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Comunita’ Energetiche, Al Via: Scambiarsi Energia Autoprodotta Da Fonti Rinnovabili. Il Primo Progetto Nel Pinerolese

A fine luglio la Regione Piemonte ha approvato la prima Legge Regionale sulle Comunità Energetiche. Si tratta della prima norma che definisce nel dettaglio modalità di implementazione di quello che è uno scambio di energia autoprodotta da fonti rinnovabili in un contesto di comunità locale.




Mancano ancora alcune definizioni attuative, ma intanto il Pinerolese si sta muovendo per porne le basi da un punto di vista tecnico, attraverso il ruolo di aggregatore del Consorzio CPE, il braccio operativo del progetto di rilancio del territorio voluto da Acea Centro Sviluppo Innovazione.
Un progetto di crescita del territorio all’insegna delle energie rinnovabili, quello presentato oggi a Palazzo Ceriana Mayneri, dove l’energia autoprodotta da fonti rinnovabili da Aziende, Comuni aderenti al CPE e da privati cittadini possono contribuire a rilanciare economicamente un territorio all’insegna della sostenibilità ambientale grazie all’autoscambio.
Si tratta di una evoluzione su larga scala di quanto già avveniva a inizio Novecento con i primi esempi di comunità energetica che sono ad oggi sopravvissuti seppur su piccole dimensioni: Prato allo Stelvio, E-WERK (Bolzano), Comuni della Carnia, Secab (Udine), Comuni del Primero e Vanoi (Trento), società municipalizzata ACSM, Gignod in Val d’Aosta. All’estero esistono invece già alcuni esempi di comunità energetiche in Danimarca e Germania che dimostrano il concreto vantaggio economico di consumare energia autoprodotta da una comunità energetica da fonti rinnovabili. All’indubbio vantaggio economico si affianca quello ambientale: la costituzione di queste realtà si traduce nella creazione di cosiddette Oil Free Zones ovvero aree, in prospettiva, indipendenti totalmente per il loro fabbisogno energetico dalle fonti fossili cioè provenienti dal petrolio e dai suoi derivati, riducendo così al minimo possibile l’impronta di carbonio della nostra presenza.
In concreto le comunità energetiche sono associazioni tra produttori e consumatori di energia (funzioni che possono anche coesistere in capo ad uno stesso soggetto) finalizzate a soddisfare il proprio fabbisogno di energia mediante la propria stessa produzione, realizzata attraverso l’uso di fonti rinnovabili.
“La chiave di un simile ente associativo è la possibilità di scambiare energia tra soggetti diversi, – afferma Angelo Tartaglia Senior Professor del Politecnico di Torino –  cosa fino a qualche mese fa non prevista dal nostro ordinamento, salvo che in un numero ben definito e limitato di casi. Oggi però si è aperto uno spiraglio normativo che, partendo dalle Oil Free Zones, ha portato la Regione Piemonte a varare una legge la quale consente esplicitamente la costituzione di comunità energetiche senza fini di lucro. Una simile scelta è peraltro in linea con la nuova direttiva europea sulle rinnovabili, che entrerà in vigore l’anno venturo e prevede esplicitamente la figura del “Prosumer” (produttore/consumatore), invitando gli stati membri ad agevolarne le associazioni al fine di consentire lo scambio tra i soci finalizzato a ridurre la dipendenza da fonti esterne e non rinnovabili. Nel Pinerolese il Consorzio CPE e le aziende socie sono pronti a dar vita ad un primo esempio di comunità energetica di scala vasta”.
Che quella delle comunità energetiche sia la direzione verso cui il mercato dell’energia è destinato ad evolvere è mostrato anche dall’esistenza, già consentita, di cooperative di produzione e da cooperative di approvvigionamento dell’energia costituite da una pluralità di piccoli produttori e piccoli consumatori il cui obiettivo è quello di ottimizzare il proprio approccio all’energia. Nello stesso CPE vi sono rilevanti esempi di queste associazioni. Il passo da compiere in questo caso è la fusione delle due funzioni, fin qui separate, in un unico soggetto plurale.
Attualmente è in corso di completamento lo studio condotto dal Politecnico di Torino, socio del Consorzio CPE, che coinvolge una decina di Studenti di diversi corsi di laurea che stanno completando la mappatura energetica del territorio al fine di predisporsi a concretizzare l’attivazione della Comunità Energetica. Uno studio pilota compiuto mediante una tesi di laurea che ha analizzato la situazione di cinque comuni contigui (Cantalupa, Cumiana, Frossasco, Piscina e Roletto), con circa 19.000 abitanti ha mostrato la convenienza di dar vita ad una comunità energetica e ha rilevato che pur senza avere ancora intrapreso alcuna iniziativa coordinata, la capacità di autoproduzione di energia, soprattutto fotovoltaica, corrisponde già a circa il 42% dei fabbisogni ad uso domestico di tutta l’area. Una politica congiunta di potenziamento della capacità produttiva e di efficientamento del consumo potrebbe senza troppo sforzo portare alla copertura totale del fabbisogno. Nel pinerolese le fonti energetiche rinnovabili presenti e già in vario modo utilizzate sono quella fotovoltaica, quella derivante dal trattamento dei rifiuti e dalle biomasse, e quella idroelettrica; grande è anche il potenziale per il contenimento della domanda mediante le sinergie tra operatori diversi e il miglioramento dell’efficienza non solo individuale ma anche di sistema.
All’esempio del Pinerolese si affiancano altre esperienze e progetti volti alla valorizzazione di fonti rinnovabili. Un esempio è quello del piccolo comune valdostano di Chamois in cui da tempo si sperimentano soluzioni innovative per l’abitare e per la mobilità. Più in generale l’intera Valle d’Aosta, che per inciso, ha una popolazione pressoché uguale a quella del Pinerolese, è una regione che si è dichiarata interessata a forme di sperimentazione di modi nuovi di organizzazione della produzione e del consumo di energia legati al territorio. Una sinergia tra Regione Piemonte, che ha già legiferato in materia di comunità energetiche, e Regione Valle d’Aosta rivestirebbe particolare importanza per portare il discorso alla scala nazionale.
“Come Presidente” – ha affermato l’Ing. Francesco Carcioffo Amministratore Delegato di Acea Pinerolese Industriale SpA e Presidente CPE – “sono orgoglioso che il Pinerolese stia dimostrando voglia di innovare e di crescere all’insegna dell’attenzione all’ambiente. Questo progetto valorizza una vocazione all’innovazione del Pinerolese che si sta rafforzando sempre più, grazie anche all’impulso dato da Acea Pinerolese con le sue Energie Nuove da fonti rinnovabili, quali i rifiuti organici sino a giungere all’idroelettrico e fotovoltaico.”
fonte: https://aceacentrosviluppoinnovazione.it

Rifiuti organici ed economia circolare. L’esempio di Pinerolo

Il Polo ecologico integrato di proprietà di 47 comuni dell’area del torinese tratta ogni anno 60mila tonnellate di “umido”, trasformandole in energia rinnovabile e in fertilizzante per l’agricoltura, anche biologica. E il bilancio è in utile

© Pryzmat / Dreamstime.com

Una passerella corre lungo l’impianto per il trattamento dei rifiuti organici di Pinerolo, in provincia di Torino. Nell’ultimo anno scolastico (2015/2016) l’hanno attraversata 1.246 studenti, che con le loro classi hanno visitato il “Polo ecologico integrato”. Vengono qui perché possono vedere come funziona un esempio di “economia circolare”, capace di trasformare i rifiuti in risorse. Le 60mila tonnellate di rifiuti organici trattati ogni anno dall’impianto, infatti, si trasformano in energia rinnovabile (biogas e biometano) e in un ottimo fertilizzante, compost di qualità che può essere utilizzato anche da chi pratica l’agricoltura biologica. Se ne producono 6mila tonnellate all’anno, e durante la primavera e l’autunno contadini e agricoltori della zone possono venire con i propri trattori e carrelli ed acquistarlo anche sfuso.
Il Polo ecologico è gestito da Acea Pinerolese Industriale, una società pubblica, di cui sono azionisti i 47 Comuni dell’area (che comprende la Val Pellice, la Val Chisone, la Val Noce e l’area della Pianura pinerolese): l’impianto è attivo dal 2003, e raccoglie la “frazione umida” di un milione di abitanti, meno della metà di quanti vivono nella Città metropolitana di Torino. “In provincia di Torino si differenziano ogni anno 140mila tonnellate di rifiuti organici -spiega l’ingegner Marco Avondetto, Direttore del settore rifiuti di Acea Pinerolese e direttore generale del Polo ecologico-: abbiamo già ottenuto l’autorizzazione ad ampliare la nostra capacità a 90mila, ma il nostro resta l’unico impianto di compostaggio attivo”.      
Massimo Centemero, direttore del Consorzio italiano compostatori definisce quella attuale una fase “pre-emergenziale, per quanto riguarda l’impiantistica: le potenzialità del settore, per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani, sono di una crescita del 30 per cento nei prossimi cinque anni”. Nel 2020 potrebbero essere differenziate fino a 8 milioni di tonnellate di “umido”, contro le 5,7 attuali. E conoscere il Polo ecologico integrato di Pinerolo, studiarne il progetto e replicarlo sul territorio nazionale potrebbe rappresentare una risposta, prima dell’emergenza.
94,1 chilogrammi, è la “frazione organica” sul totale di 220,5 kg di raccolta differenziata pro-capite.Gli altri rifiuti differenziati (carta, vetro, plastica, metallo, legno, RAEE, etc.) “pesano” per 126,4 kg
Due rampe di scale accompagnano il visitatore all’interno del capannone che “accoglie” i rifiuti. Dall’alto è possibile seguire uno dopo l’altro tutti i passaggi che preparano l’umido che differenziamo nelle case alla digestione anaerobica, quella che avviene cioè in assenza di ossigeno: dalla fossa, con il suo pavimento mobile (“walking floor”), i rifiuti passano in una aprisacchi (“che lacera la plastica, senza romperla”, sottolinea Avondetto), e quindi al vaglio, che separa le impurità.
Il cuore del Polo integrato è però la quarta macchina che incontriamo: si chiama Florawiva MORE, acronimo di Mixer of Organic Element, ed è un impianto sviluppato da Acea Pinerolese Industriale, e protetto da brevetto. “Consente di separare eventuali plastiche sfuggite al vaglio, i metalli non ferrosi e tutti gli inerti -spiega Avondetto, che da quasi 25 anni lavora in azienda-. Quindi, l’aggiunta di acqua calda permette la corretta diluizione”.
È questa la materia prima che viene inviata al biodigestore, un enorme silos (ce ne sono due) all’interno del quale avviene la fermentazione. Non c’è nessun cattivo odore, perché la trasformazione avviene al chiuso: il biodigestore è un serbatoio da cui dopo il trattamento escono biogas -che contiene il 60 per cento circa di metano- e “digestato”, una sorta di terriccio scuro che viene avviato all’impianto di compostaggio, in un’altra area del Polo ecologico.
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Il biogas, invece, viene depositato nel gasometro qui accanto, da 3.300 metri cubi: somiglia ad una tensostruttura come quelle che ospitano i campi da tennis; il nucleo, però, è una sorta di pallone aerostatico, pieno di gas. Che alimenta tre motori, e garantisce l’autosufficienza elettrica all’intero Polo ecologico. Anche l’energia termica viene sfruttata all’interno dell’impianto, ma c’è una eccedenza utilizzata per alimentare la rete di teleriscaldamento di Pinerolo, mentre il surplus elettrico è ceduto alla rete nazionale. Nel corso del 2015 è stata prodotta energia elettrica pari a quella necessaria a “illuminare” e far funzionare tutti gli apparati elettrici di 5.700 abitazioni per un anno ed energia termica pari a quella utilizzata da circa 2.500 abitazioni.   
Il digestato (la frazione umida dei nostri rifiuti pulita e disidratata) diventa compost dopo aver attraversato tre processi. Fondamentale è la miscelazione con i rifiuti verdi, “in particolare la frazione legnosa” sottolinea Avondetto. Per questo, il responsabile dell’area rifiuti di Acea Pinerolese ha seguito da vicino l’iter che ha portato il Parlamento a votare l’esclusione dei rifiuti vegetali di parchi e giardini dall’elenco dei rifiuti urbani (vedi box): potrebbe mancare la materia prima necessaria a produrre un compost di qualità. “Dobbiamo arrivare ad una massa sufficientemente soffice e porosa, attraverso la quale sia possibile far passare l’aria che viene soffiata dal pavimento. Questo processo è definito di maturazione ‘accelerata’, e dura circa un mese”. In termini di peso, digestato e “verde” devono essere pari nella ricetta di Florawiva, come si chiama il compost prodotto da Acea Pinerolese.
I cumuli vengono rivoltati settimanalmente. Dopo la prima fase maturazione, ce n’è una seconda, in capannoni aperti. Dura un paio di mesi. Ogni cumulo è registrato: “In questo modo possiamo controllare e certificare tutta la filiera, dal rifiuto al compost”. Che ha il marchio di qualità del Consorzio italiano compostatori. Acea Pinerolese distribuisce anche un foglietto con le istruzioni di impiego, che sono diverse per l’orticoltura, la frutticoltura o per le piante ornamentali del terrazzo di casa. “Lo vendiamo a un prezzo medio di 21 euro per tonnellata. Ciò che conta, in questo caso, non è il ricavo complessivo, che è meno di 150mila euro, su un fatturato di 6,3 milioni di euro, ma la possibilità di chiudere il ‘ciclo’ dei rifiuti” sottolinea l’ingegner Avondetto.    
Ogni anno, tutto il prodotto viene venduto: “La caratteristica principale di questo prodotto è la stabilità: le due fasi di digestione, la prima anaoerobica, la seconda aerobica, garantiscono un ammendante che una volta sparso nei campi o in un parco cittadino non torna più a fermentare, non puzza” spiega Avondetto.
Il Polo ecologico integrato è costato circa 16,6 milioni di euro. Nel 2005-2006 era stato considerato “impianto di bacino” dalla Provincia di Torino, che dopo aver avviato in modo capillare la raccolta differenziata sul territorio “aveva tanto organico ma non sapeva dove trattarlo” conclude Avondetto. L’impianto dà lavoro a 23 dipendenti. In futuro potrebbero diventare di più, se dovesse crescere anche la filiera del “biometano”: viene ricavato dal biogas, sottoposto a compressione, raffreddamento, lavaggio e filtrazione. Il risultato è un gas metano quasi puro (è al 98%), che può essere utilizzato per alimentare le auto. “Lo utilizziamo per la flotta aziendale. Mancano però i decreti attuativi, che ci permetterebbero di venderla sul mercato, ad esempio nei Comuni soci” spiega l’amministratore delegato di Acea Pinerolese, l’ingegner Francesco Carcioffo. Che, forte di un bilancio in utile per 1,3 milioni di euro continua a guardare avanti.

fonte: www.altraeconomia.it