La scorsa estate il Ministero per l'Ambiente ha iniziato una serie di incontri con gli stakeholder, destinati a proseguire, dedicati alla Responsabilità Estesa del Produttore. L'ordinamento italiano deve infatti recepire le indicazioni della Direttiva Europea 851/2018 con alcuni cambiamenti nell’articolo 178 bis del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n.152.
Le conseguenze di questa modifica della norma sui rifiuti saranno molto rilevanti per il mondo del riutilizzo e della preparazione per il riutilizzo, cioè per tutti quelli che a vario titolo possono essere considerati operatori dell'usato.
La REP (in inglese EPR), acronimo con cui si definisce la Responsabilità Estesa del Produttore, è un principio, etico e fondamentale, che stabilisce che il produttore o distributore di un bene è corresponsabile del suo fine vita.
Gli oneri della gestione dei rifiuti, in base a questa filosofia, non sono quindi più sostenuti solo grazie alle tariffe pagate dai cittadini che producono il rifiuto urbano ma anche da chi ha prodotto e distribuito il bene che poi è diventato un rifiuto. Le aziende che immettono i beni sul mercato diventano responsabili, in particolare, della sostenibilità delle filiere del recupero: in questo modo dovrebbero, tra le altre cose, essere incentivate a progettare beni che abbiano una durata di vita adeguata e che abbiano caratteristiche idonee per poter essere recuperati.
Nel caso degli imballaggi e di alcune altre frazioni, esiste una pluralità di schemi REP, obbligatori o meno, dove il Ministero e le aziende che producono e distribuiscono beni mettono in sinergia e applicano equilibri in grado di sostenere le filiere del recupero. Ma la nuova Direttiva Europea, giustamente, stabilisce che la REP debba essere applicata anche ai beni durevoli, ossia ai prodotti che si prestano a essere riutilizzati prolungando la propria utilità con una seconda vita. E qui le cose si complicano, perché occorre verificare se la gerarchia di priorità che per motivi ambientali e sanitari vede Riutilizzo e Preparazione per il riutilizzo davanti alle altre opzioni di recupero, è compatibile con gli interessi di chi produce e distribuisce il nuovo. I recenti mega-processi sull’obsolescenza programma mostrano con chiarezza che esiste un conflitto di interessi, perché chi produce e distribuisce il nuovo è interessato a una rotazione di consumo rapida che mal si adatta con un design che dà priorità alla durevolezza.
Al tempo stesso è indiscutibile che il consumo di usato toglie fette di mercato al consumo del nuovo.
Alla luce di questo, è importante sottolineare chi è veramente interessato a promuovere riutilizzo e preparazione per il riutilizzo: da un lato gli operatori dell’usato perché il riutilizzo è il loro “core business” e dall'altro l’istituzione pubblica perché rappresenta l’interesse collettivo.
Se tutto questo è vero è difficile immaginare che il controllo della filiera possa essere affidato a soggetti che potrebbero avere interesse ad inibire, invece che sviluppare, le filiere del riutilizzo. D’altronde la Direttiva Europea da ratificare chiarisce che negli schemi REP le aziende responsabili dell’immissione dei beni sul mercato possono non solo organizzare e finanziare le filiere del recupero ma anche solo finanziarle.
Anche la tendenza alla cosiddetta “reverse logistic” che incarica i distributori del nuovo di ritirare i propri prodotti una volta che il consumatore voglia disfarsene, va vista con estrema preoccupazione. Fino a oggi tal pratica è stata oggetto di accordi spontanei e virtuosi tra aziende e operatori dell’usato: ma se diventasse la base del sistema, l’unico effetto sicuro sarebbe l’accaparramento delle merci usate da parte di soggetti che non hanno interesse economico a fare riuso. Anche oggi, tolte alcune lodevoli eccezioni, il riutilizzo degli elettrodomestici non passa per gli schemi di reverse logistic ma direttamente per le filiere dell’usato.
Se si vuole massimizzare il recupero dei beni durevoli, la reverse logistic non è affatto necessaria.
Guardando fuori dal nostro paese in cerca di esempi REP di riferimento, molto interessante appare lo schema ECOTLC applicato in Francia per gli indumenti usati, che prevede un ente leggero governato dall’istituzione pubblica, il quale garantisce un’erogazione di contributi economici a tutte le filiere del riutilizzo che rientrino in ragionevoli standard. In questo modo si sostiene il recupero senza rischiare di offrire leve di potere improprie a governance ristrette. Gli schemi REP dovrebbero essere disegnati e applicati da cabine di regie democratiche dove l’istituzione pubblica abbia il ruolo più forte e dove, tra le parti sociali, agli operatori del riutilizzo venga concesso il maggior peso.
I policy maker della REP dovrebbero, innanzitutto, prendere atto che considerare il settore del riutilizzo dei beni durevoli un ambito separato da quello del fine vita dei beni durevoli stessi è un grave errore. In realtà è sufficiente osservare la strutturazione e la dinamica del mercato per rendersi conto che, nelle nuove politiche sui rifiuti, al settore dell’usato non potrà essere attribuito solo un ruolo di mera “prevenzione”. Le filiere dell’usato esistenti sono infatti l’unico sbocco possibile della preparazione per il riutilizzo dei beni durevoli che saranno interessati dagli schemi REP. Quale addetto di settore riuscirebbe a immaginare un mercato della materia prima seconda che prescinde dalle filiere industriali in grado di assorbirla?
Oggi il settore dell’usato garantisce in Italia il riuso di oltre 500.000 tonnellate annue di beni che altrimenti sarebbero destinati a smaltimento ed è l’unico punto di riferimento possibile per reimmettere in circolazione le ulteriori almeno 600.000 tonnellate annue di beni durevoli che si stima essere presenti nel flusso dei rifiuti urbani.
Tali beni debbono essere intercettati nelle raccolte organizzate dai Comuni e dalle Aziende di Igiene Urbana da essi delegate, e poi preparati per il riutilizzo in impianti autorizzati al trattamento dei rifiuti.
Ma perché le filiere della preparazione per il riutilizzo siano sane e sostenibili, è importante che le aziende di igiene urbane non appaltino la cessione dei rifiuti riutilizzabili chiedendo contributi economici e/o facendo aste al massimo rialzo, così come sta accadendo con le raccolte degli indumenti usati: questo tipo di richieste economiche genera infatti competizioni sfrenate tra gli operatori dell’usato che, pur di sopravvivere, tendono a offrire alla stazione appaltante ogni loro margine economico.
Inoltre, in uno scenario di gare al massimo rialzo in cui gli operatori ricevano benefici economici grazie alla REP, tali benefici diventerebbero un’elargizione indiretta alle Aziende di Igiene Urbana.
Un’altra azione sulla quale la normativa ambientale pone un’enfasi crescente è l’educazione al riuso. Anche in questo caso coinvolgere gli operatori dell’usato potrebbe essere la carta vincente: negozianti dell’usato, ambulanti, cooperative del riuso, preparatori per il riutilizzo, mercatini delle pulci, aree di libero scambio non solo sono i più interessati a promuovere la pratica del riuso presso la comunità, ma hanno anche un enorme e capillare capacità di raggiungere le persone grazie al feedback diretto con milioni di consumatori, donatori, fruitori di servizi di sgombero locali e “clienti venditori” dei negozi dell’usato in conto terzi.
Il prossimo 6 novembre a Ecomondo, in occasione del convegno: “Il boom del riutilizzo nella politica ambientale: scenari, analisi, proposte normative” avremo un confronto sul tema REP tra Ilde Gaudiello, Dirigente del Ministero dell’Ambiente, e Rete ONU.
Il boom del riutilizzo nella politica ambientale. Scenari, analisi, proposte normative
Mercoledì 6 Novembre 2019
14:00 - 18:00
Ecomondo - Fiera di Rimini
Sala Rovere 1° piano Pad C6
Rete ONU, l'associazione che rappresenta gli operatori del riutilizzo in Italia, propone un confronto sulle proposte e le innovazioni normative del settore in Italia ed Europa. Il riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo sono in cima alla gerarchia dei rifiuti ma, nonostante questo, nel nostro paese non hanno un quadro normativo sufficientemente definito, a fronte anche della necessità di adeguarsi alle Direttive dell'Unione Europea.
Presidenti di Sessione
Augusto Lacala e Averamo Virgili – Vicepresidenti di Rete ONU
Programma
14.00 Introduzione e benvenuto
Alessandro Stillo – Presidente di Rete ONU
14:10 Normativa ambientale: il punto di vista degli operatori del riutilizzo e della preparazione per il riutilizzo
Pietro Luppi – Portavoce di Rete ONU
14:30 Lavorare per sé, per la comunità, per la Terra
Guido Viale
14:50 Legge di riordino del settore dell’usato: contenuti e stato dell’arte
In attesa di conferma: On. Alberto Manca, On. Chiara Braga, On. Rossella Muroni
15:20 Tariffe rifiuti dei negozi dell'usato: paradossi e opportunità
Alessandro Giuliani – Vicepresidente di Rete ONU e Sebastiano Marinaccio – Consigliere istituzionale Rete ONU
15:30 I vantaggi ambientali di riutilizzo e preparazione per il riutilizzo nei nuovi scenari di tariffazione puntuale
Andrea Valentini – Direttore Comitato Scientifico Rete ONU
15:45 L’EOW e la preparazione per il riutilizzo
Giorgio Bertolino – Vicepresidente di Rete ONU
16:00 Filiere del riutilizzo: espellere i criminali e sostenere gli onesti
On. Stefano Vignaroli – Presidente Commissione Bicamerale Ecomafie
16: 20 La grande sfida dell’EPR per i beni durevoli, rischi ed opportunità
Ilde Gaudiello – Dirigente MATTM; Alessandro Stillo – Presidente di Rete ONU;
16:40 Filiere del riuso internazionali e politica europea
In attesa di conferma: Sevdalin Spasov – Association of Recyclers and Traders of Second Hand Clothes, Bulgaria
17:00 I Biffins parigini e la raccolta differenziata
Samuel Lecoeur – Presidente Amelior, Francia
17:20 Processi organizzativi del settore del riuso informale, il caso di Skopje
Arijan Toska – MTDCI.net, Macedonia
17:40 Discussione e chiusura Alessandro Stillo – Rete ONU.
fonte: www.ecodallecitta.it