Nessun ulteriore chiarimento o ripensamento è arrivato infatti da parte dei due ministeri, che si sono defilati dopo essersi rimpallati la decisione se ammettere o meno i sacchetti riutilizzabili almeno nel reparto ortofrutta.
Come abbiamo raccontato in precedenti post su questa questione siamo ancora fermi ad una circolare del 2018 del Ministero alla Salute, chiamato ad esprimersi dal Ministero all’Ambiente allora presieduto da Galletti, che ha escluso di fatto la possibilità di utilizzare sacchetti che non fossero monouso, onde prevenire gravi rischi sanitari.
Neanche l’ex ministro all’Ambiente Sergio Costa, che è stato il primo ad entrare nel dettaglio di possibili azioni che i singoli possono compiere nel quotidiano per ridurre l’impatto ambientale della plastica con le iniziative Plastic-free, non ha voluto o potuto prendersi a cuore la questione.
L’Italia rimane così l’unico paese al mondo dove è obbligatorio usare esclusivamente sacchetti monouso (e guanti) nel settore ortofrutta dei supermercati. Nonostante non sia mai stata presentata alcuna evidenza scientifica che dimostri che queste misure abbiano prodotto benefici in termini di minori tossinfezioni nella commercializzazione dell’ortofrutta. Quello che è certo è che le fonti di tossinfezioni documentate derivano invece dai prodotti, più che dal contenitore. Anche quando confezionati.
Neanche la “sfida” di buon senso lanciata da NaturaSì che ha adottato sacchetti riutilizzabili per ortofrutta e per il pane nei suoi punti vendita è servita per provocare qualche reazione. Si rimane pertanto appesi in una tipica situazione pilatesca all’italiana dove si lasciano gli operatori commerciali nel limbo delle possibili interpretazioni. Con il risultato che non si procede ad alcun controllo (ad esempio sulla battitura a scontrino del costo del sacchetto) e i provvedimenti legislativi possono essere disattesi senza conseguenze.
Assodato che prevenzione e riuso sono strategie portanti dei modelli di business circolari non sarebbe questa un’occasione di intervento facile facile per le Direzioni per l’Economia Circolare, istituite nei Ministeri proprio per creare una task force interdisciplinare che promuova una exit strategy dai vecchi modelli di business lineari?
Il consumo di imballaggi non è diminuito
Considerando che i sacchetti leggeri e ultraleggeri in plastica usati all’interno dei reparti dei supermercati e nei negozi di alimentari sono stati sostituiti con opzioni in carta e bioplastica compostabile non può essersi verificata una riduzione del consumo. Non è pertanto possibile affermare con rigore scientifico che dal 2018 ad oggi questa sostituzione di materiale abbia comportato dei benefici per l’ambiente in termini di riduzione di rifiuti evitabili ed emissioni di CO2. In compenso quello che studi di settore hanno rilevato è stato un aumento del consumo complessivo di packaging nel settore alimentare dovuto ad un maggiore consumo di cibi freschi pronti al consumo spesso in monoporzione. Nel settore ortofrutta è aumentata sia la quota di ortofrutta comprata confezionata che il consumo di ortofrutta di IV gamma come ad esempio le buste di insalata e spinaci già lavate o le vaschette di frutta a cubetti pronta al consumo.
Cessione onerosa obbligatoria dei sacchettini non sempre avviene
Se la maggior parte dei punti vendita della GDO addebita ormai per i sacchetti compostabili un importo inferiore al prezzo di acquisto che va da 0,01 a 0,02 € , altri rivenditori fuori dal circuito della distribuzione organizzata cedono ormai questi sacchetti ultraleggeri “gratuitamente”.
Non addebitare il costo dei sacchetti ai clienti, come avviene nella quasi totalità delle farmacie, del commercio ambulante, e in misura minore nei negozi di prossimità, significa non disincentivare il consumo usa e getta. Significa soprattutto non avere chiaro che dobbiamo decarbonizzare gli stili di vita e i modelli di consumo attuali perché non sono compatibili con l’obiettivo della neutralità climatica al 2050. Per non parlare dell’impegno sul fronte del perseguimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese) entro il 2030 e in particolare per gli obiettivi nr. 12 (Consumo e sviluppo responsabili) e 13 (Lotta al cambiamento climatico).
FRANCIA AVANGUARDIA DEL RIUSO
Decisamente un’altra attenzione stanno guadagnando i modelli di riuso nella vicina Francia dove la quota di mercato riferita alle vendite di prodotti sfusi è aumentata del 40% tra il 2018 e il 2019.
Nel 2020 la Francia contava già oltre 560 negozi specializzati nella vendita di prodotti sfusi, ma se il disegno di legge sul clima e la resilienza che ha ottenuto il via libera dall’assemblea nazionale il 29 marzo verrà approvato anche al senato, questa modalità di acquisto potrebbe conoscere un vero boom negli anni a seguire. La Francia diventerà il primo paese a rendere la vendita sfusa materia di legge, anche se gli operatori commerciali e i grandi marchi non ne sono entusiasti per paura di perdere gli spazi conquistati a scaffale e le vendite correlate.
L’articolo 11 al Titolo 1 del DDL intitolato “Consumare” impone infatti ai negozi di oltre 400 mq di dedicare alla vendita di prodotti sfusi il 20% della superficie di vendita entro il 2030. Il testo prevede inoltre che gli imballaggi riutilizzabili possano essere forniti dal cliente che diventa il soggetto responsabile dell’igiene e dell’idoneità degli stessi. Dal canto suo il rivenditore può rifiutarli qualora non conformi.
Obiettivo del DDL è quello di supportare i cittadini nelle loro scelte di consumo sostenibile quotidiane attraverso misure che riguardano l’educazione ambientale, la pubblicità (come riduzione e regolamentazione del greenwashing), l’etichettatura ambientale obbligatoria e l’economia circolare.
Presentato da Barbara Pompili, Ministro della Transizione Ecologica, il testo del DDL prevede che i punti vendita coinvolti debbano dedicare almeno il 20% della loro superficie di vendita a prodotti venduti senza imballaggio oppure utilizzare altre metriche di rendicontazione come il numero di referenze di prodotti venduti sfusi versus confezionati, oppure in termini di percentuali di fatturato di prodotti venduti sfusi e non, che possano dimostrare il rispetto della legge. L’obbligo riguarda sia i punti vendita con servizio assistito che self service, e anche il settore del commercio online. Questo obbligo coprirebbe inoltre tutti i prodotti di consumo per l’uso quotidiano, ad eccezione dei medicinali e prodotti che non possono essere venduti sfusi per motivi di salute e sicurezza. Inoltre, per scoraggiare l’uso di bicchieri usa e getta, il disegno di legge prevede che i venditori di bevande da asporto debbano praticare prezzi più bassi sulle bevanda vendute in contenitori riutilizzabili quando forniti dai consumatori.
Albert Heijn verso l’azzeramento dei sacchetti ortofrutta monouso
L’insegna leader della GDO olandese Albert Heijn (AH) ha deciso di sospendere la distribuzione dei sacchettini di plastica nei reparti ortofrutta dei suoi punti vendita in Olanda che verranno sostituiti da sacchetti in poliestere riutilizzabili e lavabili.
Una volta a regime la decisione porterà ad un risparmio annuo di 130 milioni di sacchetti monouso che corrisponde a 243.000 chili di plastica evitati che non verranno sostituiti – come è prassi in Italia – con altre opzioni in carta o bioplastica compostabile.
Da metà aprile i clienti dei reparti ortofrutta della catena verranno informati che i sacchetti ortofrutta vanno “in pensione” e potranno ricevere per due settimane con i loro acquisti di ortofrutta
dei sacchetti ortofrutta riutilizzabili in omaggio . Entro la fine di quest’anno i sacchetti in plastica saranno scomparsi da tutti i negozi.
In Olanda gli shopper in plastica alle casse non sono stati vietati e sostituiti con opzioni compostabili ma è stato introdotto dal 2016 l’obbligo di farli pagare ai clienti un minimo di 25 centesimi, sia quando in plastica che in bioplastica. Il consumo si è notevolmente ridotto ma AH prevede di intercettare ancora 645.000 chili di plastica che corrispondono a 31 milioni di shopper attraverso le consegne a domicilio introducendo nel corso dell’anno la possibilità di restituire gli shopper per la spesa in plastica al momento della consegna della spesa. Dal riciclo di questi shopper AH ne ricaverà delle borse riutilizzabili disponibili in una nuova linea di 10 modelli in plastica riciclata, facilmente ripiegabili e igienizzabili che verranno lanciate con una campagna ad hoc.
Albert Heijn è stata riconfermata con il voto dei consumatori come la catena di supermercati più sostenibile dei Paesi Bassi. E’ il risultato dell’indagine Sustainable Brand Index ™ 2021 , un’indagine annuale su oltre 58.000 consumatori in Europa sui marchi di consumo e sulla sostenibilità.
Ci sono altre insegne di supermercati olandesi che che hanno introdotti i sacchetti ortofrutta come Lidl , Aldi che carica 1 centesimo di euro sui sacchetti monouso per incentivare il passaggio alla versione riutilizzabile e Carrefour. In netto contrasto con il divieto esistente nel nostro paese che non ha pari negli altri paesi europei, in qualsiasi supermercato olandese è possibile usare sacchetti ortofrutta riutilizzabili.
La bilancia permette al cliente di selezionare 3 opzioni di acquisto: sacchetto monouso, riutilizzabile, senza sacchetto.
In genere i prezzi dei sacchetti ortofrutta sono molto abbordabili come si può vedere dalla comunicazione presente presso l’angolo bilancia di Carrefour dove si può acquistare un set di sacchetti a oppure uno singolo a 0,60 centesimi. La bilancia e cartellonistica che appare nella foto riproduce la soluzione al problema del settaggio della tara – qualora i sacchetti utilizzati abbiano pesi differenti– proposta oltre 10 anni fa alla GDO all’interno di una campagna specifica denominata Mettila in rete. Il cliente che mette il prodotto sulla bilancia trova a video tre opzioni da selezionare che regolano la tara : a) acquisto con sacchetto riutilizzabile, b) con sacchetto monouso, c) senza alcun sacchetto. Va detto che i sacchetti che vengono utilizzati in Italia da NaturaSì e nella maggior parte delle esperienze che abbiamo raccontato utilizzano un sacchetto in poliestere che ha un peso corrispondente o molto vicino a quello delle opzioni in bioplastica e carta più usate.
In genere i prezzi dei sacchetti ortofrutta sono molto abbordabili come si può vedere dalla comunicazione presente presso l’angolo bilancia di Carrefour dove si può acquistare un set di sacchetti a oppure uno singolo a 0,60 centesimi. La bilancia e cartellonistica che appare nella foto riproduce la soluzione al problema del settaggio della tara – qualora i sacchetti utilizzati abbiano pesi differenti– proposta oltre 10 anni fa alla GDO all’interno di una campagna specifica denominata Mettila in rete. Il cliente che mette il prodotto sulla bilancia trova a video tre opzioni da selezionare che regolano la tara : a) acquisto con sacchetto riutilizzabile, b) con sacchetto monouso, c) senza alcun sacchetto. Va detto che i sacchetti che vengono utilizzati in Italia da NaturaSì e nella maggior parte delle esperienze che abbiamo raccontato utilizzano un sacchetto in poliestere che ha un peso corrispondente o molto vicino a quello delle opzioni in bioplastica e carta più usate.
Belgio
L’ultimo post su queste pagine del 2019 aggiornava sulla situazione in Belgio in cui la riduzione della plastica monouso secondo la direttiva è di competenza regionale, con il risultato che Fiandre, Bruxelles e Vallonia hanno ciascuna il proprio approccio.
Nelle Fiandre OVAM, l’Agenzia pubblica per i rifiuti incaricata a di sviluppare le misure politiche in merito ha deciso di non vietare i sacchetti in plastica leggeri inferiori ai 15 micron e a spingere sui sacchetti riutilizzabili mentre la regione di Bruxelles e la Vallonia li hanno vietati a favore di alternative biodegradabili. Secondo il portavoce di OVAM non è un atto di debolezza. “Non vogliamo vietare quei sacchetti perché temiamo che le alternative – anche la carta – danneggino ancora di più l’ambiente. OVAM vuole concentrarsi principalmente sul riutilizzo degli imballaggi“, afferma Verheyen.
Regno Unito
L’insegna Asda dopo avere testato con successo i sacchetti ortofrutta riutilizzabili in 9 punti vendita ha annunciato l’eliminazione dei sacchetti ortofrutta in plastica.
La mossa che comporta un risparmio di 101 milioni di pezzi segue una sperimentazione avvenuta in nove punti vendita dove i sacchetti riutilizzabili hanno incontrato il favore dei clienti e addetti del reparto. Durante il periodo di prova, Asda ha dichiarato di aver venduto una media di 30.000 sacchetti riutilizzabili ogni settimana, prova che i clienti sono disposti a sostenere gli sforzi per contrastare l’inquinamento da plastica.
I sacchetti ortofrutta costano 30 pence al pezzo e sono realizzati con poliestere ottenuto dal riciclo delle bottiglie in PET .
Oltre ad Asda ci sono state anche altre catene inglesi tra cui Sainsbury e Waitrose ad avere introdotto sacchetti riutilizzabili per l’ortofrutta.
“Abbiamo avuto modo di rilevare con questa sperimentazione che i nostri clienti e colleghi hanno aderito con passione reputandola una scelta giusta per l’ambiente e questa iniziativa è solo un altro modo in cui aiutiamo i nostri clienti a fare scelte sostenibili, senza compromettere la qualità dei nostri prodotti. La rimozione dei sacchetti di plastica in tutti i nostri negozi è parte del nostro impegno aziendale di riduzione della plastica monouso” ha dichiarato il responsabile del settore Ortofrutta di Asda, Dominic Edwards .
Asda ha lanciato lo scorso anno una sperimentazione in un nuovo punto vendita a Leeds in collaborazione con grandi marche tra le quali Kellogg’s, Unilever, Quaker Oats, Lavazza, Radox e Persil. Alcuni dei prodotti di queste marche possono essere acquistati con contenitori riutilizzabili attraverso 15 stazioni self service di rifornimento in una zona dedicata del negozio.
Dal 2018, il gruppo dei Big 4 a cui appartiene Asda insieme a Tesco, Sainsbury’s e Morrisons ha eliminato 9000 tonnellate di plastica e si è impegnato ad eliminare almeno 3 miliardi di pezzi di plastica dai prodotti a marca propria entro il 2025. Nella maggioranza dei casi si tratta ancora di azioni in cui si sostituisce la plastica monouso con altri materiali monouso senza fornire dati analitici sul consumo di materia complessivo. Per escludere qualsiasi tentativo di greenwashing sarebbe auspicabile nei casi in cui si comunicano le tonnellate di plastica risparmiata all’ambiente specificare se si tratta di eliminazione totale dell’imballaggio o meno. Nella seconda ipotesi sarebbe più corretto precisare la natura e le quantità in peso delle opzioni alternative introdotte.
fonte: comunivirtuosi.org
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