Fonti rinnovabili: il momento d'oro dell'idrogeno verde

 

L'idrogeno ricavato con fonti rinnovabili ricopre un ruolo chiave nella transizione energetica e la sua produzione è già stata integrata nei piani di ripresa economica di numerosi Paesi europei.

Germania, Francia, Paesi Bassi, Portogallo e altri puntano sull'idrogeno verde come strategia per centrare l'obiettivo zero di emissioni nette di CUZ entro il 2050.

Idrogeno grigio, idrogeno blu, idrogeno verde. Lo stesso elemento chimico, ottenuto con tre procedimenti diversi, come diversi possono essere i suoi utilizzi. La Commissione europea identifica l'idrogeno come uno dei settori chiave per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, come indicato nella Strategia europea sull'idrogeno pubblicata luglio 2020. Nella logica della mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, si prende quindi dell'acqua, si separa l'idrogeno dall'ossigeno per mezzo di un processo conosciuto come elettrolisi, e si immagazzina l'idrogeno, che poi potrà essere convertito in energia elettrica. Sembra un processo semplice e lineare, ma dietro questi passaggi - produzione, stoccaggio e conversione -c'è un mondo sul quale stanno operando diverse realtà aziendali.

La produzione di idrogeno

Partiamo dalla produzione. Come sappiamo, l'idrogeno non è presente in natura come l'ossigeno o l'azoto, ma deve essere prodotto scomponendo altre molecole. Oggi il 90% dell'idrogeno è ottenuto tramite un processo chiamato steam reforming del metano: si scalda il metano con vapore acqueo e questi, combinandosi fra toro, producono idrogeno. Questo è il cosiddetto "idrogeno grigio", grigio perché produce anche CO2. Si possono ridurre gli impatti ambientali di questo processo mediante la cattura della CO2. e il metodo questo sul quale sta puntando molto l'italiana Eni: combinando le due tecnologie, ottiene l'idrogeno scaldando il metano e cattura le emissioni di CO2 evitando che vadano in atmosfera, e ciò che si ottiene è l'idrogeno blu".


Poi c'è l'elettrolisi dell'acqua, che è invece il modo più diretto per ottenere idrogeno. Questo processo necessita di energia elettrica per alimentare l'elettrolizzatore. Se questa corrente è prodotta sfruttando le fonti rinnovabili, ecco che dalla scissione di acqua e ossigeno si ottiene l'idrogeno verde", perché nel processo non si hanno emissioni dannose per l'ambiente. Questa è sicuramente la scelta più interessante e pulita, ma al momento la maggior parte dell'idrogeno in circolazione è grigio ed è ampiamente utilizzato nel settore chimico: per esempio per produrre l'ammoniaca, che è uno dei prodotti industriali alla base dei fertilizzanti chimici. La scommessa dell'Europa per la produzione del cleon hydrogen va proprio in questa direzione: sostituire l'idrogeno grigio con quello blu o, meglio ancora, con quello verde.

La corsa all'idrogeno verde è già realtà: nella visione strategica della Commissione europea si prevede che entro il 2050 la percentuale di idrogeno nel rnix energetico europeo aumenterà dall'attuale 2% al 13-14%, con L'installazione di 6 GW di elettrolizzatori nell'Unione europea entro il 2024 e 40 GW entro il 2030. Nel mondo ci sono già esempi di impianti attivi, o prossimi a esserlo, di medie dimensioni: il primo è quello di prossima realizzazione da parte della multinazionale Hydrogenics, che dichiara che entro il 2020 avrà 20 MW di potenza istallata da idrogeno pulito; mentre la ThyssenKrupp dichiara di essere già sul mercato con 20 MW.

In base ai dati, più cauti, dell'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena), si prevede che, entro il 2050, il 6% dei consumi energetici finali nel mondo possano essere legati all'idrogeno pulito. Ma perché ciò avvenga "serve un costo delle rinnovabili a 40-50 dollari a megawatt, e ci siamo, e ora deve scendere il costo degli elettrolizzatori", ha spiegato l'amministratore delegato di Enel, Francesco Starace. Secondo l'Ad, che sta indirizzando Enel proprio sulla produzione di idrogeno verde, la domanda crescente a livello globale "permetterà dei costi competitivi entro 5 anni". É per questo che la Commissione europea ha appena lanciato, con il Green Deal, un bando la costruzione di un elettrolizzatore da 100 MW: una potenza ben superiore a quanto disponibile oggi in commercio.

Logistica e conversione

Una volta prodotto l'idrogeno, è necessario gestirne la logistica, ovvero l'immagazzinamento e poi il trasporto. Esiste una rete di tubazioni dedicate: tra Stati Uniti e Canada si contano circa 2.600 chilometri di rete. In Europa sono 1.600 chilometri, con il Belgio al primo posto, seguito da Germania, Francia e Paesi Bassi. In generale però questo tipo di trasporto è ancora limitato: in Italia, Snam - la principale società di infrastrutture energetiche - ha già sperimentato il trasporto di idrogeno, immettendolo al 5% in forma gassosa nella rete del gas metano esistente. Come ha spiegato l'amministratore delegato Marco Alverà, che ha dedicato un libro all'argomento (Rivoluzione idrogeno, Mondadori, Milano 2020), "stiamo rafforzando il nostro impegno e la rete di partnership nelle nuove tecnologie, in particolare per l'idrogeno verde e il suo utilizzo nelle infrastrutture esistenti. L'Italia può diventare un hub europeo e mediterraneo dell'idrogeno". Il mix di idrogeno e gas trasportato dalla rete ha però un problema di natura tecnica, come spiega Marcello Baricco, chimico e docente del Dipartimento di Chimica dell'Università di Torino. "L'acciaio di cui sono fatte le tubature dei metanodotti, a contatto con l'idrogeno, si infragilisce, rischiando di spezzarsi. Per questo, si può miscelare fino a un massimo del 15-20% di idrogeno con il metano nei condotti attualmente disponibili."

Snam dichiara che sta lavorando per rendere le proprie infrastrutture hydrogen friendly. Intanto, un'alternativa è quella di spostare il gas idrogeno con il trasporto su gomma. E qui si entra nel tema della logistica, perché il trasporto dell'idrogeno è legato al suo utilizzo come vettore energetico, e uno dei problemi ancora da risolvere in questo momento è quello del suo immagazzinamento. Per definizione, l'energia rinnovabile è intermittente: il pannello fotovoltaico funziona quando c'è il sole e La pala eolica quando soffia il vento. Ma la richiesta di energia elettrica si concentra in alcune ore del giorno, che non sempre corrispondono ai momenti in cui questa viene prodotta. L'immagazzinamento dell'idrogeno, soprattutto di quello verde, rimane pertanto un problema aperto. Il modo più semplice ed economico per accumulare idrogeno è di utilizzarlo sotto forma di gas compresso. I carri bombolai e le cisterne con gas compresso rappresentano il sistema di trasporto più semplice, limitato però dal fatto che l'idrogeno necessita di contenitori molto voluminosi, fino a tre volte più grandi rispetto a quelli utilizzati per il metano e dieci volte rispetto a quelli per la benzina. Inoltre, occorre una pressione elevata (200-250 bar), con alti costi di compressione e l'utilizzo di grandi spazi. Una delle soluzioni oggi proposte, infatti, è quella di riempire grotte naturali o vecchie miniere in disuso con idrogeno, che permetterebbero di immagazzinarne diverse tonnellate.

Se la riconversione non fosse necessaria, ovvero se volessimo usare l'idrogeno cosi come esce da un elettrolizzatore, potremmo trovare altri impieghi: un'idea che si sta sperimentando è quella di impiegare l'idrogeno direttamente nelle acciaierie. L'acciaio, per essere prodotto, richiede infatti la riduzione degli ossidi di ferro. Uno dei processi puliti per ottenere l'acciaio si chiama "riduzione diretta" e può essere realizzata appunto con l'idrogeno invece che, come avviene fin dai tempi degli antichi romani, con il carbone, con conseguenti emissioni di CO2 in atmosfera. Se da una parte, quindi, stanno nascendo progetti pilota di acciaierie a idrogeno, come a Linz, in Austria (qui sono coinvolti diversi partner tra cui Verbund, il maggiore fornitore austriaco di energia elettrica da fonti rinnovabili e Siemens) o la Hybrit in Svezia, dall'altra l'idrogeno verde potrebbe ripulire l'industria pesante già esistente (si pensi a un'applicazione del genere sull'acciaieria ex-Ilva di Taranto, in Italia).

Mobilità e carriers

La mobilità è un altro grande tema quando si parla di idrogeno, quello che sicuramente ha l'impatto comunicativo maggiore. Automobili a celle combustibile, treni, navi (Fincantieri sta costruendo la nave Zeus — Zero Emission Ultimate Ship), ora si comincia a parlare di aerei (Airbus ha annunciato di voler realizzare il primo volo commerciale entro il 2035) e poi bici, moto, droni e via via, entrando nei mercati di nicchia. Oggi la tecnologia in campo automotive è in mano principalmente a tre case automobilistiche, tutte e tre giapponesi, Hyundai, Toyota e Honda: una Hyundai ix35 Fuel Cell può costare tra 60 e i 70.000 euro, per esempio. Ma progetti di macchine a idrogeno riempiono i cassetti di un po' tutte le case automobilistiche e marchi. L'italo-americana CNHi ha siglato un accordo con la Nikola, startup con sede in Arizona che punta sui motori a idrogeno, e anche Daimler e Volvo stanno sviluppando veicoli commerciali e pesanti di questo tipo. Lo studio Gas for Climate del marzo 2019 indica che lo sviluppo adeguato dei gas verdi (includendo non solo l'idrogeno ma anche il biometano) potrebbe far risparmiare fino al 217 miliardi di euro all'anno a livello europeo rispetto a una strategia senza uso di gas verdi.

fonte: www.nextville.it


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