Plastica, flacone vecchio 50 anni ripescato ad Ancona

Plastica, ripescato ad Ancona un flacone di detergente risalente a 50 anni fa: il prodotto è infatti uscito dal commercio negli anni '70.








Un flacone di plastica risalente agli anni ’70 è stato ripescato nel porto di Ancona, completamente intatto. È questa l’ultima dimostrazione dei danni ambientali che può causare questo materiale, noto per la sua estrema durata. La plastica più comune può richiedere infatti anche 500 anni per potersi degradare in Natura.

L’oggetto in questione veniva utilizzato per la distribuzione di un detergente domestico, famoso dagli anni ’50 agli anni ’70, quando poi la sua produzione è stata interrotta.

Plastica eterna nei mari

Il flacone in questione è stato rinvenuto nelle acque del porto di Ancona, così come già accennato. Il contenitore è stato intercettato da Pelikan, l’imbarcazione di Garbage Group pensata per la raccolta della plastica in mare, e ha destato subito allarme e curiosità.

Si tratta infatti di una confezione del Polivetro Sidol, un detergente a uso domestico uscito dal mercato negli anni ’70. Datare il flacone non è semplice, poiché questo prodotto è rimasto in commercio più di 20 anni, di conseguenza potrebbe essere addirittura più vecchio. In ogni caso, si presume siano almeno 50 anni che questo oggetto si trova abbandonato in mare.

Paolo Baldoni, CEO di Garbage Group, ha così commentato il rinvenimento:

La plastica è anche “capsula del tempo”, probabilmente la peggiore e più pericolosa di sempre proprio a causa della sua particolarissima durabilità. Ritrovare un flacone come questo può sembrare assurdo, ma la cosa ancora più grave è che un prodotto di questo genere può resistere tra i 400 e 500 anni in mare.

Baldoni, così come riferisce l’agenzia di stampa ANSA, ha anche rimarcato come l’inquinamento da plastica sia quasi sempre dovuto al comportamento non adeguato dei cittadini. Questi materiali possono essere infatti correttamente smaltiti e riciclati, purtroppo vengono invece spesso abbandonati nell’ambiente, per poi accumularsi nei mari e negli oceani. Una volta nelle acque, questo materiale minaccia la sopravvivenza di numerose specie marine, poiché scambiato per prede e ingerito per errore. Ancora, i frammenti di plastica – le cosiddette microplastiche – sono oggi il contaminante più diffuso, tanto da aver raggiunto le vette dell’Everest e le profondità della Fossa delle Marianne.


Fonte: ANSA

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