. I polisaccaridi, come l’amido, si possono anche plasticizzare con sostanze adatte, come il il glicerolo. Se si considera questo secondo percorso, è possibile lo sfruttamento di scarti vegetali ed animali per la produzione delle bioplastiche con una maggiore sostenibilità. Le bioplastiche sono biodegradabili e possono essere anche compostabili ed entrare nel concime contribuendo al processo di crescita delle specie vegetali. Aumenta, quindi, il numero degli scarti vegetali ed in qualche caso anche animali, i cui rifiuti a base di polisaccaridi sono estratti per la produzione delle bioplastiche” ha spiegato Carlo Santulli, che ha aggiunto “devo notare anche che il termine bioplastiche è spesso esteso in modo improprio ad altri materiali bio, come quelli estratti dalle proteine animali, per esempio del latte, che formano materiali promettenti ma non presentano normalmente caratteristiche di plasticità e termoplasticità. Invece, questi materiali, come il legno, tendono a carbonizzarsi oltre una certa temperatura. Ciò non toglie che anche questi materiali, basati su proteine o su altri polisaccaridi più resistenti all’acqua, come la lignina nel caso del legno, hanno un loro interesse nel liberarci dalla schiavitù del petrolio e consentono di riutilizzare gli scarti che produciamo in quantità eccessive”.

Bioplastiche, l’agricoltura è ottimo “alleato”

L’itinerario, quindi, non può che iniziare dall’agricoltura, un ottimo “alleato” nella produzione delle bioplastiche. La crusca, residuo della molitura del grano, si presta alla produzione di stoviglie monouso. Il loro inventore, Jerzy Wysocki, è nato da una famiglia di mugnai nei primi decenni del XX secolo. L’invenzione ha permesso la produzione di una gamma completa di piatti completamente biodegradabili e posate a base di crusca di frumento e plastica di origine vegetale. “La maggior parte delle fibre vegetali, se sottoposta a processi industriali, può trasformarsi in bioplastiche. Gli scarti delle produzioni agricole sono una grande ricchezza per la produzione di biolplastiche. Sono necessarie le tecnologie, come per esempio le stampanti 3D, e devono cambiare i modelli di produzione e consumo, così come stabilito dall’obiettivo 12 dell’Agenda dell’Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il processo produttivo di biolpastiche s’inserisce anche nell’economia circolare” ha detto Elvira Tarsitano, presidente dell’Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi (ABAP). Un momento di riflessione sull’importanza dell’agricoltura, in tal senso, è il convegno “Agricoltura + bioedilizia” che si terrà il 27 aprile nell’ambito della Fiera di San Giorgio a Gravina in Puglia.

Bioplastiche, la polpa di cellulosa è completamente naturale e compostabile

La rassegna sui materiali di produzione di biolpastiche continua con la polpa di cellulosa che si ricava dalle fibre residue della lavorazione di alcune piante, in particolare bambù e canna da zucchero. La cellulosa è uno dei più importanti polisaccaridi. La polpa di cellulosa è un materiale completamente naturale e compostabile secondo le normative europee e possiede innumerevoli pregi, tra cui la resistenza ad alte temperature. Si presta, quindi, ad essere utilizzata per bevande o piatti caldi. E’ particolarmente indicata per l’inserimento nel forno a microonde.

Dalla bioplastica può nascere il bio packaging

Un’altra possibilità è l’accoppiamento di carta con bioplastica. Si ottiene così un foglio con proprietà anti unto, idoneo al contatto alimentare. Nato per la vendita del formaggio in pozioni, si presta alla produzione di bio packaging attraverso lavorazioni di termosaldatura. La soluzione è circolare: carta, bioplastica e residui organici sono tutti conferibili nell’umido e produrranno energia e compost. Gli agricoltori, quindi, completeranno il ciclo, da cui era iniziata la produzione senza inquinare o consumare territorio con nuove discariche.

Bioplastiche, è necessario “rimodulare” il ciclo produttivo

La rassegna giunge al termine. A questo punto sarebbe il caso di riflettere sull’importanza delle bioplastiche che consentono di ottimizzare la raccolta e gestione dei rifiuti e ridurre l’impatto ambientale. In questo modo si apportano vantaggi al ciclo produzione-consumo-smaltimento dei rifiuti. Sarà necessario, quindi, “rimodulare” l’intero ciclo produttivo per ridurre l’utilizzo di plastica monouso che dovrà essere sostituita da contenitori e attrezzi in cellulosa biodegradabile.
fonte: https://www.ambienteambienti.com