L’economia circolare italiana è al palo, ma
secondo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile la nuova direttiva
2018/851/UE riconosce «anche alle Regioni la competenza a rilasciare
l’autorizzazione EoW caso per caso, applicando condizioni e criteri
europei, in assenza di provvedimenti nazionali o europei»
La situazione sul fronte dell’End of waste – ovvero quello delle
normative necessarie per stabilire le condizioni alle quali un rifiuto è
trasformato nuovamente in un normale bene economico, non più
assoggettato alle rigorose disposizioni della normativa sui rifiuti –,
centrale per il concreto progresso dell’economia circolare italiana, si
fa sempre più complicata dopo che la Corte di giustizia europea ha
emesso nei giorni scorsi la sentenza C-60/18 (qui tutti i documenti, ndr).
Prendendo le mosse da una domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal Tallinna Ringkonnakohus (Estonia) sull’articolo 6,
paragrafo 4, della direttiva europea 2008/98 in materia di rifiuti, la
Corte di giustizia Ue afferma che tale norma è da interpretarsi nel
senso che «non osta a una normativa nazionale, come quella di cui
trattasi nel procedimento principale, in forza della quale, qualora non
sia stato definito alcun criterio a livello dell’Unione europea per la
determinazione della cessazione della qualifica di rifiuto per quanto
riguarda un tipo di rifiuti determinato, la cessazione di tale qualifica
dipende dalla sussistenza per tale tipo di rifiuti di criteri di
portata generale stabiliti mediante un atto giuridico nazionale»; al
contempo, il suddetto articolo 6 «non consente a un detentore di
rifiuti, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale,
di esigere l’accertamento della cessazione della qualifica di rifiuto da
parte dell’autorità competente dello Stato membro o da parte di un
giudice di tale Stato membro».
Questa interpretazione porterebbe ad affermare, come sintetizza il Sole 24 Ore,
che la “mancanza di criteri Ue o nazionali «per uno specifico tipo di
rifiuti» pregiudica la possibilità di qualsiasi autorizzazione, concessa
caso per caso dalla competente autorità locale o il successivo
riconoscimento da parte di un giudice nazionale […] Una decisione che,
di fatto, rischia di avere un impatto molto duro, decretando la fine del
recupero per tutti quei rifiuti che sono privi di adeguate norme
tecniche: sono infatti pochissimi i settori che oggi possono contare su
un supporto normativo di questo tipo”.
Si prospetta dunque all’orizzonte un’ulteriore involuzione della
normativa a supporto dell’economia circolare italiana, già fortemente
provata dalla nota sentenza del 28 febbraio 2018 n. 1229 emessa dal
Consiglio di Stato, la quale ha stabilito che spetta allo Stato, e non
alle Regioni, individuare i casi e le condizioni in cui un rifiuto può
essere considerato “end of waste”, al termine di un processo di
recupero; visto però che lo Stato a distanza di oltre un anno non ha
compiuto alcun progresso su questo fronte, nonostante le dure proteste
di ambientalisti e imprenditori di settore, ancora oggi lo stallo è totale, tanto da lasciar presagire – oltre a un’involuzione dal punto di vista industriale – problemi anche nella raccolta e gestione dei rifiuti.
Una possibile via di fuga dall’impasse, in attesa dei decreti
nazionali sull’End of waste, potrebbe consentire nel consentire alla
Regioni di intervenire sulla questione, come proposto nelle settimane
scorse dal presidente di Unicircular, Andrea Fluttero, anche alla luce della nuova sentenza della Corte di giustizia europea? Secondo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile,
presieduta dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, sì: «È
sufficiente osservare che la Corte europea ha deciso sulla base del
vecchio articolo 6, della direttiva del 2008, non avendo potuto ancora
tener conto della sua nuova formulazione derivante dalla direttiva
2018/851/UE».
«Ricordando che l’ordinamento italiano attribuisce alle Regioni la
competenza di autorizzare il trattamento dei rifiuti e che il caso per
caso può essere esercitato solo dall’autorità dotata di questa
competenza – spiega Stefano Leoni, dalla Fondazione – non si può che
giungere alla conclusione che il recepimento del nuovo articolo 6,
riportando correttamente il testo della direttiva del 2018, riconosca
anche alle Regioni la competenza a rilasciare l’autorizzazione End of
waste caso per caso, applicando condizioni e criteri europei, in assenza
di provvedimenti nazionali o europei».
fonte: www.greenreport.it