Sconvolgente rapporto della Banca Mondiale sul global warming: 4 gradi in più quasi inevitabili

«Effetti disastrosi dell’inazione: inondazioni urbane, aumento della malnutrizione, distruzione delle barriere coralline e canicole insopportabili». Schellnhuber: «Il solo modo di evitare questa trappola è modificare i nostri modelli di consumo»
Si intitola “Turn Down the Heat  – Why a 4°C Warmer World Must be Avoided” ed è il nuovo rapporto che esamina i rischi legati ad un riscaldamento climatico di 4 gradi entro la fine del secolo, ma stavolta non sono gli scienziati dell’Ipcc o qualche associazione ambientalista a lanciare l’allarme, ma il cuore del gotha economico planetario il Gruppo della Banca Mondiale che, insieme al Potsdam Institute for climate impact research (Pik) e Climate Analytics, ha messo insieme I dati ed I rapporti dei quali ha spesso scritto greenreport.it ed ha lanciato un preoccupante e preoccupato allarme sugli «Effetti disastrosi dell’inazione: inondazioni urbane, aumento della malnutrizione, distruzione delle barriere coralline e canicole insopportabili».
Il rapporto avverte che «Senza misure concrete di lotta contro il cambiamento climatico, la comunità internazionale potrebbe subire le conseguenze catastrofiche  di un aumento di 4 gradi della temperatura media entro la fine del secolo, compreso onde di calore estremo, un calo  degli stock mondiali delle derrate alimentari ed un innalzamento del livello dei mari che potrebbe toccare centinaia di migliaia di persone». Sono minacciate tutte le regioni del pianeta, ma «I poveri sono quelli che soffriranno di più».
Turn Down the Heat,  indica che «Il global warming potrebbe raggiungere i  4 °C entro la fine del secolo», e  «Gli impegni attuali di riduzione delle emissioni di gas serra non permetteranno di attenuare che in parte questo aumento della temperatura media».
Il presidente del Gruppo della Banca Mondiale, Jim Yong Kim, è molto preoccupato ma conserva ancora un po’ di ottimismo: «Possiamo e dobbiamo evitare un aumento di 4 gradi. Bisogna limitare il riscaldamento a 2 gradi. Se non agiamo sufficientemente contro il cambiamento climatico, rischiamo di lasciare in eredità ai bambini un mondo radicalmente differente da quello che conosciamo oggi. Il cambiamento climatico è uno dei principali ostacoli con i quali si scontrano gli sforzi dello sviluppo e noi abbiamo la responsabilità morale di agire per il bene delle generazioni future ed in particolare per le più povere. Il mondo deve affrontare più energicamente il problema del cambiamento climatico. E’ essenziale accrescere gli sforzi di adattamento e di attenuazione e le soluzioni esistenti. Dobbiamo organizzare una risposta mondiale della stessa ampiezza del problema del cambiamento climatico, una risposta che ci condurrà ad uno sviluppo sostenibile sul piano climatico e ad una prosperità condivisa. Ma il tempo stringe».
Secondo il rapporto un aumento delle temperature globali di 4 gradi potrebbe avere delle conseguenze catastrofiche: «Inondazioni delle città costiere,; rischi accresciuti che pesano sulla produzione alimentare e che potrebbero condurre ad un aumento dei tassi di sotto-alimentazione e di malnutrizione; aggravamento della siccità nelle zone aride e del livello di umidità nelle zone umide; ondate di calore senza precedenti in molte regioni e particolarmente sotto i tropici; aggravamento sensibile delle penurie di acqua in molte regioni; intensificazione dei cicloni tropicali; perdita irreversibile della biodiversità, compreso nelle barriere coralline».
Il direttore del Pik, John Schellnhuber, presentando il rapporto ha sottolineato: «Sembra che le reazioni del sistema terrestre al cambiamento climatico non siano lineari. Se oltrepassiamo la soglia dei 2 gradi per avvicinarsi ai 4 gradi, il rischio di superare il punto di non ritorno si aggrava seriamente. Il solo modo di evitare questa trappola è quello di modificare i nostri attuali modelli di consumo».
Ma il rapporto della World bank dice anche che l’aumento di 4 gradi non è inevitabile: «L’adozione di politiche di sviluppo sostenibile potrebbero in effetti permetterci di limitare il riscaldamento planetario a meno di 2 gradi, cioè la soglia fissata dalla comunità internazionale, sapendo che questo limite fa esso stesso correre all’ambiente ed alle popolazioni umane dei rischi non trascurabili». Il Gruppo della Banca Mondiale aggiunge che le sue iniziative sulla crescita verde e solidale «Hanno portato a concludere che un utilizzo più efficace e più intelligente dell’energia e delle risorse naturali potrebbe permetterci di ridurre radicalmente l’impatto dello sviluppo sul clima, senza  per questo rallentare gli sforzi della lotta contro la povertà o la crescita economica».
Rachel Kyte, vice-presidente della World Bank responsabile per lo sviluppo sostenibile, spiega questa teoria planetaria della “botte piena e della moglie ubriaca” che cozza con quella della decrescita, felice o infelice che sia: «Naturalmente, ogni Paese sceglierà metodi differenti per realizzare una crescita più ecologica e trovare un compromesso tra i suoi bisogni di energia e gli imperativi della gestione sostenibile di questa energia, ma in ognuno di essi esistono delle occasioni di crescita verde da sfruttare. Questo rapporto ci fa prendere coscienza del fatto che la volatilità climatica attuale influisce su tutto quel che facciamo. Dobbiamo raddoppiare gli sforzi per rafforzare la nostra capacità di adattamento e di resilienza e per trovare delle soluzioni alle sfide climatiche odierne».
E’ indubbio che Turn Down the Heat rappresenti una specie di autocritica non detta per quanto fatto fino ad oggi dalla Banca Mondiale, infatti tra le possibili iniziative ne cita alcune che sono una vera e propria svolta rispetto ad approcci e politiche precedenti: il migliore utilizzo della somma di più di 1.000 miliardi di dollari attualmente dedicate alle sovvenzioni per lo sfruttamento dei combustibili fossili e di altre  sovvenzioni dagli effetti perversi sull’ambiente; tener conto del valore del capitale naturale nei bilanci nazionali; l’aumento delle spese pubbliche e private dedicate alla “infrastruttura verde”, in grado di resistere alle condizioni meteorologiche estreme, ed ai sistemi di trasporti pubblici urbani progettati per minimizzare le emissioni di carbonio e per massimizzare la creazione di posti di lavoro e l’accesso ai servizi; l’appoggio ai regimi internazionali e nazionali di determinazione dei prezzi del carbonio e di scambio dei diritti di emissione; l’aumento del rendimento energetico, in particolare negli edifici, ed una migliore condivisione dell’energia rinnovabile prodotta. Buone politiche che farebbe bene ad attuare anche il nostro attuale governo ed ancor più quello che verrà dopo le probabili elezioni di marzo.
Umberto Mazzantini – GreenReport