La COP26 sul clima “può fallire”, adesso se ne accorge anche l’ONU

 

Guterres: “C’è ancora un livello di sfiducia, tra nord e sud, paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, che deve essere superato”. E ribadisce l’importanza di 

un accordo sulla finanza climatica

La COP26 sul clima può fallire. Manca il giusto livello di ambizione da parte delle economie più avanzate, che sono anche quei paesi dove l’industrializzazione è di vecchia data e quindi responsabili delle emissioni storiche. E c’è un altro punto molto critico: nazioni sviluppate e paesi in via di sviluppo non si fidano gli uni degli altri. Tutti ingredienti che rendono rovente il clima dell’appuntamento di Glasgow.

La sferzata pessimista arriva direttamente dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Dopo mesi di appelli più che accorati, ma inascoltati, il diplomatico portoghese che guida la diplomazia internazionale vuole blindare l’ultimo miglio che ci separa dalla COP26 sul clima. “C’è ancora un livello di sfiducia, tra nord e sud, paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, che deve essere superato. Siamo sull’orlo dell’abisso e quando sei sull’orlo dell’abisso, devi stare molto attento a quale sarà il prossimo passo. E il prossimo passo è la COP26 a Glasgow”, rimarca in un’intervista con l’agenzia di stampa Reuters.

Lo sforzo (e l’iniziativa) devono essere corali. “Abbiamo bisogno che i paesi sviluppati facciano di più, in particolare in relazione al sostegno ai paesi in via di sviluppo. E abbiamo bisogno che alcune economie emergenti facciano uno sforzo in più e siano più ambiziose nella riduzione delle emissioni atmosferiche”, ha puntualizzato Guterres.

Finora sia il G7 che il G20 non sono ancora riusciti a trovare una formula che sodisfi tutti per dire addio per sempre al carbone, uno degli obiettivi minimi della COP26 sul clima. In realtà servirebbe molto di più, ma il presidente del vertice, il britannico Alok Sharma, sta mettendo l’asticella dell’aspettativa molto in basso per poter comunque dichiarare vittoria al termine dei negoziati di novembre. Dall’altro lato, alcuni dei maggiori inquinatori tra i paesi in via di sviluppo hanno presentato programmi tutt’altro che ambiziosi sul clima, in alcuni casi addirittura in linea con il business as usual.

Per Guterres, uno dei nodi che potrebbero sbloccare i negoziati sul clima è la finanza climatica, il flusso di investimenti che i paesi più ricchi dovrebbero mettere a disposizione di quelli più svantaggiati per rafforzare le misure di adattamento al cambiamento climatico, necessarie per evitare tracolli socio-economici in situazioni già fragili o compromesse.

“Finora, non ho visto un impegno sufficiente dei paesi sviluppati per sostenere i paesi in via di sviluppo… e per dare una quota significativa di tale sostegno alle esigenze di adattamento”, ha affermato Guterres. In ballo c’è un aumento della quota-obiettivo annuale per la finanza climatica: dal 2009 è a 100 mld di dollari (puntualmente disattesa), il tentativo è almeno di raddoppiarla.

fonte: www.rinnovabili.it
 


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