Conflitti, lobby e saper comunicare l'energia alla politica

Perché il settore delle rinnovabili e dell'efficienza energetica dovrà cambiare registro rispetto al passato e ricominciare a parlare meglio alla politica. In maniera bipartisan e con un linguaggio semplice, sapendo controbattere ai troppi falsi miti sull’energia, consapevoli che i grandi gruppi energetici tradizionali proveranno a ritardare il cambiamento.

Altri test energetici per la distratta politica nostrana. Dopo le domande ai partiti basate sul position paper del Coordinamento FREE e di Greenpeace, è la volta dell’APER, l’Associazione dei Produttori delle Energie Rinnovabili, a inviare ai principali partiti che si presenteranno alle elezioni del 24-25 febbraio, un documento (pdf) contenente 26 azioni prioritarie, elaborate su 10 schede, per lo sviluppo, in questo caso, del settore dell’energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia nei prossimi anni.
In questi anni abbiamo potuto notare che né le associazioni ambientaliste, né la frastagliata lobby delle rinnovabili e quella ancora più parcellizzata dell’efficienza energetica, ma diremmo tutto il settore della green economy nel senso più ampio del termine, sono stati capaci o forse abbastanza influenti da far mettere al centro del dibattito la necessità e l’opportunità di scelte radicali in tema di energia e ambiente. Sotto la pressione di ben più potenti poteri energetici e industriali (il caso Ilva fa scuola) che in questi due decenni hanno potuto fare e disfare la politica energetica del paese, di governi sordi e attenti solo alle logiche dei settori convenzionali, di istituzioni energetiche la cui neutralità è stata spesso messa in dubbio (non fosse altro per l’indirizzo datogli dai suddetti governi), le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica hanno camminato con molta fatica, con un orizzonte sempre troppo breve davanti a loro e con continui intralci normativi. Ma è pur vero che sono cresciute.
E’ anche vero però che la litigiosa e autoreferenziale comunità delle rinnovabili e dell’efficienza energetica ha fatto parecchi errori, trattando troppo per il breve periodo, soprattutto in tema di incentivi, e non si è presentata, se non in rari casi (forse solo dal 2011 ai tempi del ‘decreto Romani’), compatta e battagliera con una visione di ampio respiro. Certo, le tecnologie e logiche nei diversi settori della green economy sono tante, ma quella lunga processione nei ministeri di associazioni di categoria (anche dello stesso comparto) e di singole aziende, tutte rigorosamente in ordine sparso, non è stato uno spettacolo edificante. Bisogna anche dire che le grosse responsabilità non posso essere attribuite agli operatori. D’altra parte sarebbe sorprendente vedere un comparto qualsiasi rifiutare tariffe o incentivi generosi, affermando “No, meglio tenerli bassi perché i costi sono in discesa”! Sicuramente tutta la partita degli incentivi è stata giocata in modo approssimativo e mal governata, ma non è forse perché ci si aggrappava a questi stessi incentivi in un quadro di ‘sistema paese’ zoppicante, con distorsioni di vario tipo e un eccesso burocrazia non da paese industrializzato?
Su questo strumento di informazione abbiamo a volte bacchettato alcune posizioni del settore, ma al tempo stesso abbiamo dato spazio in modo ecumenico a tutte le voci del mondo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, rimarcando però sempre, ed è qui il nodo della questione, che non si possono trascurare ed evitare i conflitti connessi con la richiesta di cambiamento del sistema energetico. Ce lo ricordava spesso Hermann Scheer, quando scriveva che un tale “cambiamento colpisce gli interessi fondamentali dell’economia energetica convenzionale, che rappresenta peraltro il principale settore dell’economia mondiale e indubbiamente quello con il maggior ascendente politico”. Quindi non c’è da stupirsi se i grandi gruppi energetici tradizionali (e i governi) dichiarino impossibile un rapido passaggio alle fonti di energia pulita e decentralizzata, che molti studi ritengono invece tecnicamente fattibili, anche perché per loro questo significherebbe sopportare perdite finanziarie ingentissime. Ricorda qualcosa in casa nostra?
In questo passaggio non si può allora far finta che non ci sia conflitto, e dunque vincitori e sconfitti. E’ la storia che ce lo insegna. Quindi va tenuto sempre presente che questi poteri politico-energetici “conservatori” proveranno in tutti i modi ad impedire o a ritardare il cambiamento, e soprattutto vorranno porlo, subdolamente, sotto il proprio controllo. L’ingannevole e parziale accusa alle rinnovabili di appesantire la bolletta degli italiani è un esempio di messaggio che va in questa direzione, amplificato da media nazionali che non entrano quasi mai nel merito delle cose importanti.
Ed eccoci ritornare sa quanto si diceva all’inizio: l’azione di lobby che nuovi soggetti, come il Coordinamento FREE, o autorevoli associazioni come Aper, dovranno fare nei prossimi mesi è di parlare alla politica nazionale e locale, in maniera bipartisan e con un linguaggio semplice (pochi tecnicismi inutili se non servono), fornire pochi e chiari numeri, soluzioni normative e tecnologiche, scenari concreti e sostenibili e saper ribattere ai troppi falsi miti sull’energia. In poche parole saper essere autorevoli. Fondamentale sarà poi saper comunicare tutto questo all’opinione pubblica e alla stampa generalista per far capire loro la stretta connessione che c’è tra il nuovo modello energetico a cui si ambisce e i conseguenti e positivi mutamenti economici e sociali. Un lavoraccio, d'accordo, ma, per citare John Maynard Keynes, "chi vuole cambiare il mondo deve saper costruire una nuova realtà che renda obsoleta quella presente".

fonte: qualenergia.it