Panini avvolti nell’alluminio, e sicurezza alimentare. Ecco i risultati ottenuti in laboratorio da Assomet



















Qualche tempo fa alcune affermazioni del viceministro Pierpaolo Sileri secondo cui l’alluminio usato per avvolgere panini potesse nascondere insidie (successivamente meglio precisate e contestualizzate) avevano preoccupato un po’ tutti i consumatori. È infatti difficile trovare qualcuno che, almeno una volta nella vita, non abbia preparato un pranzo al sacco prima di un pic-nic, di una gita fuori porta, di una passeggiata in montagna utilizzando proprio questo metodo di protezione.
Le parole di Sileri  furono anche riprese dalla trasmissione “Striscia la notizia”  che le utilizzò per condire un servizio già di per sé poco chiaro, instillando dubbi ancora sulla reale sicurezza nell’utilizzare il materiale in cucina.
Ma quanto metallo migra veramente in un panino avvolto nella pellicola di alluminio per alcune ore?  Si tratta di una domanda a cui finora nessuno era stato in grado di dare risposta, a causa della mancanza di dati sperimentali (pubblici) a disposizione.
In un’ottica di trasparenza verso il consumatore, un gruppo di aziende specializzato nella trasformazione dell’alluminio, ha deciso di avviare una simulazione in laboratorio e di pubblicare i dati in un comunicato rilasciato da Assomet  (Associazione nazionale industrie metalli non ferrosi).


Il comunicato rilasciato da Assomet  (Associazione nazionale industrie metalli non ferrosi).

La prova ha riguardato panini imbottiti con 4 tipologie di salumi (prosciutto crudo, mortadella, salame e pancetta) che sono stati avvolti in una pellicola di alluminio per otto ore a temperatura ambiente. Successivamente è stata valutata la quantità di alluminio migrata nei panini in questo lasso di tempo, che rappresenta una normale circostanza in cui si imbatte il consumatore.
Per porsi nelle peggiori condizioni prevedibili, mantenendo allo stesso tempo un approccio scientifico e, per quanto possibile, riproducibile, le prove sono state condotte accentuando la zona di contatto tra salume ed alluminio (ovvero quella potenzialmente più critica nei confronti del metallo). A tal proposito i panini (comuni rosette che troviamo nei panifici) sono stati preparati facendo debordare i salumi di circa 2 centimetri dal  contorno del panino.
Il confronto è avvenuto misurando  la quantità di alluminio già presente nell’alimento prima del contatto con la pellicola. I risultati hanno mostrato una migrazione molto limitata. Parliamo di valori inferiori a 0,005 milligrammi di alluminio per chilogrammo di alimento (5 microgrammi per chilogrammo) per  la pancetta (che ha ottenuto il risultato migliore). Per la mortadella si è arrivati a e pari a 0,039 mg/kg , ed è il salume con il risultato peggiore). Nei panini imbottiti con salame e prosciutto crudo, la migrazione di alluminio è stata rispettivamente di 0,013 e 0,011 mg/kg.


Mai usare l’alluminio a contatto con alimenti fortemente acidi o salati

Considerando la dose tollerabile settimanale (Twi) stabilita dall’Efsa (pari a 1 mg/kg), il valore più alto ottenuto dal panino alla mortadella, dimostra che per raggiungere la metà di questo limite, un adulto  di circa 60 kg dovrebbe mangiare in una settimana oltre 7.600 panini avvolti nell’alluminio mentre un bambino di 20 kg circa 2500.
Ma i numeri si fanno ancora più importanti  considerando gli altri salumi coinvolti. Si va dai 23 mila panini al salame, agli oltre 27 mila farciti con prosciutto crudo fino ai 60 mila imbottiti con pancetta.
Si tratta di numeri che non si raggiungono mai e che dimostrano come le quantità di alluminio migrate siano infinitesimali. Se l’utilità di questo studio sperimentale è importante, non vanno tuttavia perse di vista le raccomandazioni che la legge stabilisce per tutelare il consumatore. Non bisogna mai usare l’alluminio a contatto con alimenti fortemente acidi o salati e per conservare cibo a temperatura ambiente per tempi superiori alle 24 ore (tranne in alcuni casi specifici).
fonte: www.ilfattoalimentare.it

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